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Foto di gruppo

Creato il 13 novembre 2012 da Casarrubea
Da dx Sarinu Badalamenti, Gaetano B., Masi Impastato, Luigi Impastato Cesare Manzella, l'on.Pandolfo

Da dx Sarinu Badalamenti, Gaetano Badalamenti, Masi Impastato, Luigi Impastato, Cesare Manzella, l’on.Pandolfo

Non capita tutti i giorni di trovare documenti scritti o fotografici di quella che è stata ed è la vita interna della mafia. E per il semplice motivo che nel costume mafioso lasciare simili tracce sarebbe un fatto contrario alle buone regole, una grave trasgressione a certe norme ‘interne’ di sicurezza e di comportamento. Ma se ci si imbatte in materiali del genere, vuol dire che ci si trova davanti a qualche fatto di eccezionale rilievo, che solo per la sua rilevanza può giustificare la trasgressione di una regola ferrea, alla quale Cosa Nostra non può concedere deroghe se non, per l’appunto, in presenza di un evento del tutto particolare, quasi da consegnare alla storia.

Si tratta, nel nostro caso, di due foto dell’archivio privato della famiglia Impastato, quella di don Luigi, cognato di Cesare Manzella, il capomafia di Cinisi fino a quel fatidico 26 aprile del 1963, giorno in cui una carica di tritolo lo fece saltare in aria con una Giulietta. La prima auto-bomba nella storia della mafia.

La prima ritrae Cesare Manzella in atteggiamento distratto nel contesto di un gruppo di mafiosi tutti intenti a guardare l’obiettivo del fotografo: portano occhiali da sole e si presume che ci sia la bella stagione. Il Manzella sembra volere intenzionalmente guardare altrove, dalla parte di Leonardo Pandolfo, un distinto signore con le mani in fianco, anche lui sul bordo circolare dell’aiola, attaccato a don Cesare. Il messaggio che dànno è significativo: tutti si sono sforzati di stare in posa su quel bordo, comunicando una sorta di gerarchia nei ruoli: in posizione assolutamente preminente è don Masi Impastato, il vecchio patriarca di Cinisi, con coppola e occhiali scuri. I suoi piedi sono poggiati sulla parte del bordo più vicina all’obiettivo. Sembra reclinato all’indietro e, in tale posa, quasi a sostenersi, poggia la mano sinistra sulla spalla di Sarino Badalamenti, l’unico escluso, per ragioni di spazio, dall’opportunità di trovare collocazione in quel reale, e semiologicamente importante, anello circolare. Il duo Sarino Badalamenti-Masi Impastato, offre la chiave di lettura sulla struttura del gruppo. Il primo, in abito scuro e fazzoletto chiaro nel taschino esterno della giacca, è decisamente il più elegante.

Ha lo stesso abito scuro di Manzella e Pandolfo, e tutti e tre sembrano avere partecipato a una stessa cerimonia, mentre Luigi Impastato, don Masi e Tano Badalamenti sembrano essere intervenuti per fare, adesso, compagnia agli amici, unirsi a loro per un ulteriore prosieguo di conviviali incontri. Ma è una semplice impressione. Di fatto tutto il gruppo è , ciascun componente a suo modo, elegante. Don Masi in doppio petto e cravatta, don Tano con pantaloni larghi a risvolti: sta dietro a don Masi, come a custodirlo; il duo Cesare Manzella-Pandolfo, sembra avere un suo distacco, mentre don Luigi, anche se al centro delle due coppie descritte, appare nettamente in posizione marginale, all’opposto del punto del bordo circolare, dove tiene i piedi il grande patriarca. Sullo sfondo s’intravede la presenza di qualche sparuta persona: un tizio che forse se ne sta andando, o guarda circospetto attorno, o fa qualcosa d’altro. Lo sfondo è una parte del frontale del muro esterno del Municipio di Cinisi, seicentesca costruzione di proprietà un tempo dei monaci benedettini, sulla quale si aprivano tre porte che davano accesso ai circoli dei civili.

