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-Aereo turco “abbattuto” il 22 giugno dai siriani
-Coinvolgimento Nato, condanna della Siria
-La Turchia ritratta: il test non conferma che l’aereo è stato colpito da un missile.
Il contendere non fu mai sulla colpevolezza della Siria per l’abbattimento del caccia F4, ma sulla località. Spazio aereo internazionale oppure siriano? L’intero Occidente sposò la prima tesi e la situazione venne dipinta come l’anticamera della guerra.
La Nato, riunita d’urgenza il 29 giugno, pronunciò l’ennesima condanna della Siria senza applicare, però, l’art. 5 del Trattato istitutivo dell’Alleanza, in altre parole: senza considerare il fatto come un’aggressione a tutti i paesi membri.
Una porta in faccia alla Turchia, il che diede corpo ai miei dubbi preventivamente esposti nell’articolo Siria e Turchia: una crisi o un test? . Non si trattava di uno sconfinamento involontario, nè di un volo nello spazio aereo internazionale, ma di un piano preciso di provocazione messo in atto per di più, non con uno, ma con due aerei.
Una dichiarazione successiva del ministro della difesa russo imputava all’aereo turco lo sconfinamento volontario durante una ricognizione voluta dalla Nato per saggiare le difese antiaeree siriane. Difese che si erano dimostrate efficaci e nel ribadirlo la Russia attestava la qualità del sistema di difesa di sua fabbricazione.
Oggi la Turchia rovescia interamente
la tesi finora sostenuta:
“Un comunicato dello stato maggiore delle forze armate turche confuta l’ipotesi secondo la quale il suo aereo da caccia sarebbe stato distrutto il 22 giugno dalla DCA, difesa contraerea siriana. I periti che hanno eseguito i test lo deducono constatando che il relitto non presenta danni che consentano di concludere che è stato colpito da un missile”.
R.T. Erdogan
Bashar Assad
Si era detto che da parte siriana erano state porte delle scuse per l’abbattimento - in realtà Assad si era dichiarato disponibile a farlo qualora un’inchiesta avesse appurato che lo spazio aereo in cui il velivolo era stato colpito era effettivamente internazionale – il che confermava l’azione volontaria di abbattimento del jet. Una responsabilità che certo non si sarebbe addossata la Siria che da un anno è additata come origine di tutti i mali dell’aerea.
Ci vorrà tempo prima che emerga se la Turchia ha cercato di coinvolgere la Nato o se è la Nato ad aver lasciato i turchi con il cerino in mano, come si suol dire, danneggiandone intenzionalmente la posizione in seno all’Alleanza.
Il presente stato dei fatti permette di confermare che la cosiddetta “crisi” causata dai siriani era uno dei molti psyop cui ci stanno abituando in questi ultimi mesi. Molto probabilmente si è trattato, come sostiene la Russia, di un test sulle reazioni siriane, e oserei aggiungere anche russe. Del resto l’ipotesi si arguiva già da parte israeliana nel sito Debkafile, essendo Israele ad aver fornito alla Turchia strumentazioni a bordo del caccia F4 finito in mare.
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Colpisce la tempistica. La retromarcia della Turchia passerà sotto silenzio perché comunicata nel giorno in cui i media si concentrano su un nuovo massacro a Tremseh e dintorni, a nord di Hama.
Fra le consuete dichiarazioni esasperate di Hilary Clinton e i titoli ad effetto che suggeriscono una volontaria strage di civili, la versione che viene dagli stessi attivisti ribelli è questa
“Un attivista dichiara che la maggioranza delle vittime sono ribelli, e sette sono civili. Un convoglio dell’esercito (regolare) procedeva verso Hama quando è stato attaccato dal Free Syrian Armi (le formazioni ribelli) . L’esercito ha lanciato un controattacco con il supporto delle formazioni pro regime di un vicino villaggio di Alawiti. “ I ribelli resistettero per un’ora prima di essere sconfitti ” conferma un attivista dell’opposizione di nome Jaafar, intevistato dall’agenzia AFP. Anche l’Osservatorio Siriano per i diritti Umani riferisce che “alcune dozzine di combattenti ribelli sono fra gli uccisi”; il capo della missione Onu conferma che vi sono stati combattimenti a Tremseh.
Fuori dal monocromatismo mediatico anti-Assad, la grave situazione in Siria è da tempo di guerra civile che non avrà fine poichè i media la combattono da sempre a fianco dei governi interessati a rovesciare Assad.
L’articolo di RTnews sottolinea un’altra tempistica. Questa operazione militare dei ribelli – che ha dato luogo al massacro le cui proporzioni non sono ancora state accertate – avviene nuovamente durante la seduta del Consiglio di Sicurezza ONU appositamente indetta sulla Siria.
L’esercito ribelle, che rifiuta il piano di pace di Kofi Annan, punta ad esasperare i toni del dibattito in modo funzionale, non solamente all’applicazione di sanzioni economiche, ma alla dichiarazione di una no-fly zone (e non a caso si insiste stavolta sull’uso degli elicotteri da parte dell’esercito regolare) che sia preludio a un intervento militare.
bibliografia sulla Siria – in continuo aggiornamento