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Fra grazia e martiri

Creato il 03 agosto 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Fra grazia e martiriLa sentenza definitiva emessa nei confronti di Silvio Berlusconi viene presentata dai deputati del Pdl come l'ultimo atto infamante volto a concludere il martirio. E' facile immaginare le conseguenze in Via dell'Umiltà: lo sguardo perso di Bentivoglio Angelino rivolto verso un punto indefinito nel cielo, mentre esclama – sconcertato dalla foga delle toghe – "Papi, perdonali per quello che sanno". Così, mentre Sandro Bondi sul Giornale di famiglia avverte la necessità di "trovare un nuovo equilibrio fra poteri dello Stato", un equilibrio che naturalmente consenta ad una precisa persona di ottenere non più l'immunità ma l'impunità assoluta dato l'andazzo dei tempi, gli altri dirigenti del partito avanzano a gran voce la nuova proposta, quella su cui concentrare ogni sforzo futuro.L'idea di fondo è reclamare la grazia al Colle con una campagna incalzante simile a quella già posta in essere ai tempi dell'affaire Sallusti. Sì, perché Napolitano, supremo garante delle larghe intese, si sarebbe mostrato inadatto a garantire le condizioni indispensabili per la «pacificazione nazionale», quindi ora dovrebbe rimediare. Appare chiaro che durante le consultazioni, fra le garanzie offerte in nome e per conto della stabilità dell'Esecutivo Letta, vi fosse una sorta di lasciapassare giudiziario nelle mani del Cavaliere. Carioti, su Libero, ha riassunto la posizione del centrodestra a perfezione: «Berlusconi quello che doveva fare l’ha fatto, il senso delle istituzioni che doveva dimostrare l’ha dimostrato. Adesso, ragionano i suoi, sta a Napolitano far vedere quanto ci tiene a creare un clima diverso nel Paese. Concedendo la grazia a Berlusconi, è il ragionamento che faceva ieri notte chi usciva da palazzo Grazioli, chiuderebbe davvero la guerra dei vent’anni».
Il mito della guerra, combattuta dal Pelide Silvio, viene strumentalmente adoperato con sapiente furbizia: già collaudato nel processo Ruby, torna in auge quando si parla di conclamata evasione. L'intento è far credere che dietro qualsiasi accusa rivolta al fondatore di Forza Italia vi sia la schiuma alla bocca di una banda di comunisti laureati in legge. Il fatto che le inchieste siano tante e diverse, che i procuratori di Milano in questi anni siano cambiati, che comunisti ortodossi nel nostro paese non se ne trovino più nemmeno col lanternino, tutto ciò non scalfisce la sicurezza degli yesman di Arcore. I quali, anzi, rilanciano una grande manifestazione a difesa del Cavaliere, indiscusso ed indiscutibile padrone del centrodestra.Come sia possibile difendere l'immagine politica di chi ha compiuto un siffatto tipo di reato è davvero un mistero (oggi il Financial Times auspica espressamente un “sipario calato sul buffone di Roma”), ma ancor più ridicola risulta la pretesa del governo in carica di contrastare l'evasione affidando eventuali strette ad una maggioranza condizionata dal volere di un pregiudicato. E' il Partito Democratico, ancora una volta, a essere silente comparsa in questa sorta di dramma italiano. Ripiegato su se stesso, il Pd esige garanzie da parte di chi, semmai, è abituato agli avvisi di garanzia, un curioso caso di tafazzismo cronico. Di più: alcuni dirigenti si spendono in teoremi filosofici. Berlusconi, dicono, va sconfitto nelle urne, non nelle aule giudiziarie. Verissimo, ma come ha notato ieri Giuseppe Di Lello sul Manifesto, “in uno stato di diritto, dove la separazione dei poteri è il cardine della democrazia, anche le sentenze svolgono il loro ruolo di controllo della legalità e da esse non si può prescindere”. Spiegatelo a Violante che, fra l’altro, nella sua vita professionale non era certo una velina.
G.L.Fra grazia e martiri

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