Si trovavano tutti a piano terra. Elemento identificativo di questa parte è la cuspide del muro stesso. S’intravede anche la parte terminale di una macchina che lascia pensare a una vettura della fine degli anni ’50, forse di tipo americano. Fin qui l’eccezionalità del fatto sta nel documento in sè. In realtà, però, la foto diventa un pezzo unico per un altro motivo. L’elegante signore con le mani in fianco, non è uno qualunque. Fu assessore regionale dei Beni Culturali e della Pubblica Istruzione della Regione Sicilia, eletto nel governo dell’isola nel maggio del 1995. Dagli anni ’50 con don Cesare, agli anni ’90 nel governo della giunta Graziano. Quello che era fianco a fianco del boss di Cinisi era cioè, la persona preposta a fare attuare e sviluppare le attività culturali ed educative contro il fenomeno mafioso, come vuole la legge 51/’80. L’onorevole si giustifica: “E’ una foto in circolazione dal ’93, scattata 43 anni orsono davanti la sede del comitato festeggiamenti in onore della Patrona, di cui facevo parte assieme a un centinaio di persone, per nomina del sindaco. In quel tempo -continua l’onorevole- nessuno parlava del Badalamenti nei termini attuali”.

Ma nessuno parlava di don Tano, come se ne parla oggi. Tutti però sapevano chi era. Sapevano soprattutto chi erano gli altri galantuomini del gruppo. E poi, perchè tra tutte quelle centinaia di persone che componevano la santa congregazione dei festeggiamenti, un assessore andò a scegliersi proprio questa bella compagnia con cui immortalarsi? Sarà stato un caso fortuito.

Il circolo dei Vaccari. In basso lo stalliere di Masi Impastato, il terzo da sx Giuseppe Mazzola, da dx Pandolfo e Nick Impastato

Il circolo dei Vaccari. In basso lo stalliere di Masi Impastato, il terzo da sx Giuseppe Mazzola, da dx Pandolfo e Nick Impastato

A contraddire questa affermazione interviene, però, una seconda foto che non pare proprio si riferisca alla stessa cerimonia, perché l’assessore ha un abito diverso, e poi non ci sono né don Cesare né don Tano, che certamente non dovevano essere in paese, quel giorno. Ci sono, al contrario, tutti quelli del circolo dei “Vaccari”: Giuseppe Mazzola che ancora non era morto ammazzato assieme a Binnardinu (Antonino Palazzolo-1961), nella piazza di Cinisi; Nick Impastato, uno dei capi della Mano Nera americana, don Masi Impastato e don Luigi Impastato, quest’ultimo il proprietario della foto.

Guarda caso, l’onorevole è sempre accanto al più autorevole personaggio del gruppo: nel primo caso don Cesare, allora molto più importante di don Tano, nel secondo Nick Impastato, personaggio di spicco della mafia siculo-americana. Sul Giornale di Sicilia del 31 maggio l’assessore ci fa sapere che la Mano Nera fu costituita a New York intorno al 1880 e che quindi egli nella foto si troverebbe con un uomo centenario, stando alla didascalia della foto. Ha ragione. Nick Impastato, che nella foto ha l’apparente età di 70 anni, non poteva aver fondato quella terribile organizzazione criminale. Ma che differenza fa? E’ una questione di date o di persone? E’ o non è quello al quale l’assessore sta accanto Nick Impastato? E agli alunni ai quali i professori spiegheranno la storia della mafia, gli usi e i costumi e certe cattive compagnie, abituali, un tempo, a diversi livelli, cosa diranno volendo spiegare queste due belle foto?

Ma perché poi lasciarne traccia? Quale straordinario evento le rese necessarie? Cosa si doveva immortalare? Se si fosse trattato di una semplice foto di gruppo, ce ne dovrebbero essere a migliaia in circolazione, dappertutto. Invece sono delle foto uniche, preziose. E il perché si può evincere dalla data che lei ci indica: 1952. Forse si dovrebbe correggere a 1956-’57, che furono anni molto movimentati nella storia della mafia, determinarono svolte decisive, specialmente per quanto riguarda il traffico degli stupefacenti e i rapporti con la mafia americana. Vi ricordate il famoso convegno di Apalachin? E il misterioso summit della mafia internazionale all’Hotel delle Palme di Palermo? Si svolsero proprio in quegli anni. Se le indagini potessero accertare che l’eccezionalità dei fatti produssero anche una certa eccezionalità nei comportamenti avremmo finalmente i nomi di alcuni boss che parteciparono a quello straordinario incontro internazionale.

Quanto all’onorevole, vogliamo rispondere con quanto scriveva Peppino Impastato ( che tanto lo bistrattava) in una farsa carnevalesca, ancora inedita: Essere, non essere, cercar d’essere; /questo è il grave trilemma./Saran fonte di benessere/questo o quest’altro stemma? Peppino si chiedeva se la vita democratica potesse trarre un qualche giovamento dall’esistenza di partiti fondati sulle consorterie, su logiche clientelari, sulla totale assenza di progetti di sviluppo economico. Ma si sforzava anche di farci capire quanto sia importante la ricerca della propria identità, al di fuori delle apparenze.

Giuseppe Casarrubea


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