Scrivere spesso significa crescere. Chi in gioventù ha tenuto un diario sa quanto le pagine scritte aiutino a vedere i fatti della vita con maggiore chiarezza e ad affrontare i momenti difficili con le idee più chiare.
Carlo Giuseppe Gabardini, attore e sceneggiatore, noto al grande pubblico soprattutto per aver impersonato Olmo nella serie Tv Camera Café, ma anche per il coming-out sulla sua omosessualità, finito in prima pagina di Repubblica nel 2013, deve aver sentito prepotentemente questa necessità di raccontarsi visto che ha scritto, sotto forma di lettera al padre scomparso anni fa, un memoir che diverte ed emoziona.
Pubblicato da Mondadori, Fossi in te io insisterei è un libro contro le etichette, le definizioni, le porte chiuse, le strade a senso unico, un libro che rivendica il diritto a essere ogni giorno diversi pur restando se stessi e senza tradire i propri principi morali. È un libro che parla di omosessualità e lo fa con intelligenza, ma sarebbe un errore pensare che si tratti dell’argomento centrale.
Ci sono parecchi omosessuali che sostengono che tutti dovrebbero fare coming-out e si impegnano pure a convincere coloro che ancora non l’hanno fatto. Io non voglio convincere nessuno, penso che il coming-out sia un percorso personale, che non riguarda il solo attimo in cui lo dici a tua mamma o ai tuoi amici, inizia molto prima col dirlo a se stessi e trovando il modo per accettarsi, e soprattutto penso che chiunque debba prendersi il proprio tempo, non lo si può imporre, è un cammino intimo, privatissimo, da gestire con delicatezza.
Nonostante le numerose pagine dedicate all’omosessualità il vero protagonista di Fossi in te io insisterei è il padre di Gabardini, morto di tumore quando lo scrittore era ancora un ragazzo. Un padre avvocato, amante di Proust e dall’etica irreprensibile. Un padre che nella vita di Gabardini ha lasciato un’impronta essenziale, che l’autore sottolinea attraverso il monologo del libro, che non narra di mirabolanti avventure e imprese da fantascienza, bensì dell’esistenza quotidiana di una persona e di una famiglia come tante.
Il titolo del libro è tratto da un episodio ben radicato nella memoria dell’autore, bocciato al terzo anno della Civica scuola d’arte drammatica Paolo Grassi, per “un’esuberanza difficilmente controllabile sul piano della produzione scenica”, “difficoltà nell’uso della voce, problemi di dislalie e rotacismi”. Demoralizzato, il giovane Gabardini confessa al padre la sconfitta e gli annuncia che lascerà la recitazione per iscriversi a legge e seguire le sue orme. La risposta, sorprendente, di quest’uomo tutto d’un pezzo, ma sensibile, è proprio «Fossi in te io insisterei».
«Insistere» è un buon termine, perché non contiene la certezza di farcela, perché pone l’accento sul cammino e non sulla meta, la quale all’improvviso diviene meno indispensabile, dunque più raggiungibile.
Gabardini non è un divo di Hollywood o uno sportivo di successo eppure le sue pagine si leggono con interesse perché hanno in sé la semplicità del racconto di un amico, di un vicino di casa, quella “normalità”, unica per ciascuno di noi, in cui tanti, tantissimi lettori potrebbero riconoscersi.
Fossi in te io insisterei è fatto di pagine malinconiche e altre esilaranti, di episodi banali e altri curiosi, di riflessioni condivisibili o meno, ma è un libro vero, ricco di umanità che rende Gabardini un personaggio simpatico anche a chi non ha avuto modo di conoscerlo in Tv o nei suoi numerosi video su Youtube.
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