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Follia Almodovar

Creato il 03 ottobre 2011 da Alesan
Follia AlmodovarAll'uscita dalla sala il senso di stranezza mi ricorda abbastanza da vicino quello che aveva seguito la visione di Crash, film degli anni '90 diretto da David Cronenberg che non fu amato dal pubblico ma premiato dalla giuria di Cannes. Il mio giudizio su Crash è tuttora sospeso, non sono mai riuscito ad esprimere qualcosa di soggettivo se non un "vallo a vedere e decidi". Perché non è un film che si possa giudicare o meno, tanto è deprimente e malato in ogni suo fotogramma ricco di cicatrici e ferite, un film freddo, gelido, che ti immobilizza nel nulla. Crash non assomiglia per niente a La pelle che abito di Pedro Almodovar, ma anche qua mi ritrovo in una situazione che mi spinge a dire "vallo a vedere". Il giudizio, più che in altre circostanze, non può che essere il tuo. Pur non essendo appassionato dei film del regista spagnolo ho trovato questa sua ultima fatica intrigante e ben costruita. Diffidate da quanto si legge nei commenti on-line, molte cose sembrano scritte da persone che il film forse non lo hanno nemmeno visto. Cosa accomuna Crash a La pelle che abito? Nulla, forse, a parte il mio stato d'animo. E la follia, la lucida follia che rincorre lo spettatore da inizio a fine film dove i protagonisti di entrambe le pellicole sono persone normali, inserite in una società normale ma con una mente estremamente labile e maledetta.
La pelle che abito è un film che sposa come altri di Almodovar un'ottima fotografia, realista e lucida; una ossessione forte per il dettaglio, inserita in un contesto drammatico dove tutti  personaggi si muovono a meraviglia e il paradosso regge il peso della pazzia che trasuda ogni secondo. Una ricostruzione perfetta spazio-temporale intrappola le domande dello spettatore fino alle verità spiazzanti prima di un finale tanto scontato quanto inevitabile. Anche se trama e ambientazioni non hanno niente a che vedere con Crash, è la stessa idea di locali fuori dal tempo e di spazi talvolta troppo asettici a rendere il film per lunghi tratti angosciante. Sono due pellicole malsane dove si insegue la logica di una follia che da una parte è l'ambizione di ricondurre il tutto al rapporto uomo-macchina, dall'altra un tratto sull'etica delle scienze e della chirurgia plastica e su quei doppi fondi sconosciuti di ciò che è la medicina, nel senso più esteso del termine, oggi, un'idea di ricongiungere le ambizioni della gente ed il rapporto con il proprio corpo e quello degli altri.
Ovviamente non è tutto lì, ed è difficile intendere quante porta possa aprire nella nostra testa un film come questo, che utilizza uno stratagemma per parlarci di una questione finendo per farci riflettere su altro. Ma Almodovar è bravo, non dimentica di abbozzare al sentimento umano, non solo alla sua follia, ma anche alla volontà di primeggiare e di possedere, di comandare e di prevaricare. Cita costantemente la vendetta, cardine di tutto il film, così come l'amore, il sentimento, tutti inquadrati in un'ottica folle e naturale allo stesso tempo. Non vi dirò se (secondo me) è un bel film o no, vi dirò di andarlo a vedere, di pazientare sui momenti che sembrano appesantire il tutto e di gustare come la telecamera scopra piano piano tutto il noir che spinge con forza per fuoriuscire dalla trama. Poi il giudizio potrà rimanere anche eternamente sospeso, ma sarete convinti di aver fatto un viaggio in un luogo tanto familiare quanto assurdo e sconosciuto e di non essere più convinti che il mondo là fuori sia popolato, almeno ogni tanto, da persone "normali".

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