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Fiori in cucina

Creato il 07 dicembre 2011 da Rossellagrenci

FIORI IN CUCINA

Oli, spezie, grappe aromatizzate ed essenze, la nostra cucina da sempre si colora di fiori: la tradizione gastronomica ligure, ad esempio, annovera tra le sue prelibatezze le violette candite, quella milanese l’insalata di crisantemi e quella veneta il riso alla malva. Alcuni biscotti tipici della Provenza sono aromatizzati alla lavanda, fiore tipico del posto…

Ma è in Oriente che si armonizzano in profumati equilibri fiori e gastronomia. In Cina, crisantemi, gigli e fiori di loto sono elementi classici della cucina locale. Un antico proverbio giapponese dice che un piatto si mangia prima con gli occhi e poi con la bocca. Per questo i petali dei fiori sono elementi strutturali delle pietanze, al pari degli altri. Tra gli ingredienti delle portate tradizionali ce ne sono alcuni considerati, a torto, solo verdure come i fiori di zucca, ottimi fritti e ripieni con acciuga e mozzarella oppure i carciofi, squisiti alla giudia ma anche crudi ad arricchire l’insalata. E non solo.

Lo zafferano, ridotto in polvere, si usa per insaporire e colorare d’oro risotti e cous cous e, nonostante la sua origine orientale, di fatto è un ingrediente base di alcune portate tipiche delle regioni del nord Italia, come il risotto alla milanese. Altri fiori, come i capperi, sono così carnosi da sembrare dei frutti: perfetti per insaporire pasta e secondi, i capperi sono i boccioli di una pianta che cresce spontaneamente nelle regioni più calde del mediterraneo, ed il cui fiore si chiama cucuncio.

Nel caso della zagara non vi è dubbio che si tratti di un fiore. L’essenza è utilizzata per preparare la pastiera napoletana o la crema, ottima con i biscotti. L’aroma e la freschezza dell’acqua d’arancio era conosciuta già dai nomadi del Sahara, che, dopo aver attraversato il deserto, ne bevevano sorsi abbondanti per dissetarsi e la usavano per sciacquare via la sabbia dal viso e le mani.

Da alcuni fiori, poi, è possibile ricavare anche l’olio, già i Persiani lo estraevano dalla rosa per aromatizzare le portate in occasione di feste importanti come le nozze dell’imperatore. È merito degli inglesi, invece, l’aver impiegato per primi l’olio di semi di girasole per condire le insalate, verso la fine del 1500.

Non tutti i fiori sono eduli, cioè buoni da mangiare: attenzione ad evitare l’oleandro, il ciclamino, la stella di natale (velenosi) e la belladonna, che è allucinogena; scorpacciate consentite invece per primule, margherite, rose e viole.

Le primule, come già indica il nome, spuntano precoci alla fine dell’inverno, i loro petali, coloratissimi, possono essere utilizzati per insalate, minestre, carni, frittate e sono ottimi per preparare dolci e marmellate. Durante il regno di Elisabetta I d’Inghilterra era comune aggiungerle alle macedonie di frutta. Della primula, poi, non si butta niente. Anche le foglie, le radici ed il rizoma, che è il fusto sotterraneo, sono commestibili e largamente usate in erboristeria grazie alle loro proprietà analgesiche, antinfiammatorie e antireumatiche. L’insalata di lattuga e primula è consigliata la sera per un riposo sereno e rigenerante.

Anche le margherite sono adatte per le insalate, specie se abbinate ad altre piante disintossicanti come ortica e cicoria. L’ideale per condire risotti, zuppe e persino il brodo di carne, che viene meglio, attenzione, con le margherite gialle (calendule).

Le rose fanno bene alla pelle e all’apparato digerente, specie se mangiate con gli spicchi d’arancia in insalata o nel risotto. Date le proprietà antinfiammatorie, i petali di rosa sono indicati per la preparazione del pepe aromatizzato: un composto di pepe nero, verde, bianco, rosa e peperoncino, aggraziato dall’odore e dalle proprietà di boccioli di rosa essiccati. Non vanno dimenticate le potenzialità afrodisiache del fiore, esaltate in marmellate, dessert e liquori. Già gli antichi romani utilizzavano petali di rosa in cucina per aromatizzare il vino, insaporire e abbellire i piatti con l’aggiunta di petali di viole. Apicio, autore del “De Re Coquinaria”, monumentale ricettario dell’antica Roma, spiegava come confezionare un piatto di “rose con cervella, uova, vino e salsa di pesce”.

Anche la viola del pensiero è commestibile. I suoi fiori, dal profumo intenso, vanno colti la mattina presto, quando si schiudono. Da tempo sono usati per la preparazione di canditi, gelati, marmellate e caramelle. Mangiati crudi in insalata conservano intatte tutte le proprietà emollienti, decongestionanti e depurative che caratterizzano la pianta.

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