Ero in biblioteca, nel pomeriggio, per un incontro istituzionale. La referente delle attività culturali ci illustrava il programma prossimo venturo e ci invitava a portare gli alunni in biblioteca per farli iscrivere in modo da incrementare utenza e interesse verso il mondo speciale delle biblioteche. Poco prima di andare via ho espresso alla collega che mi accompagnava il desiderio di iscrivermi nuovamente – la vecchia iscrizione doveva risalire ad almeno un millennio fa. Detto fatto ho ripercorso il tracciato di un anacronismo, prendendo in prestito un libro in vena di un ammaliante amarcord. Il libro si intitola Figuracce. Scrittori diversi dato il tema, si sono cimentati a raccontare la figuraccia solenne che ha allietato la vita degli altri – perché nel caso di una figuraccia, quelli che si divertono sono sempre le seconde parti, sicuramente! La collega mi ha chiesto se ci fosse nella mia vita una figuraccia da portare alla ribalta. Mi è venuto in mente che proprio in biblioteca, nella vecchia e polverosa biblioteca di piazza Longobardi, dove fui mandata da una maestra sadica che ci faceva fare le ricerche senza informarci adeguatamente sul come e dove e perché si commettesse l’atto del ricopiare a mano tre o quattro pagine fitte fitte della Treccani minore adatta ai pargoli delle elementari, avvenne il misfatto. Partimmo in due, io e la mia compagna di banco per questa nuova avventura. Nel frangente dell’andare e di chiedere e di sederci a scrivere, a Marisa, la sodale compagnuccia di copiaggio, scappò da ridere. Con la mano davanti alla bocca cominciò col ridacchiare. E il ridacchiare, come è ben noto, è virale ad effetto dirompente e invece di una iena ridens, in biblioteca si ritrovarono, nel breve volgere di un ridacchio con gomitata, due piccole cretinette. Così fu che il signor Atos – un nome che da solo era la rivoluzione copernicana del ridere – si avvicinò e con poco garbo ci minacciò di epurazione. Ritornò al suo posto e di sottecchi tenne sotto controllo le bestioline. Non mi meravigliò neanche un poco il fatto che, appena dopo, mi sentì sollevare per la collotta e in compagnia della stolta Marisa, sodale anche nella presa, fummo buttate fuori. In onore della figuraccia promisi a me stessa che mai più in biblioteca in compagnia della iena, piuttosto un brutto voto per il compito non svolto. All’ingenua figuraccia di allora seguirono altre di ben altro peso, sicuramente. Al momento faccio finta di non ricordarmene.
Magazine Diario personale
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