Finalmente Chai!

Da Lasere

24 ott 2011 @ 17:44

Ricette e abbinamenti, dall'India, tisane, erbe e altri infusi, tè aromatizzato e miscele, tè nero

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Se considero gli ultimi post, mi rendo conto di una deriva astratta in pieno svolgimento; deriva che non rinnego, eh, perché racconta il mio ora meglio di qualsivoglia concretezza… Ma tra un languore e l’altro, io oggi c’infilo volentieri un post in carne e ossa: che ne possiate sentire il profumo, tenerlo tra le mani. Ai fornelli, dunque: è tempo di Chai! :-)

Un chaiwala del distretto di Agra (India centro-settentrionale) | H@s9Some rights reserved

In India la Chai (ebbene sì, “la”: vuole il femminile: so da fonte certa che è una signorina, e delle più vanitose per giunta!) è bevanda di strada e d’ovunque. Sorta di denso e zuccheroso monumento nazionale, scende conturbante tra la gente tramite gli onnipresenti chaiwala (”uomini del tè”) e viene sorbita in bollenti bicchieri d’acciaio, o, più raramente, in grezzi recipienti di terraglia usa-e-getta.

«(…) Chai walahs are everywhere in India. Everywhere. From busy urban street corners to hidden alleyways, at bus depots and railway platforms and walking through the train car, along riversides and on footpaths that lead to pilgrimage sites in the middle of nowhere — when you need a fresh cup of tea, the chai walah is always near.
Chai walahs take pride in their chai. After all, each and every day, it is their responsibility to sustain and nurture the masses by providing the beverage that keeps India running

(la citazione è tratta da un post del blog Chai Pilgrimage, che vi invito a visitare una volta terminata la lettura di questa mia approssimativa introduzione; è il diario di una coppia di chai-addicted impegnata in un “pellegrinaggio” che ha tappe a forma di tazza, ricco di note di costume, ricette, immagini e suggestioni di viaggio.)

Un chaiwala si appresta ad una nuova giornata di lavoro (foto scattata nel distretto di Purnia – Bihar – India orientale) | yumievriwanSome rights reserved

Parlare di Masala Chai – letteralmente tè speziato, ridotto poi nell’uso comune alla sola parola “Chai” – significa riferirsi a una bevanda che ha tanti volti quanti sono i luoghi e le persone che attraversa e incontra, che scalda e rinfranca: è un bere polifonico, nutrito d’infinite voci e sfuggente ad ogni univoca melodia, la cui composizione cambia col trascorrere dei chilometri, da zona a zona, ruotando intorno a quattro generici ingredienti-cardine: tè, spezie, latte e zucchero.

Cambia la varietà di spezie impiegate, che spesso sono meno di quante immaginiano: la versione più morigerata prevede solo cardamomo verde e zenzero; cambia la tipologia di tè utilizzata: solitamente tè nero indiano o di Ceylon, ma nel Kashmir per esempio si è più soliti usare il verde cinese Gunpowder; cambia la proporzione tra acqua e latte: solo latte nella sostanziosa variante del Nord-Ovest (chiamata per l’appunto dudh-patti: latte-foglie), via via più annacquata procedendo verso Est; cambiano di conseguenza profumi e sapori.

Chaiwala nel brulicante mercato Chandni Chowk di Delhi (India settentrionale)
Adib Roy – Some rights reserved
Il lungo getto del liquido travasato da un recipiente all’altro, parente a quello tipico nella preparazione del tè alla menta in Marocco, serve non solo ad abbassare un po’ la temperatura, quanto soprattutto ad ossigenare la bevanda affinché si formi in superficie una densa schiumetta (che a casa vi consiglio di replicare, eventualmente, con l’ausilio dell’apposito aggeggino montalatte, onde scongiurare docce roventi). E’ un fare, questo del getto lungo, che in presenza di turisti si trasforma talvolta in vero e proprio spettacolo d’acrobazie (per esempio), con fiotti di Chai come nastri volteggianti attorno al chaiwala, ben determinato a farsi scegliere tra gli innumerevoli concorrenti.

Passando dalla teoria alla pratica, ecco come prepararsene una tazza… tra le infinite possibili!

