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Filippo Ravizza - La quiete del mistero

Da Mauro54

  Filippo Ravizza - La quiete del mistero  FILIPPO RAVIZZA – LA QUIETE DEL MISTERO – FIORI DI TORCHIO 2012
Risale a venticinque anni fa il primo libro di poesie di Filippo Ravizza. Si intitolava Le porte (Schema, 1987) e già metteva in luce una delle caratteristiche principali della sua scrittura poetica: il movimento continuo della parola e dello sguardo, il ritmo incalzante dei versi, l’uso sapiente degli enjambement, la tensione verso un tempo ulteriore che è forza del desiderio e della poesia stessa, domanda ontologica che è conoscenza e slancio, apertura verso il mistero dell’essere. E tutto questo mediante l’accostamento ad una realtà vibrante, ricca di immagini, di esperienze, di impatti frontali ed emozionali destinati a restare, a farsi segno, anima e materia dell’esistere. Poesia, dunque, non solo come incontro, viaggio e scoperta di quanto accade qui ed ora, ma anche e soprattutto come ricerca e pensiero, interrogazione della parola che scruta in sé e nel mondo il proprio destino, consapevole della chiamata incessante a cui deve rispondere.
La coerenza del percorso poetico di Filippo Ravizza – un percorso autentico e importante nell’ambito della nostra poesia contemporanea - trova ora una nuova conferma in questa elegante plaquette intitolata La quiete del mistero, nella quale l’energia sprigionata dai versi, oltre a costituire la memoria di ciò che è stato, si configura anche come acquisizione originaria di coscienza, tra precarietà esistenziale e fedeltà alla parola, alla sua “strenua forza antica”, alla “sonorità della lingua” dove per un momento “l’essere si acquieta”.
Come giustamente afferma Corrado Bagnoli nella bella prefazione,“la parola diventa l’unica risorsa a cui attingere” perché “l’unico ponte che ci è dato di gettare verso una riva – che pure razionalmente sembra essere negata – è quello della parola, della poesia”. E proprio l’immagine-simbolo del ponte (“Portami verso la luce/verso nuovi alti ponti/futuri!”), insieme a quella dei grandi fiumi, ci trasmette il senso di questo andare-verso della scrittura poetica e dell’esistenza, di questo continuo passare e trapassare, di questo transitare tra sponde e confini, tra terra e nulla, tra esistenza e vuoto, nella volontà di comprendere, di abbracciare la totalità dell’essere ed il suo fondamento con la parola della poesia, laddove heideggerianamente mondo e cose si acquietano (“diranno altri poi di noi … anche loro ci sono/stati anche loro hanno scritto poesie o eretto/alti ponti su quei grandi fiumi che portano/nel mare oceano tutto il luccichio/e la quiete del mistero”).
C’è il tempo della storia in Filippo Ravizza, c’è la memoria della vicenda umana in tutto il suo peso ed il suo enigma, c’è il vortice del tempo che consuma e annienta, ma c’è anche il desiderio di cogliere una dimensione più vasta, di avvicinare il mistero del nostro insondabile destino, la voglia di non smarrire i segni del nostro passaggio, di trattenere il respiro, la voce di noi, “prima di tornare prima di/incontrare il vuoto che/non sappiamo essere il nodo/che noi da sempre siamo”.
Mauro Germani
Porto, Lisbona
Ecco qui ecco ritorna allora
il pomeriggio della musica
lontana quando arrivai ai bordi
e avevo il grande largo fiume
e quei locali quei depositi
lontani … paglia negli occhi
al bianco slittare e improvviso
il guardare verso l’alto … lì
anche lì ho visto – ricordi? – ho
sentito … era come uno scendere
un chiudersi su noi …
chiudere il tempo crescere
nostra figlia lì in un punto
srotolarsi come gomitolo
proseguire la corsa …
Ponte 25 de Abril ponte
nel rumore nella rinnovata
verità di treni e automobili
sopra le vostre teste sopra
le carezze: credimi credimi
non capiremo mai perché ci
siamo stati non sapremo
ci mancherà il tempo
ci mancherà il coraggio
saremo come sono stati altri …
altri prima di noi … non troveremo
più tempo sarà troppo breve
poco tempo troppo poco
il tempo dato.
La quiete del mistero
Mi leggono alberi mi portano alle case
ai vicini giardini dell’inizio primi
passi e anni e grida oltre gli angoli
primi slanci plananti nelle volute degli
incontri di questo ventunesimo secolo …
viaggio dentro al tempo che ci è dato
che chiamano vita senza saperla guardare
slittante via da noi che neppure sappiamo
capire se esiste o non esiste scommessa
di cui non si conosce posta fiore dell’esserci …
diranno altri poi di noi … anche loro ci sono
stati anche loro hanno scritto poesie o eretto
alti ponti su quei grandi fiumi che portano
nel mare oceano tutto il luccichio
e la quiete del mistero.
*
Portami verso la luce
verso nuovi alti ponti
futuri! Saranno felici gli
sviluppi parole che abbiamo
alzato in questi anni!
Come macchie come sogni
angoli vissuti negli angoli
negli spazi scuri negli unici
ritagli sul grande corpo bianco …
parola parola parola … pagina
del tempo unica voce possibile
spessore e apertura intravista
effusione prima e sola ricchezza …
da te verrà la grazia intuibile
che porta a incidere la scorza
e ricordare il segno! da te …
prima di tornare  prima di
incontrare il vuoto che
non sappiamo essere il nodo
che noi da sempre siamo.

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