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Finché si è inquieti si può stare tranquilli – Intervista ad Ambra Garlaschelli

Creato il 19 marzo 2015 da Wsf

Inquietudine, è una parola che calza a pennello per le opere di Ambra Garlaschelli, giovanissima artista lombarda, per quel senso e colori tetri, ed il titolo dell’articolo viene da una citazione che la stessa Ambra fa durante l’intervista ed io ho ripreso perchè pienamente azzeccata, citazione che appartiene a Julien Green. Ed anche lei, come altri artisti già ospitati e intervistati è una scoperta legata ad ILLUSTRATI e al mio sfogliare la rivista.

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Ambra Garlaschelli. Classe 1987. In cosa in particolare ti senti una “giovane artista”?

Se devo essere sincera “artista” non è tra le mie parole preferite per descrivere chi sono e cosa faccio. Illustratrice suona meglio, ma più semplicemente e a costo di far inarcare qualche sopracciglio scettico, direi che nella vita disegno. Lo ammetto, non sono una fan delle etichette. Per rispondere alla tua domanda, in cosa mi sento una giovane artista, probabilmente la risposta più sincera e immediata a cui riesco a pensare è “nell’irrequietezza”. Intanto non mi sento affatto così giovane, anzi il fattore tempo che passa contribuisce alle mie crisi settimanali a tema “cosa sto facendo/dove sto andando”. Sono sempre di corsa, costantemente alla ricerca di un segno mio, proiettata verso un punto da raggiungere che sembra spostarsi più in avanti ogni volta che mi avvicino e ho la testa completamente affollata da mille pensieri. Di notte non riesco a dormire, di giorno non riesco a svegliarmi e bevo un sacco di caffè. Divento spesso ansiosa, soprattutto quando penso che non ho abbastanza tempo per fare tutto quello che vorrei fare. Ma poi mi ricordo di rilassarmi, di scegliere un punto e iniziare. E appena lo faccio mi rendo conto che il caos inizia a riorganizzarsi. La testa si svuota e tutto riacquista lucidità, ed è quanto basta a capire che non c’è un altro lavoro che potrei desiderare. E che le crisi mistiche ce le hanno tutti. In realtà sono arrivata alla conclusione che essere inquieti non è così male. Crea quel particolare stato di insoddisfazione che mi costringe a migliorarmi, a non fermarmi in un punto, a continuare a cercare qualcosa, a interrogarmi su quello che vedo e a non dare niente per scontato. “Finché si è inquieti si può stare tranquilli”. Questo me lo dice sempre mia sorella. Apprezzo la filosofia.

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Che parole useresti per descrivere la tua arte?

I miei lavori mi assomigliano, sono scuri e imperfetti. Sono asimmetrici, imprecisi, sporchi e troppo calcati. Dietro ogni linea si intuisce il segno della gomma. Sono silenziosi e sono in attesa.

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Potresti descrivere come costruisci un’opera e cosa comporta?

Solitamente quando inizio una nuova illustrazione, la prima parte di lavoro consiste nel farmi un’idea di cosa voglio raccontare e come ho intenzione di farlo; questo è il momento della ricerca immagini, qualsiasi cosa che possa darmi uno spunto. Quindi segue la fase “francobolli”, sostanzialmente inizio a riempire il foglio di piccoli riquadri con le possibili idee che ho in mente, gli ingombri e i bilanciamenti dell’immagine e vedo cosa funziona e cosa no. Infine una volta scelto il francobollo giusto, inizio ad abbozzare a grandi linee la mia immagine. Questo è il momento delle imprecazioni e dei fogli appallottolati che volano nel cestino perché l’immagine che è ben chiara nella testa puntualmente non mi viene, e mi arrabbio scarabocchiando e cancellando finché uno di questi scarabocchi non èpoi così male e viene portato avanti. Di solito il punto di partenza dei miei disegni sono le biro, la china e le matite molto grasse (ho un tratto molto calcato e sporco e impreciso e detesto le matite leggere, così perfettine). Quindi, una volta impostato il disegno (o i disegni, perché spesso lavoro su più livelli) inizia la fase digitale; praticamente tutti i miei lavori sono conclusi e colorati al computer utilizzando texture e colori poco saturi.

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Potresti descrivere/sintetizzare in poche parole la tua ricerca artistica?

La ricerca di cui parli è un processo che dura tutta la vita. Non so se riuscirei a sintetizzarlo in poche parole. Non credo che esista il punto di arrivo. Non c’è un momento in cui ci si ferma perché tutto, compresi noi stessi, è in continuo mutamento. Quello che cerco di fare io è immagazzinare più informazioni possibili,a più livelli possibili, rubando dettagli ovunque mi ispiri qualcosa, metabolizzandoli e rielaborandoli per farli miei. Ogni informazione archiviata è un mattoncino da sovrapporre a quelli già raccolti nel tentativo di costruire qualcosa di tuo, qualcosa di vivo e in costante mutamento. Che ti assomiglia in modo inquietante.

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Che musica ascolti?

