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Leda è un’azienda italiana di latte e derivati che gode di un successo internazionale e assistiamo alla sua scalata al successo iniziata nel 1992. Dieci anni più tardi il proprietario, Rastelli (Remo Girone), manda la nipote (Sarah Felberbaum) nell’ufficio dello scorbutico direttore finanziario Botta (Toni Servillo). Per l’azienda è un momento di forte crisi…
Seconda prova da regista dopo l’interessante e fortunato La ragazza del lago per Andrea Molaioli, scoperto da Sorrentino, del quale tra l’altro usa gran parte del cast tecnico (compreso l’ottimo direttore di fotografia Luca Bigazzi, qui usato però al di sotto delle proprie potenzialità).
Dopo l’inaspettato successo del film di debutto, l’Indigo Films non ha badato a spese per la seconda prova di questa promessa del nuovo cinema italiano che non si può non descrivere ambiziosa. Promesse mantenute, perché il film è un solido esempio di film d’inchiesta e di denuncia superpartes che ha come bersagli l’arroganza e la superficialità umana, riassunti nella figura spregevolissima dell’Ing. Botta, che altri non sarebbe che Fausto Tonna, di cui viene fuori un ritratto davvero impietoso. Il patron dell’azienda, Rastelli, incarna un personaggio preciso (Tanzi) e un concetto, quello della superficialità, non meno grave della misantropia e dell’ arroganza del suo braccio destro. La sua debolezza e la leggerezza nell’accettare illegali e gravissimi giochetti trasforma il suo ottimismo in una noncuranza pericolosissima, la stessa di tanti magnati e politici attuali che sotto l’ostentato ottimismo e battutine e atteggiamenti apparentemente leggeri e banali nascondo situazioni ben più gravi.
Spesso però chi è al potere non si rende conto della gravità delle sue azioni, delle sue bugie.
La superficialità con cui i due uomini si imbarcano in quest’avventura criminale è disarmante, ma non inverosimile: non siamo in fondo tutti molto più superficiali oggi? Pur senza commettere crimini, non usiamo spesso troppa superficialità nelle scelte che facciamo, nei compromessi, nei tradimenti?
Il film si ricollega però anche a un altro tema importante: la disastrosa caduta delle borse (vedasi il buon e sottovalutato Wall Street: il Denaro non dorme mai ): in fondo uno dei mali peggiori del capitalismo è stata la proliferazione di titoli sovrastimati nei quali ignari azionisti investono le loro risorse.
Un film quindi di respiro internazionale, che potrebbe tranquillamente aspirare a una distribuzione mondiale perché per una volta ci troviamo davanti a un lavoro italiano privo di provincialismi e ammiccamenti all’italiano medio. Le vicende qui esposte non riguardano solo gli Italiani: il crac di Parmalat non è purtroppo diverso ad altri terribili disastri e crimini del capitalismo.
Sostenuto da un terzetto di validissimi attori (Toni Servillo in un ruolo davvero ingrato e quasi disumano, Girone nell’ambiguo patron ricco di umanità e la sorpresa Felberbaum, che incarna una gioventù rampante senza troppi scrupoli), il film vanta anche un’avvincente commento musicale di Teho Teardo.
La regia è precisa, senza slanci autoriali che farebbero balzare il film in una categoria superiore. Forse ne è colpevole una sceneggiatura che non sa bene come raccontare la storia e che in alcuni punti non si capisce bene che direzione voglia prendere. La parentesi sessuale (perché non si può definire sentimentale) sinceramente non aggiunge nulla al film, oltre che all’inevitabile bella attrice di turno, qui addirittura brava.
Così come non aggiungono nulla i costosissimi spostamenti a New York (cosa aggiunge la scena, oltre a mostrare l’ottimo inglese della bilingue Felberbaum?) o in Russia (le solite donne facili, i soliti uomini d’affari difficili da convincere).Più necessaria e decisamente riuscita l’impressionante serie di immagini pubblicitarie create ad hoc per il film, con tanto di sito vero della finta Leda (http://www.latteteda.it/).
Il film italiano del mese, che come il precedente (Gianni e le donne), avrà vita difficile.
IN PROGRAMMAZIONE IN 130 SALE
VOTO: 7-
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