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Fischi alla Lega e ai compari. Ma Gheddafi quali e quante armi ha?

Creato il 21 marzo 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Fischi alla Lega e ai compari. Ma Gheddafi quali e quante armi ha? Hai voglia a non parlare di Silvio! Tutto quello che sta accadendo in questi giorni, bene o male, lo vede come interlocutore: almeno indiretto. Dalla guerra in Libia (perché a noi piace chiamare le cose con il loro nome) alle contestazioni a lui stesso e ai suoi alleati leghisti durante le giornate del 150°, dai tagli alla cultura alla mignottocrazia imperante in Italia tutto è riconducibile alla sua persona e senza distinzioni tra la dimensione politica pubblica e quella privata, visto che è stato Silvio, fin dalla sua famigerata discesa in campo, a renderle sempre accuratamente interattive. In queste ore gli analisti, e i responsabili dell’unità di crisi, stanno calcolando i rischi che l’Italia potrebbe correre dopo l’entrata in guerra contro Gheddafi. E l’aspetto inquietante che gli strateghi italiani hanno immediatamente evidenziato, è quello che di Gheddafi e della sua potenza di fuoco se ne sa praticamente nulla. L’assurdo è che nessuno è in grado di dire se il Cojonnello possieda, ad esempio, armi nucleari o chimiche o batteriologiche, se la gittata dei suoi Scud arrivi fino a Lampedusa o, come sospettano i più, possa allungarsi fino a Pantelleria. In questi anni Gheddafi, dopo la fine dell’embargo Onu seguito alla strage di Lockerbie, ha acquistato armi a destra e a manca praticamente da tutti i paesi. Un elenco della spesa non esiste, anche perché le industrie belliche non hanno alcun interesse a rendere pubblico il carrello del Raiss quindi, cosa ci sia dentro, corriamo il rischio di venirlo a sapere solo dopo che il Cojonnello avrà deciso di svuotarlo. Al dittatore della “repubblica verde” è stato concesso di tutto purché depositasse un po’ di denaro presso le banche americane, francesi, tedesche, inglesi, italiane e investisse nelle imprese dei rispettivi paesi. Il figlio primogenito di secondo letto Saif al-Islam, ad esempio, pur di inserire nel suo curriculum il dottorato della London School of Economics, promise un contributo di 1 milione e mezzo di sterline alla scuola; ottenne il dottorato copiando paro paro la tesi di laurea e, scoperta la corruzione dal Sunday Times, costrinse alle dimissioni il direttore Howard Davies, la beffa è che alla scuola sono arrivate solo 300mila sterline. Anche questa, si potrebbe dire, è stata una forma di investimento in “imprese” estere. Gheddafi è, quindi, un mistero. “Amico” e alleato contro le invasioni barbariche dei disperati dell’Africa Subsahariana, il Cojonnello è tornato all’improvviso ad essere il nemico dell’occidente da eliminare anche fisicamente, come tentò di fare Ronald Reagan il 15 aprile del 1986 non riuscendoci, però mettendogli addosso una fifa blu. Ora sembra che la storia si ripeta: bombardata una parte del suo palazzo-bunker a Tripoli, Gheddafi sembra abbia ordinato il cessate il fuoco, ma ormai non si fida più nessuno e i Tornado italiani sono intervenuti per distruggere le batterie antiaeree. C’è da dire, non per voler essere polemici ad ogni costo ma per sottolineare un dato di cronaca, che tutto è iniziato dopo che gli stati della coalizione anti-Muammar hanno provveduto a bloccare i soldi libici depositati presso le loro banche: solo per la precisione. I più preoccupati della situazione sono però i leghisti. Temendo l’invasione barbarica dei “negri” hanno votato contro la decisione di appoggiare l’operazione Odissey Dawn assunta dal governo di cui fanno parte. Quando accadde la stessa cosa per l’intervento italiano in Kosovo (RifondazioneComunista votò contro), i berluscones chiesero le dimissioni di D’Alema perché il governo non aveva più una maggioranza in politica estera. E ora? Ma i leghisti, si sa, con la politica non c’entrano una mazza e qualsiasi posizione assumano, vengono ormai visti dalla gente come dei paraculi che pensano solo ai cazzi loro. Le contestazioni di cui sono stati il bersaglio preferito in questi giorni di festeggiamenti per l’unità d’Italia, la dicono lunga sull’appeal che Renzo Bossi detto “Trota” ha sugli italiani. Il risultato che hanno raggiunto è stato quello di riunire intorno al tricolore anche quelle persone che da anni lo consideravano solo un orpello e perfino brutto, l’esatto contrario di quello che si sarebbero aspettati dopo aver assunto la posa del peggior John Wayne, il pistolero di fine carriera. Sabato a Roma e a Torino, ieri a Milano, i leghisti sono stati pesantemente contestati proprio al Nord, quello che ritengono il loro regno, ed è stato il segnale di quanto menzognero sia il loro ergersi a rappresentanti di un popolo che esiste solo nella loro più inconfessabile dimensione onirica. Non sarà miss Padania a dare a Bossi un regno, come Ruby un cavallo a Berlusconi. La storia è più complicata del modello base leghista interpretato da Calderoli.

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