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Finanzieri esposti all'amianto a Trieste: l'incredibile caso del rigetto di un ricorso alla Corte dei Conti

Creato il 16 febbraio 2012 da Gaetano61

Nel comunicato stampa - che ho pubblicato ieri - del coordinatore per il Friuli Venezia Giulia dell' "Osservatorio nazionale amianto", Lorenzo Lorusso, si citava il caso di un ricorso alla Corte dei Conti del Fvg di un ex militare della Guardia di Finanza, respinto per un palese errore di computo del periodo di esposizione all'amianto. Su questa vicenda, nell'ambito della campagna informativa contro l'amianto portata avanti dalla Webcommunity d'Arte e Poesia Anforah , un comunicato stampa della stessa chiarisce i termini della questione:

"Nella Caserma "Campo Marzio" della Guardia di Finanza di via Fiamme Gialle 6 a Trieste ( nella foto, ndr ) dal 1999 al 2002 sono state bonificate varie tonnellate di materiali contenti amianto compatto e friabile. Per un lungo periodo, fino al 2002, a causa del cattivo funzionamento delle macchine che effettuavano il trattamento dell'aria della caserma, l'amianto delle coibentazioni ivi presenti, risalenti agli anni '50, è stato immesso negli uffici amministrativi del terzo piano (e di conseguenza nell'edificio) generando un inquinamento ambientale di gran lunga superiore ai limiti di Legge. Questo è quanto si apprende dalla relazione tecnica, datata 6.9.11, basata su documenti inoppugnabili, del prof. ing. Marino Valle, uno dei maggiori esperti europei del settore, consulente tecnico di parte dell'appuntato scelto in congedo B. F., patrocinato dall'avv. Ezio Bonanni del Foro di Roma, promotore di una causa contro l'INPDAP (fascicolo 12848) per esposizione professionale qualificata all'amianto presso la Corte dei Conti di Trieste. Per effetto di un incredibile errore di computo, il giudice Paolo Simeon nella sentenza 186/2011 (Sezione Friuli Venezia Giulia Pensioni - 10.10.2011) ha considerato il periodo di servizio di 12 anni prestato dal militare negli uffici di detta caserma - dal 16.10.1989 al 2000/2001 - come se questo fosse durato solo "due o tre anni", ritenendolo ininfluente ai fini di causa e pertanto non prendendolo in esame con tutti gli atti relativi. E' scritto, infatti, in sentenza: <<[...] Tuttavia anche ad ammettere, per ipotesi, la fondatezza degli argomenti del consulente del ricorrente in merito ad una risalente grave di degrado della centrale di trattamento dell'aria e quindi la rilevanza dell'esposizione lavorativa all'amianto su otto ore al giorno in tale Caserma, ciò potrebbe essere ovviamente ammesso, per il Sig. B., solo per i due o tre anni ivi trascorsi dal 16.10.1989 sino alla bonifica della Caserma dall'amianto attuata negli anni 2000/2001, nella quale fu rimosso l'impianto di condizionamento oggetto del discutere. Pertanto se anche, in ipotesi, si addivenisse a dichiarare essere sussistita una qualificata esposizione lavorativa all'amianto del ricorrente in tali due o tre anni, tale accertamento non consentirebbe al Sig. B. F. di accedere ai benefici previdenziali richiesti, in quanto l'art. 13, comma 8, della L. 257/1992, presuppone una accertata esposizione lavorativa all'amianto "per un periodo superiore a dieci anni". [...]>>

E' evidente che dal 16.10.1989 al 2000/2001 (sarebbe più corretto 2002: anno dell'ultima bonifica dell'impianto) non sono "due o tre" gli anni di servizio prestati, bensì più o meno dodici, cioè quanto basta e avanza per concedere al richiedente il beneficio richiesto per il mortale amianto ivi respirato. La consulenza tecnica d'ufficio, ordinata dal giudice e vivacemente contestata dalla parte ricorrente (che ne ha chiesto a viva voce invano la rinnovazione per una serie di importanti ragioni), intanto ha riconosciuto al graduato un'esposizione massima di 0,013 ff/cc sulle otto ore lavorative dal 5.11.85 al 09.07.2008, un livello comunque elevato di esposizione che, secondo le attuali norme di legge, comporta oggi l'obbligo dell'impiego dei dispositivi di protezione individuale. Si ritiene in conclusione che il non aver voluto approfondire la situazione di grave pericolo per la salute dei lavoratori impiegati presso detta caserma, chiaramente emersa in sede di perizia, non solo abbia causato al ricorrente la perdita della causa, con la necessità di dover ricorrere in appello per poter dimostrare l'evidenza dei numeri negati in prima istanza, ma, cosa ben più grave, abbia di fatto impedito l'accertamento di una situazione di grave pericolo tutt'ora presente. Le fiamme gialle, infatti, continuano ancora a convivere, nello stesso edificio, con gli enormi archivi cartacei ivi presenti, impregnati dall'invisibile polvere di amianto, che non sono mai stati bonificati. Ricordiamo, a questo proposito, che molti finanzieri impiegati presso detta caserma si sono ammalati di patologie asbesto-correlate, anche gravi, con casi sospetti di decesso e che l'amianto, invisibile e inodore, può continuare a colpire mortalmente anche dopo 50/60 anni dall'esposizione. Campagna informativa contro l'amianto della Webcommunity d'Arte e Poesia Anforah.

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