In un pentolino capiente portate a bollore circa 200 ml di latte tassativamente preferibilmente intero e 100 ml d’acqua (o la proporzione che più vi aggrada: volendo anche solo latte, se il mood è particolarmente godurioso), in cui abbiate precedentemente tuffato le spezie che preferite, e che nel mio caso di solito sono: un bel tocchetto (2-3 cm) di zenzero fresco, sbucciato e tagliato grossolanamente a pezzetti, oppure grattugiato, se ne gradite particolarmente il pizzichino sulla lingua (in questo caso però diminuitene un po’ la quantità); quattro/cinque baccelli di cardamomo verde incisi con un coltellino su un lato per far sì che i semini interni possano affacciarsi; una stecchina di cannella, intera o frantumata a seconda dell’intensità che volete ottenere; uno o due chiodi di garofano interi (non di più, ché quei chiodini lì hanno un aroma che tende a prevaricare).

Una volta raggiunto il bollore, abbassate il gas, coprite e lasciate sobbollire per alcuni minuti; sarà il vostro naso a far da timer, segnalandovi quand’è tempo di passare oltre. Va da sé che la presenza del latte (specie se intero) richiederà attenzione affinché il tutto non straripi rovinosamente sul piano di cottura: in verità questa fase non è così immediata come ve la descrivo, ma tengo molto a non rischiare di dissuadervi narrandovi di estenuanti alza-e-abbassa del pentolino sul gas, perciò taccio ;-)

Dopo qualche minuto – una decina? – aggiungete lo zucchero (io uso quello integrale di canna, almeno tre cucchiaini colmi: ha da esser dolce dolce!) mescolato alle foglie di tè nero (due cucchiaini, e che siano ben colmi pure loro); in alcune zone dell’India si è soliti aggiungere un pizzico di sale, cosa che io faccio a questo punto. Lasciate ancora sobbollire e restringere un po’ a tegame scoperto, un cinque minuti circa.

Quando il tutto avrà preso un colore come di fiume fangoso che abbia fretta di mare, arriva la parte migliore: far scivolare in tazza, attraverso un colino, e abbandonarsi alla voluttà di una così dolce corrente.

Quale tè utilizzare?
Meno si va sul raffinato, meglio è: per esempio un Assam broken andrà benissimo, o meglio ancora un CTC, essendo la tipologia più utilizzata in India a questo scopo; o in generale qualsiasi tè nero – possibilmente indiano, ché cinese ci incastrerebbe poco culturalmente e gustativamente parlando – che sia ben maltato, robusto, finanche un po’ grossolano.

E se non trovo lo zenzero fresco?
Nessun problema, ho la soluzione: cercatelo meglio! ;-) No, davvero, su questo non transigo: lo zenzero in polvere è mal dosabile e tende facilmente all’amarezza, pertanto vi consiglio vivamente di evitarlo. Quello fresco io lo trovo con facilità nei supermercati biologici tipo NaturaSì, e talvolta anche nei supermercati normali: per esempio la mia Coop prima lo teneva sempre, ora invece è qualche mese che non ce l’ha più e io sto meditando di incatenarmi ad un banco dell’ortofrutta in segno di protesta.

Visto che di per sé non mi sembrava sufficientemente calorica, stavolta ci ho aggiunto una fetta di crostata a mo’ di rinforzino; ma è da sola che la Chai dà il meglio di sé, senza altri sapori a confonderne i sentori speziati.

Il nome stesso Masala Chai, di per sé così generico, è invito implicito a lavorare di fantasia; ecco dunque che alle spezie già citate se ne potranno aggiungere altre secondo l’ispirazione del momento: qualche grano di pepe nero, per esempio, per renderla ancor più speperina, o una coroncina d’anice stellato per darle un soffio di freschezza; una grattugiatina di noce moscata, o qualche stimma di prezioso zafferano in fine di cottura, per farla sontuosa (tutte spezie, queste, che comunque fanno sovente capolino nelle varie ricette tradizionali). E perché no semini di vaniglia!, o miele al posto dello zucchero: delicato d’acacia, pungente di castagno, speziata melata di bosco o balsamica d’abete… Anche se qui però si sconfina nell’ambito dell’eterodossia più spinta, eh, vi avverto: meglio fermarci finché siamo in tempo ;-)

Come al solito: provate, sperimentate. Inventatevi il vostro sorso caldo d’India, come fosse una pozione per risvegliare i sensi e spingerli al viaggio; poi, se vi andrà, tornate a raccontarmela.


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