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Flavio Parenti: “Diamo inizio alla rivoluzione televisiva italiana”

Creato il 11 gennaio 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

11 gennaio 2014 • Interviste, Vetrina Cinema

Flavio Parenti: “Diamo inizio alla rivoluzione televisiva italiana”

Flavio Parenti è tornato in tv con Un Matrimonio, miniserie di 6 puntate diretta da Pupi Avati che lo vede protagonista con Micaela Ramazzotti e che sta ottenendo grandi consensi. La sua fisicità snella, tipica degli anni ’60-70, e la sua eleganza lo rendono pressoché perfetto nei panni del protagonista Carlo Dagnini. Dopo aver debuttato sul grande schermo con Silvio Muccino in Parlami d’Amore nel 2007, la carriera dell’attore italo-francese è stata tutta in ascesa. Nel 2009 è stato parte del cast di Io Sono L’Amore di Luca Guadagnino, nel 2010 è ancora al fianco di Silvio Muccino in Un Altro Mondo mentre nel 2012 è addirittura sul set di Woody Allen per To Rome with Love. Oltre ad essere un attore di talento, Flavio Parenti studia per diventare regista e dopo aver maturato molti anni di aiuto-regia teatrale, nel 2012 si è lanciato nell’avventura della web serie interattiva che gli ha garantito la stima di molti appassionati. A marzo lo vedremo infine dare il volto al nuovo medico Martini dell’amatissimo Un Medico in Famiglia, giunto alla sua nona stagione. Flavio Parenti è un giovane uomo, vulcanico e irrequieto, che si è raccontato ad Oggialcinema in un’intervista a cuore aperto in cui svela i retroscena dei set dove ha lavorato, la sua idea di televisione ed il suo infinito amore per il Belpaese.

Come descriverebbe Carlo Dagnini, il personaggio che interpreta in Un Matrimonio?
Carlo è un ragazzo di buona famiglia cresciuto nella bambagia da un padre (interpretato da Christian De Sica, n.d.r.) che gli ha dato tutto ciò che desiderava. Questa generosità è però il frutto del vizio del gioco e di anni di indebitamento. La vita gli giocherà un brutto scherzo poiché, perdendo nel giro di poco tempo sia la madre che il padre, dovrà rimettere in piedi la propria vita come nuovo pater familias, badando alle sue due sorelle, alla vecchia zia e ad una valanga di debiti. L’amore per Francesca (Micaela Ramazzotti, n.d.r.) sarà essenziale per la risalita di Carlo.

Flavio Parenti è Carlo Dagnini in Un Matrimonio

Flavio Parenti è Carlo Dagnini in Un Matrimonio

Che tipo di partner è stata Micaela Ramazzotti?
E’ stata una partner ottima. Lavorare insieme per sei mesi, soprattutto attraversando varie fasi di cinquant’anni di vita, è stato magico. Micaela è una grande attrice e dunque, per me non c’è stata nessuna fatica.

Come siete riusciti a ricreare l’alchimia di una coppia che ha condiviso la vita per cinquant’anni?
Questo è l’aspetto più bello della recitazione. Io, che sono tendenzialmente timido, nella vita odierna faccio fatica ad esternare le mie emozioni perché ho paura che le mie fragilità possano essere triturate dalla poca sensibilità delle altre persone. Nella recitazione questa paura viene azzerata perché, conoscendo il copione, sai che tutto ciò che esponi è tutelato. Quindi puoi tuffarti nella scena fino in fondo perché sai che poi la scena finirà lasciandoti indenne.

Sullo sfondo della storia d’amore tra Carlo e Francesca vi sono cinquant’anni di storia, come è stato per lei, come attore e giovane uomo, ricostruire quegli eventi?
A parte la sfida dell’invecchiamento e dunque assistere alla trasformazione del ragazzo che diventa uomo e dell’uomo che diventa anziano, non ho dovuto affrontare particolari difficoltà. Per il resto è stato molto istruttivo vedere come erano i nostri coetanei cinquant’anni fa. C’era un accesso diretto al lavoro che oggi non c’è più e poi stiamo parlando di un’Italia prima dell’era televisiva. La comunicazione era più lenta e l’Italia era un grande villaggio dove si parlava e dove non esisteva ancora il consumismo.

In che modo l’ha arricchita questo viaggio nel tempo?
Tuffarmi in quel tipo di realtà è stato molto arricchente. Viaggiare, non solo attraverso i miei occhi ma anche attraverso quelli di Pupi, mi ha fatto capire ancora di più quanto recitare sia il mestiere più bello del mondo. Quello che ho imparato è stato soprattutto che le cose non si buttano, si aggiustano (ride, n.d.r.) e vale un po’ su tutto. Noi siamo abituati a gettare via tutto, dagli oggetti alle relazioni ma così facendo perdiamo uno dei valori più importanti che è la costruzione. L’abitudine non è necessariamente una cosa negativa perché ci consente di sfruttare meglio ciò che abbiamo e concentrarci su altro.

Sembra che questa fiction le abbia regalato una ventata di ottimismo.
Più che di ottimismo parlerei di fiducia. Credo di essere l’unico italiano a credere che da un mese e mezzo a questa parte sia ripartita la ricostruzione dell’Italia. Siamo ad un momento di svolta. Io ho molta fiducia nell’Italia ma non ho fiducia in ciò che è stato fatto fino ad ora.

