Qualche volta accade: accade che uno scrittore, per una maturazione certo convogliata dall’indole, sia condotto per mano nelle proprie storie fino al punto da esserne sedotto e diventarne dignitoso amante, voce volutamente impersonale di creature riconosciute come inaspettatamente troppo belle. L’opera Foglie di tabacco (Attilio Fraccaro Editore) dell’autore Marco Crestani, credo, abbia assunto vita propria in un modo imprevedibile.
Dopo un rigoroso studio storico ed antropologico sull’esistenza di una antica comunità di contrabbandieri, residenti nell’agro Canale di Brenta (all’inizio della Valsugana) nell’ultimo ventennio del 1800, lo studioso sensibile ha avvertito l’urgenza di abbandonare la scarsa cronaca documentale per affrontare un percorso squisitamente letterario, che si alimenta di verità più che altro intuite.
Così Crestani, andando a spulciare i documenti d’archivio dei tribunali, ha rinvenuto alcune note schematiche, del tutto burocratiche, di condanne comminate a certi poveri valligiani, per contrabbando di tabacco.
In quel tempo, dopo il passaggio della valle al nuovo Regno d’Italia, si è combattuta una lotta ostinata, e spesso sotto traccia, tra l’autorità statale che rivendicava diritti assoluti di monopolio sulla commercializzazione delle preziose foglie e la popolazione. Quest’ultima, gravata di endemica fame da miseria nera e, per sfortuna, nata in un territorio assolutamente senza alternative di sopravvivenza, si ingegnava a coltivare tabacco sulle masière terrazzate, in cambio dei pochi soldi che riconosceva il prevaricante cliente monopolista. Troppo pochi.
Dunque, con la consapevolezza di un destino assegnato, violento senza scampo, si era consolidata una rude genealogia di contrabbandieri per necessità. Ricevevano dai contadini la preziosa polvere da fiuto, o le foglie di tabacco, da vendere fuori dal circuito regolare. Proprio i contadini, a loro volta, erano coinvolti e alimentavano il commercio, per così dire malavitoso e parallelo, grazie a poche piante cresciute in qualche appezzamento occultato che riuscivano a sottrarre ai controlli arcigni delle guardie di stato.
Marco Crestani si è fatto aedo di queste storie di guardie e ladri senza fulgore. Ha raccolto testimonianze orali ancora vive nelle reminescenze dei vecchi valligiani. Ha ascoltato con compassione i casi che ogni famiglia conserva, come memoria che richiama in vita anche il dolore senza fine, ma di cui ora va orgogliosa, nel rispetto della scelta disperata di sopravvivenza fatta dai propri antenati.L’appassionato di storia si è dunque trasformato in un sensibile cantore di un mondo davvero epico, popolare, fatalmente condannato all’oblio che spazza inesorabilmente il terreno dei comuni mortali e ne annichilisce l’eroismo esistenziale, pur unico.
Marco Crestani ha anche dato un volto, ad uno ad uno, ai suoi contrabbandieri. Per ognuno di loro un breve, intenso racconto. Ma accompagnato da una immaginaria fotografia formato tessera, per scelta visionaria e creativa, tale che potesse rievocare uomini e donne di carne e sangue, appartenuti ad un’epoca che non aveva ancora confidenza con questa nuova arte dl ritrarre.
Così può ancora rivivere l’amore di Giovanni per la veneziana Viola, rara villeggiante di un’altra casta, in un sentimento tanto intenso e ingenuo da costringere il giovane contadino persino a lavarsi i denti, per la prima volta in vita sua. E si avverte il freddo notturno nelle ossa di Orso e Polpetta. E ci coglie il fruscio del vento, riconosciamo i segnali convenuti, siamo presi dalla paura, amiamo le donne silenziose e piene di coraggio, temiamo gli spari dei gendarmi, ci sorprende l’umidità calda del sangue… La scrittura dell’autore è un piccolo capolavoro: sempre controllata anche quando è struggente, carica di sentimento senza indulgenze retoriche che stanno sempre in agguato, quando si parla di vite, di caratteri estremi.
Attraverso l’uso di una lingua semplice nella forma, ma accurata nella selezione meditata di ogni parola, questa raccolta di racconti diviene romanzo unitario, per sovrapposizione di vicende in cui si avverte un amalgama, ma anche per la voluta indeterminatezza di certi epiloghi che lasciano al lettore il gusto dell’immaginazione e suggeriscono magiche connessioni. Resta intatta l’emozione di proseguire un viaggio pericoloso accanto all’amico contrabbandiere, di cui si sente il respiro ansimante, mentre risale i ripidi sentieri con uno zaino di foglie di tabacco: sappiamo che il suo carico è più importante della vita.
(Commento di Roberto Masiero)
Marco Crestani, Foglie di tabacco, Attilio Fraccaro editore, 2013.