Magazine Bambini

Flessibilità a comando

Da Lanterna
Come già accennavo in questo commento, in questa settimana convulsa (tra corse dal veterinario e improvvise scadenze di lavoro) c'è anche stato il colloquio con le maestre di Amelia.
Amelia mi è stata descritta come chiacchierona e socievole, ma anche molto pigra, distratta e incline a intristirsi e inventarsi malanni per evitare di portare a termine certe attività didattiche che non le vanno.
Anche se le maestre mi sono sembrate animate dalle migliori intenzioni, hanno detto cose come "è immatura", "vedremo (se chiedere un sostegno) quando faremo i colloqui per le elementari", "ne ha parlato con la pediatra?".
Hanno anche detto, a onor del vero, che molti bambini maturano durante l'estate e che Amelia stessa ha fatto progressi rispetto all'anno scorso (per esempio, sa usare il congiuntivo, a differenza di una delle due maestre - scusate la stronzaggine, ma questa cosa del congiuntivo non l'ho ancora metabolizzata).
Si è trattato di un colloquio di 10 minuti, come da scaletta (ma come fai a fissare i colloqui a intervalli di 10 minuti?), e mi ha lasciata un po' interdetta.
Se da un lato ho riconosciuto molte caratteristiche di Amelia e ho apprezzato che anche le maestre le abbiano notate (almeno sono certa che stanno parlando proprio di mia figlia, che non stavano facendo un discorso preconfezionato buono per tutti i bambini), dall'altro sono un po' perplessa che abbiano insistito tanto sulle sue caratteristiche negative. Senza per nulla considerare che spesso Amelia è realmente stanca, dal momento che di sera è capace di addormentarsi alle otto con la testa sulla tovaglia o addirittura di appisolarsi in macchina al ritorno dalla scuola e tirare fino alle sei del mattino dopo.
Poi sono assolutamente d'accordo con loro che a volte Amelia è incapace di focalizzarsi e si perde in un bicchier d'acqua, ma di solito le succede quando fa qualcosa di noioso e poco interessante, tipo vestirsi o mangiare qualcosa che non le piace da impazzire. Quindi deduco che le attività che non vuole portare a termine siano per lei noiose, e non posso darle torto: io non l'ho mai fatto, ma punteggiare deve essere una palla colossale.
Un'altra cosa che non mi è piaciuta è stata la loro reazione a una mia battuta. Loro mi stavano dicendo questa cosa del non focalizzarsi e del preferire attività più libere. Ed io, sorridendo e sostanzialmente dando ragione a loro, ho detto: "Eh sì, io dico sempre che Amelia è la mia figlia steineriana (per intendere che ama l'attività libera e creativa), mentre Ettore è il mio figlio montessoriano (perché si concentra maggiormente su un obiettivo)". Le due maestre si sono irrigidite come se avessi invaso il loro campo, quasi come se avessi detto "ma che state a rompere le balle a una bambina libera e creativa, Steiner vi farebbe un culo così", salvo poi distendersi quando hanno capito che non intendevo entrare in nessuna disquisizione pedagogica. E questo non mi è piaciuto, perché secondo me, se hai deciso di adottare un certo metodo didattico, devi sentirti serena nel confrontarlo con altre pedagogie. Ammesso che tu ne sappia abbastanza, delle altre pedagogie.
Infine, non mi è piaciuto il modo in cui si è concluso il discorso: mi hanno consigliato delle attività da far fare ad Amelia per stimolare la sua capacità di concentrazione. Ma si tratta di attività che mia figlia già fa con piacere: leggere un libro a puntate (ve li ricordate Amelia e Zio Gatto e Il gatto del rabbino?), fare giochi da tavolo (puzzle e memory, già presenti e amati), colorare (abbiamo stampe su stampe, e recentemente anche dei mandala). Ho detto: beh, sì, già lo facciamo, leggiamo spesso libri insieme. E la maestra ha risposto: E poi potreste anche fare un bel disegno con i personaggi.
Questa affermazione, apparentemente innocua, mi ha fatto capire che:
a) la maestra, che non ha figli come la maggioranza delle sue attuali colleghe, non ha la più pallida idea del tempo e delle forze che ci restano una volta tornati a casa;
b) la maestra non si rende conto che associare un'attività ludica a un obbligo quasi didattico (facciamo il disegno di...) significa disamorare il bambino nei confronti dell'attività ludica, non ammantare di piacevolezza l'obbligo.
Invece di ribattere, ho ringraziato e sono uscita: era tempo di lasciare il posto a un'altra mamma.
Mentre rifletto su questo colloquio, dentro di me si battono due anime.
C'è un'anima che odia i genitori che danno sempre ragione ai figli: ah ma il mio povero piccolo è un genio incompreso, eh ma è tutta colpa della scuola che gli tarpa le ali, eh ma questi esercizi sono troppi e sono difficili.
Ma c'è anche l'altra anima che conosce Amelia, ha collezionato altri pareri su di lei e si fa delle domande. Tipo: perché Caroline, la maestra di inglese, mi dice sempre tutt'altro su Amelia, ovvero che è entusiasta, che ascolta ed esegue bene, che è un piacere insegnarle? Oppure: perché Monica, la direttrice del nido di Amelia ed Ettore, mi dice che Amelia è intelligente e originale? Perché, quando vedo mia figlia ballare o inventarsi giochi, penso che sarà pure lunatica e cagacazzo, ma ha un'anima grande e bella?
Io cercherò di aiutarla ad uniformarsi a ciò che le richiederà la scuola, ma non perché lo considero giusto: semplicemente lo farò per permetterle di mettere a frutto i suoi talenti senza incagliarsi negli ostacoli della rigidità burocratica degli insegnanti. Nello stesso tempo, ogni volta che mia figlia si uniformerà al diktat della programmazione didattica, da un lato sarò felice per lei che supera un ostacolo, ma nello stesso tempo mi sanguinerà il cuore a vedere la sua libertà limitata.
E nel frattempo, sulla scorta di questa riflessione, mi chiederò: ma perché, mentre nella formazione agli adulti si fanno i salti mortali per andare incontro al discente, nella scuola sono i bambini a dover fare i salti mortali per andare incontro agli insegnanti? E non venitemi a parlare di soldi che non ci sono nella scuola pubblica, perché quello che chiedo io è davvero poca cosa in termini economici: si tratta di punteggiare una volta di meno per mettersi a intrecciare strisce di carta o giocare coi bottoni o infilare collanine. Si tratta magari di allargare i propri orizzonti e chiedersi: perché succede questo? E se provassi a fare quest'altro?
Non dico che la scuola pubblica debba per forza trasformarsi in una scuola montessoriana o steineriana. Ma credo anche che ormai gli insegnante di ogni ordine e grado abbiano capito che lo stesso approccio non va bene per tutti.
E allora? Allora, se non si fa nemmeno un tentativo per recuperare, se non si cerca un momento di riflessione (anche in comune con le famiglie, perché no?), se si rimane piantati sulle proprie posizioni, non si può essere certi di avere ragione e i bambini torto. Non si può chiedere a una famiglia di replicare al proprio interno le dinamiche della scuola, senza rendersi conto che può essere proprio la dinamica sbagliata a causare il problema di quel bambino. E tu, che sei un insegnante, sei al servizio di quel bambino e del suo apprendimento, non il contrario.

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