(Flight)
Robert Zemeckis, 2012 (USA), 138’
uscita italiana: 24 gennaio 2013
voto su C.C.

Due scene colpiscono più delle altre e mettono in luce la magistrale abilità di Zemeckis, apparso poche volte così efficace: una trasformerà in incubo tutti i vostri futuri viaggi in aereo, l’altra è destinata a far sobbalzare chiunque la stia guardando. La sequenza dello schianto è tanto originale quanto riuscita, uno studiato crescendo che raggiunge il climax qualche istante prima dell’effettivo impatto con il suolo, quando uno spaventoso e iperrealistico silenzio s’impadronisce del palcoscenico. Lo spettatore verrà precipitato (è il caso di dirlo) in un simile stato d’angoscia circa un’ora dopo, quando si troverà in compagnia dell’ombra di Whip di fronte al primissimo piano di una bottiglietta di vodka: situazione apparentemente innocua che catalizza però attenzione e pathos grazie al contesto, abilmente allestito dallo sceneggiatore John Gatins, e alla brillante intuizione di Zemeckis che affronta l’intera sequenza come si trattasse della più classica tra le scene “madre” del vostro thriller preferito, con tanto di porte cigolanti, tenebre infide ed una rassicurante guardia del corpo in bella vista, tanto per prendere ancora di più alla sprovvista l’ignaro spettatore. Flight è un film potente, sull’abisso della dipendenza ma anche sulla speranza che la redenzione sia in qualche misura sempre possibile, nonostante la strada per raggiungerla appaia lastricata di tentazioni. Questo è il percorso sul quale vediamo zoppicare Whip (alcolista “per scelta”, come afferma con tutta la presunzione che lo ha reso un formidabile pilota) ma anche camminare a piccoli passi Nicole (Kelly Reilly) tossicodipendente in rehab. Per entrambi il momento dello schianto è in qualche modo significativo, perché rappresenta l’inizio del viaggio verso la salvezza: mentre per la ragazza una overdose suonerà come finale campanello d’allarme, il capitano riuscirà ad aprire gli occhi solo affrontando le conseguenze delle sue continue menzogne sulla memoria della donna che amava (Nadine Velazquez). Contribuiscono alla riuscita del film proprio le validissime interpretazioni di questa inedita coppia; in particolare Washington, con il suo fascino rassicurante ed un’anima oscura sempre minacciosamente pronta ad apparire, regala una prestazione monumentale, che non gli varrà i giusti riconoscimenti solo perché in lizza con il prevedibile “asso pigliatutto” Daniel Day-Lewis (Lincoln). Ma si sa, le statuette contano poco.
Uscendo dalla sala resteranno delusi solo quelli giunti in cerca di qualche esplosione o di un machiavellico complotto; per tutti gli altri l’unica preoccupazione sarà osservare, con circospezione, il pilota del prossimo volo sul quale saliranno.