Troppo spesso ci dimentichiamo che molti dei beni che utilizziamo quotidianamente non sono un nostro diritto o ci sono dovuti. Il fatto che usiamo magari anche per lavoro certi programmi e, soprattutto, che passiamo ore su alcuni spazi del web che oramai diamo che scontato non ci deve autorizzare a pensare che siano pubblici. Pensate a Facebook, che oggi consideriamo una utility alla pari di luce, gas e carburante. Non dovremmo mai dimenticare (e chi era su FriendFeed l’ha provato sulla propria pelle) che si tratta di servizi privati, dietro ai quali ci sono decisori che possono fare quello che vogliono e anche scegliere arbitrariamente che cosa può rimanere online e cosa invece cancellare. Io stesso sono ospite qui su WordPress e spero che esista per sempre. Ogni giorno dovrei ringraziare il signor WordPress per l’ospitalità, non è così banale, sapete. Quante volte ci siamo indignati perché un contenuto su Facebook è stato rimosso o, viceversa, lo abbiamo segnalato perché ci dava fastidio? Non riesco a immaginare questa stanza dei bottoni tutta blu nel regno di Zuckerberg dove opera il board di controllo sui miliardi di cose che un’umanità oramai senza speranza riversa ogni secondo, quali algoritmi – se di algoritmi si tratta – riescano a esaminare pixel per pixel video e foto per distinguere quelle innocue da quelle ossessive. E quando interviene la censura siamo tutti i charlie di questo o quest’altro dimenticando che Facebook è un’azienda privata, con un capo, dei responsabili, gente che lavora applicando policy di controllo, investitori e, considerando la diffusione, ha gli occhi di tutte le istituzioni mondiali addosso. Se volete uno spazio dove fare i vostri comodi, bestemmiare, inneggiare al duce in tutta tranquillità dovreste comprarvi dei server e farvi un sito o una piattaforma social indipendente, open, come del resto già ce ne sono. Gli stessi principi che Facebook applica per la rimozione di contenuti inappropriati sono oggetto di sterili discussioni. Perché il materiale presunto blasfemo sparisce che è un piacere mentre i gruppuscoli neo-nazi e tutta la fuffa anti-rom o apertamente razzista rimane? Questo è un mistero ma, ripeto, Facebook non è un ente pubblico e – ci piaccia o no – può fare quel che vuole.
Detto ciò, stamattina ho amaramente constatato che la pagina Facebook “A pàggina de Bèllo Segnù”, una trovata esilarante e tutt’altro che irrispettosa verso la religione (qui trovate un articolo su Repubblica) non è più online. Uno spazio in cui venivano pubblicati dipinti o immagini sacre con didascalie decontestualizzate in genovese, un’iniziativa davvero divertente e in grado di risaltare nelle tonnellate di battute di gusto elementare con cui la gente oggi si crede arguta solo perché ha un profilo online. Non so se si tratti di una decisione dell’autore, cosa di cui dubito considerando il successo che stava avendo, oppure se il comune senso del bigottismo abbia ancora una volta annebbiato la lucidità del fantomatico comitato di controllo della piattaforma social. O magari, davvero, qualche programmatore ha messo a punto degli algoritmi tutti a forma di croce adinolfiana. Ecco, spero vivamente che la pagina di Bèllo Segnù sia indisponibile solo temporaneamente, magari un guasto o una svista o una di quelle rogne informatiche che ci capitano di continuo, e se qualcuno l’ha oscurata spero che il suo pedante oscurantismo gli si ritorca contro.