Fra fiat e "fabbrica italia" (mancante): quali domande?

Creato il 23 settembre 2012 da Alessandro @AleTrasforini

Grazie ad un "clima cordiale" maturato in un "confronto cordialmente formale" è stato possibile recepire che, almeno per questa dichiarazione, l'azienda rappresentata da Marchionne non dovrebbe lasciare l'Italia. Condizionale d'obbligo, ovviamente.  Stando a fonti attribuite ad Ansa, infatti, i numeri della "Fiat spa" nel mondo sono impressionanti: 155 stabilimenti, 77 centri di ricerca esistenti e (circa) 197mila dipendenti. In mezzo a tutti questi, le cifre "attribuibili" all'Italia sono le seguenti: 46 stabilimenti, 38 enti di ricerca con il 32% (quasi) di dipendenti rispetto al totale. Queste cifre potrebbero (o dovrebbero, a seconda delle sfumature) subire qualche calo grazie alla prosecuzione del rapporto con Chrysler?  La risposta a tale domanda sembra purtroppo scontata, in quanto sono sempre maggiori ed evidenti le "difficoltà" che la base produttiva sta incontrando nel lavorare: cassa integrazione, turnazioni e chiusura degli stabilimenti sono (purtroppo) solo alcune delle parole con cui il "settore Italia" si sta confrontando. Nonostante le rassicurazioni rimangono, comunque, le molt(issim)e altre occasioni in cui lo stesso Marchionne aveva ventilato come evitabile la possibilità di rimanere in Italia: dalla delocalizzazione alla fuga, dunque?  Quali potrebbero essere, invece, le sue prossime dichiarazioni? Potrebbe forse pretendere ulteriori certezze e/o garanzie per non abbandonare (definitivamente) l'Italia, innescando un (im)pietoso gioco delle parti con lo Stato?  Stando ai precedenti non sembra esserci, purtroppo, quasi niente di buono: cosa ne è stato del piano economico e degli investimenti previsti per la tanto decantata "Fabbrica Italia"? Cosa ne sarà di quel meraviglioso piano sintetizzabile attraverso la frase "nasce una nuova fabbrica e appartiene a tutti noi"?  Stando ad una pubblicità diffusa nel passato, infatti, lo scopo della decantata "Fabbrica Italia" era stato chiarissimo sin dalla prima campagna propagandistica:  "Un cammino da fare tutti insieme per rendere gli italiani di domani orgogliosi...di quelli di oggi". Sentendo poi frasi, magari anche estrapolate dal contesto in malo modo, come "Senza l'Italia la FIAT potrebbe fare di più" quello stesso orgoglio rischia di finire, purtroppo giustamente, sotto la suola delle scarpe degli stessi "italiani di oggi&domani". Guardando invece allo stato della Fiat, invece, si nota un grandissimo stato di salute; guardando ad un'infografica sul numero odierno de L'Unità, infatti, gli utili nella cosiddetta "Era Marchionne" sono stati assolutamente ingenti (dati  in milioni di euro, nds):  
  • 2004: -1579;
  • 2005: +1420;
  • 2006: +1151;
  • 2007: +2054;
  • 2008: +1721;
  • 2009: -848;
  • 2010: +600;
  • 2011: +2352;
  • 2012: +2250 (previsione obiettivo). 
Nonostante queste cifre (e nonostante lo stipendio dell'amministratore delegato), infatti, uno degli obiettivi dell'incontro di ieri con il Governo sarebbe stato afferente alla disponibilità nell'utilizzare la cassa integrazione in deroga - finanziata integralmente dallo Stato- per i lavoratori della stessa Fiat.  Dove è scappata, pertanto, questa voglia di costruire quella "Fabbrica Italia" capace di rendere orgogliosi gli "italiani di oggi&domani"?  Sta forse, neppure troppo lentamente, delocalizzando anche lei? Le agevolazioni statali brasiliane citate dall'Ad Marchionne nel confronto a distanza con il Ministro Passera sembrano confermare, purtroppo, questo "trasloco". Definire delusi attualmente i lavoratori e gli "interessati" all'indotto Fiat sembra essere, allo stato attuale, un vero e proprio eufemismo.  Nonostante qualunque sforzo di interpretazione delle politiche industriali e manageriali di questa "Fiat group", comunque, nessun italiano può definirsi competente ed autorizzato a proporre qualche soluzione "alternativa": solo l'ad Marchionne sembra essere l'unico autorizzato a procedere.  Qualora il gruppo Fiat dovesse chiedere ulteriori aiuti e/o finanziamenti allo Stato, sarebbe possibile richiedere contemporanei investimenti in mezzi per incentivare la cosiddetta "mobilità alternativa"? Servirebbe forse inquadrare nuove forme di mobilità "pulita", per poter quantomeno (ri)costruire una "Fabbrica Italia" industrialmente riconvertita rispetto alla precedente? Servirà ancora per quanto produrre esclusivamente automobili e chiudere tutte le realtà che si occupa(va)no di investire su strumenti per la mobilità differenti (cfr. Irisbus)?   Inquadrare la Fiat in un contesto di responsabilità sociale di impresa maggiormente stringente potrebbe definire un quadro non ottimale dentro il quale fare muovere l'intero gruppo della (decantata) "Fabbrica Italia". Sullo sfondo, restano le parole di una pubblicità con un meraviglioso bambino che va inseguendo il sonno: "Ok, dato che non vuoi dormire, adesso ti racconto di questo piano industriale [...] in 5 anni raddoppio la produzione di veicoli in Italia e aumento le esportazioni...anche in America! Raddoppia la produzione, raddoppiano le possibilità anche per me...e allora mi chiederai 'Io cosa faccio?' Non lo so, per esempio posso comprare un'auto italiana...il colore lo scegli tu magari, eh?"  Fra rosso, bianco e verde emerge, infine, un motto che (ad oggi) è un misto fra miraggio e barzelletta: "Le cose che creiamo ci dicono cosa diventeremo".  La domanda seguente ed ovvia a questa affermazione potrebbe essere, purtroppo, una sola: quando non crei niente, magari distruggendo invece qualcosa, cosa rischi di diventare? Agli "italiani di oggi&domani" l'ardua risposta. 

Per saperne di più:  "Monti-Marchionne: tensioni sulla cig e sugli investimenti", L'Unità, N.Andriolo, 23-9-2012;
"Fiat Spa nel mondo", "Perdite e utili nell'era Marchionne", L'Unità, 23-9-2012;
"I lavoratori delusi non si attendono niente di buono", L'Unità, M.Tedeschi, 23-9-2012.
"Spot Fiat Fabbrica Italia - 2010" (http://www.youtube.com/watch?v=dX8lPXfEpsc)

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