Quali sono gli italiani in cui crede?
I creativi. Io credo che l’italiano sia un anarchico, un atipico. Potenzialmente siamo dei Maradona, dei numeri 10 che da soli sono capaci di fare il lavoro di decine di persone. Gli italiani hanno il dono di sapersi adattare con estrema facilità ad ogni situazione poi però sono incapaci di organizzarsi. La mia speranza è che lo Stato italiano si metta al servizio di quei numeri 10, fornendogli degli strumenti validi per sviluppare la loro creatività, prima che emigrino per avere quest’opportunità.

Quanto è funzionale l’arte nella ricostruzione?
Nel senso più ampio del termine, l’arte dovrebbe essere considerata un business che porta soldi, benessere e cultura. Gli Americani hanno guadagnato l’egemonia mondiale attraverso l’arte, non attraverso le guerre, quelle le hanno perse tutte! Noi dovremmo sfruttare la nostra arte, le nostre origini perché paradossalmente un bambino che è cresciuto a Roma, senza aver mai studiato, ha già pregustato più patrimonio artistico di qualsiasi studioso americano. Arte, turismo e cibo dovrebbero essere il nostro pane quotidiano.

F.Parenti, M.Ramazzotti e Pupi Avati alla presentazione di Un Matrimonio

F.Parenti, M.Ramazzotti e Pupi Avati alla presentazione di Un Matrimonio

Che esperienza è stata per lei essere diretto da un grande regista come Pupi Avati?
Pupi ha due pallini che sono la storia e la recitazione. Ha un grande amore per gli attori. La sua presenza mi ha facilitato il compito di trasferire al mio personaggio quella profondità che in altri casi non avrei avuto la possibilità di maturare. Solitamente in televisione il regista è un piccolo elemento di una grande produzione, manca l’autorialità. Pupi ha adattato la storia alle nostre personalità e la sua presenza ci ha garantito una libertà creativa impensabile in altre produzioni.

Si sta dedicando molto alla televisione negli ultimi mesi, il motivo di questa scelta è dovuto alla fase di stallo del nostro cinema?
L’analisi non è sbagliata. Direi che non è solo il nostro cinema ad essere in una fase di stallo. Lo spettatore non è più affascinato dalla sala cinematografica perché sa che a distanza di pochi mesi potrà vedere il film in tv gratuitamente. Credo che la televisione abbia un ruolo preponderante adesso rispetto al cinema. E’ stata potenziata dai social media e io non ho dubbi che il futuro sia la televisione. Quindici anni fa le serie tv venivano acquistate tramite il film che era il cavallo di battaglia. Oggi è il contrario. E’ la serie tv che è diventata l’oggetto del desiderio. Il cinema americano sta producendo delle cose sempre più grosse, non necessariamente belle, per sopravvivere. Ma se dobbiamo parlare dell’entertainment americano allora ci riferiamo a delle fantastiche serie come Breaking Bad, Lost, American Horror Story, Walking Dead e così via. In tv c’è una creatività che non c’è mai stata. La televisione americana in questo momento è una festa. E’ impossibile non credere che questo possa accadere anche in Italia. Credo che Pupi Avati abbia dato un segnale importante.

Sappiamo che in questi giorni è impegnato con le riprese di Un Medico In Famiglia, può darci qualche anticipazione?
Sarò Lorenzo Martini, il figlio del fratello di nonno Libero (Lino Banfi) che arriva dall’America. Una sorta di Hugh Grant che arriva a Poggio Fiorito e si ritrova completamente spiazzato da questa realtà. Torna così in Italia per recuperare la sua famiglia e soprattutto riacquistare la sua identità italiana. Sono molto fiducioso in questa nuova serie. C’è un grande innesto di giovani attori. Sta prendendo i tratti di una commedia romantica con una comicità tipicamente inglese. Naturalmente si tratta di un grande disegno con altre storie di cui io rappresento solo una piccola parte. Nel mio piccolo tento di scardinare il linguaggio televisivo, con una recitazione più legata alla realtà di tutti i giorni.

E’ un set in cui si lascia anche spazio all’improvvisazione?
Si questo è uno degli aspetti più belli dell’esperienza di Un Medico in Famiglia. In realtà poi in Italia in generale si lascia molto spazio all’improvvisazione. Noi nasciamo con la commedia dell’arte che era basata sull’improvvisazione. Questo rimane il nostro approccio, non so se è un bene o un male ma è così. L’attore dovrebbe comunque ricordare di essere al servizio del film. Per me, che ho avuto un’impostazione rigidamente accademica, volta al rispetto della battuta, l’esperienza dell’improvvisazione sul set è molto stimolante.

Oltre all’impegno sul set televisivo, al cinema ha lavorato con grandi registi come Guadagnino, e vanta anche collaborazioni con registi stranieri come Woody Allen, senza contare il suo parallelo lavoro da regista. Cos’altro possiamo aspettarci da lei?
Il mio sogno, se le cose vanno bene, è quello di poter produrre una serie televisiva da protagonista. Vorrei poter curare l’aspetto artistico del progetto, tentando di portar avanti un’idea di serie un po’ filoamericana. Ho tante idee per dare un alito di freschezza e di vitalità alla televisione italiana. Sto anche producendo un videogioco virtuale che uscirà a fine 2014 ma che spero possa rappresentare una rivoluzione.

Per concludere, cosa si sente di augurarsi?
Mi auguro di andare verso luoghi che non conosco. Di fare cose che non ho mai fatto. Dopotutto il senso della vita sta nel cercare la propria direzione.

di Rosa Maiuccaro per Oggialcinema.net

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