di Alfonso Nannariello
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Quella posa si perse, l’ho già scritto, dopo la fine della Grande Guerra.
Fu proprio allora che i daini scomparvero dal nostro territorio, dal bosco di Castiglione. Lo testimonia Rocco Polestra in Calitri 1897-1910.
I daini sparirono, cioè, proprio quando sembra, dalla comparazione dei ritratti degli uomini di questo periodo con quelli delle foto successive, che si sia persa quella ruvida eleganza.
Forse quegli antenati erano invasi dallo spirito di quell’animale. Il daino deve essere stato per loro una specie di totem inconsapevole. L’abito tradizionale sembra rivelarlo. Quello maschile, infatti, ha i colori del daino fulvobruno. La stoffa di cui è fatto, poi, lo ricordava al tatto.
Dentro quel vestito, gli uomini di quel tempo dovevano sentirsi addosso tutta la sua finezza e la scaltra avvedutezza, e accorgersi di essere chi forte e chi selvatico, chi fiero e chi severo.
A Castiglione baroni e signorotti facevano battute di caccia, gli altri i battitori. Lasciati tascapani e zaini da qualche parte, preceduti dalla muta dei cani, dentro la boscaglia e nei canali inseguivano, non so con quale spirito e con che coraggio, proprio i daini, oltre che volpi, oltre che cinghiali.
Nell’aria prima interdetta dai colpi, dai gridi e dai bramiti, l’odore delle carni, degli spiedi e i fumi delle braci con i grassi dovevano confondersi con quello del vino cotto e dell’alloro.
Anche questa scena mi sembra di vedere. Mi pare che quegli uomini si mostrino banchettare in una tiepida giornata d’autunno dopo arato, con gli inservienti in piedi che si davano da fare, e loro, seduti su uno scanno sotto un porticato.