LE ASPETTATIVE intorno all’incontro romano tra sindacati e Fincantieri erano alte, ma in sostanza sono andate deluse. Non è infatti arrivata l’attesa spartizione dei carichi di lavoro tra i vari cantieri delle ultime commesse incassate dal gruppo (due navi Viking, una Carnival, una Holland America Line, un traghettino per un’azienda di trasporto pubblico canadese) perché, ha spiegato l’amministratore delegato Giuseppe Bono, nessun contratto è ancora stato siglato. La Sace sta ancora lavorando e gli armatori non hanno nessuna intenzione di metterci dei soldi finché non sono finalizzate le garanzie da parte della società di assicurazione del credito.
Ma dietro a una situazione di apparente stasi, qualcosa si sta muovendo. A una precisa domanda del delegato Fiom, e cioè cosa ne sarà del gruppo domani, dal momento che a fine ottobre il presidente di Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini ne ha annunciato la cessione, i vertici dell’azienda hanno glissato. Non hanno risposto.
Bassanini ha specificato che il disimpegno della Cdp (la catena di comando è questa: Fincantieri fa parte di Fintecna, holding del Tesoro ceduta alla Cassa insieme a Simest e Sace) non sarà totale, ma che sarà tenuta una quota di minoranza dal braccio operativo Fondo strategico italiano. In questo senso – Bono questo non l’ha mai escluso – potrebbe riaffacciarsi l’ipotesi di una quotazione in Borsa, anche se la Cdp si impegnerebbe anche nella ricerca di un partner industriale o finanziario (del resto, la visita del premier Mario Monti in Qatar serviva anche a fa conoscere le aziende oggi in pancia alla Cdp). Ma come per le commesse, anche in questo frangente le cose sono destinate a muoversi con lentezza. Probabilmente la Cdp vorrà un piano industriale – così come per le altre società passate sotto il suo ombrello. Senza dimenticare che Fincantieri sta portando avanti un processo di acquisizione con Stx Offshore, azienda che per dipendenti, fatturato e stabilimenti vale quanto la stessa Fincantieri, ma che come suggerisce il nome opera in settore commercialmente più vivace di quello delle navi da crociera. Il ritiro dello Stato non è comunque immediato: «potrebbero passare anni» assicura una fonte di settore, perché l’obiettivo, almeno sulla carta, non è la dismissione, ma la valorizzazione. Tra l’altro l’operazione Stx, annunciata come in dirittura d’arrivo a fine mese, sta subendo a sua volta dei ritardi e dei rallentamenti.
Intanto, la situazione all’interno del gruppo illustrata ieri è questa: la capacità di lavoro degli otto cantieri è di 13 milioni di ore, al momento c’è lavoro solo per 7,5 milioni di ore. L’accordo sulla cassa integrazione scade a fine 2013, dopodiché sarà necessario trovare una nuova quadra col governo. «Anche arrivassero le commesse – segnalano Bruno Manganaro e Giulio Troccoli della Fiom genovese - i tempi rimarrebbero lunghi, perché parliamo di prototipi. Quindi è necessario un lavoro di progettazione a monte». Del resto, segnala Troccoli, gli scarichi di lavoro oggi cominciano a sentirsi proprio negli uffici: effetto diretto del calo di domanda del mercato. «È stata nuovamente ventilata l’ipotesi e la disponibilità – dice Tiziano Roncone, segretario generale Fim Liguria – a realizzare altri prodotti che non siano solo navi, vedremo se questo potrà in futuro portare a qualcosa». «L’azienda ha in sostanza confermato l’accordo dello scorso 21 dicembre – dice Antonio Apa, segretario generale Uilm Liguria - con l’impegno a non chiudere alcun cantiere». Sestri Ponente impegnerà circa 300 lavoratori fino a ottobre 2013, con la chiatta e i cassoni per la “Costa Concordia”. A Riva la cassa è destinata ad aumentare con il trasferimento della Fremm, sul cui programma – anche in questo caso – il governo non ha fatto chiarezza. Infine, Muggiano: la situazione meno critica, con due sottomarini in ordine e trattative – riservatissime – per due nuovi maxi-yacht.
Fonte: Shippingonline
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