Adoro la musica, non posso farne a meno. E’ la mia terapia quotidiana. Quando lavoro è fondamentale, mi aiuta a concentrarmi. Il genere di musica che ascolto varia in base al mood del momento. In generale, però, anche in questo campo, le mie preferenze sono sempre piuttosto scure . Tendenzialmente sono più orientata verso new wave e post-punk, coldwave, shoegaze, e musica più psichedelica, ma può capitare anche il momento musica classica, blues o jazz vecchio stile, dipende! In generale, anche in questo caso, non voglio dare un’etichetta alla musica che mi piace. Le canzoni che metto per rilassarmi o per avere una scia di sottofondo da seguire mentre lavoro sono sicuramente differenti rispetto a quelle che metto per darmi la carica o per urlare da sola in macchina. Ascolto quello di cui ho bisogno, a costo di fare scelte musicali che rasentano la schizofrenia.

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Credi che l’arte possa tornare ad essere portatrice di senso all’esistenza in un’epoca come la nostra dominata da altri interessi?

Okay, questa è una domandona a cui non posso rispondere. Io ancora non ho capito niente di me stessa, a malapena so dove sono girata e “il senso dell’esistenza” rientra in quella categoria di pensieri che ogni tantomi tengono sveglia la notte a girarmi e rigirarmi irrequieta, finché non decido che il solo modo per mantenere un briciolo di sanità mentale è ignorarli. Certo ci sono un sacco di cose capaci di dare un senso ad altre cose, ma ritengo che sia un argomento abbastanza soggettivo. Non posso parlarti di un’epoca. Posso solo provare a rispondere in base alla mia esperienza e neanche in questo caso saprei dire se l’arte ha portato un senso alla mia esistenza. Sicuramente mi ha dato un punto di vista. Miliardi di punti di vista, per l’esattezza. Buchi di serratura da cui spiare qualcosa di bello.

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Come vedi l’arte nel panorama italiano?

Abbastanza in ristagno, direi. Diciamo che, almeno nel campo dell’illustrazione ho l’impressione che si osi poco. Tra i “grandi”del settore (e parlo sia delle case editrici che degli illustratori stessi) sono in molti quelli che si attaccano all’idea di ciò che secondo loro funziona e che si limitano a propinare le solite cose. C’è poca varietà e c’è poca scelta in giro. Eppure se appena ci si sposta un po’ dai grandi riflettori, si scopre che è pieno di progetti interessanti nella penombra. C’è fermento, ci sono tantissime idee coraggiose e interessanti con cui riempirsi gli occhi. Ma bisogna sapere dove guardare.

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Quali artisti ami nell’arte più e meno recente?

Questa è la classica domanda che mi manda in crisi, sono veramente tantissimi e un foglio non basta. Perciò, visto che non sono capace di scegliere, per questioni di salute mentale ti elencherò solo i primi che mi vengono in mente e in ordine sparso, famosi ed emergenti. Completamente a caso. Schiele, Toccafondo, Gorey, Toppi, Mc Kean, Klimt, Morotti, Panzeri, Vairo, Cohen,Marini, Bacon ,Ponticelli, Goya, Akab, Mori, Gipi, Ericailcane, Feuchtenberger.

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Progetti Futuri? Eventi?

I progetti sono sempre tanti, mi piace avere sempre nuove idee per il cervello e lanciarmi in esperimenti pazzi, a volte completamente fallimentari, a volte ben riusciti. Ultimamente mi sto dedicando a una serie di racconti sviluppati unicamentead immagini, neanche una parola. E’ da un po’ che avevo in mente di farlo e come momento non mi sembrava male per iniziare. Saranno storie piccole e silenziose. E un po’ inquietanti. Parallelamente sto iniziando a esplorare il labirintico mondo delle nuove tecnologie. A breve infatti uscirà la mia prima app per bambini che racconterà le strane avventure di Kafcane alla ricerca della coda perfetta. Si tratta di un e-book interattivo realizzato insieme a mia sorella Gaia, bravissima illustratrice e grafica( http://www.gaiagee.com) e con l’aiuto dei nostri tanto pazienti quanto geniali sviluppatori Mauro e Alessandro (www.goofygoober.it). Il progetto che c’è dietro in realtà è molto più ampio; Kafcane sarà il primo esperimento, ma se dovesse funzionare ci piacerebbe portare avanti una linea narrativa un po’ più libera e diversa dalle solite pupazzate colorate e gommose che si vedono nel campo dell’infanzia. Sicuramente non è un settore semplice in cui muoversi e sperimentare, ma sono convinta che solo perché si tratta di bambini non dovremmo sentirci giustificati a crescerli col gusto dell’orrido. Quello su cui vorremmo concentrarci oltre alla qualità e alla poetica a livello visivo, sono le classiche domande pungenti che mandano in crisi i genitori su argomenti difficili da trattare come le nuove famiglie, la sessualità , la morte. Al momento stiamo ancora strutturando il tutto, è un’idea che è stata incubata e che sta iniziando a prendere vita adesso, si capirà più avanti come andrà a finire. Per ora incrociamo le dita.

Web Site: http://www.ambragarlaschelli.com/

Fan Page: https://www.facebook.com/ambra.garlaschelli?ref=ts&fref=ts


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