La seconda settimana di Giro inizia con una tappa che vede partenza e arrivo in terra toscana, la Sansepolcro Firenze. Prima del traguardo i corridori hanno percorso anche un pezzo del “circuito mondiale” Firenze 2013, anche se in senso inverso rispetto all’appuntamento iridato.
La nona tappa ha visto “arrivare” un’altra fuga da lontano con il russo Belkov, il classico passistone dell’est europa, bravo a gestirsi nelle numerose se pur brevi salite che hanno caratterizzato la tappa e a dare il meglio di se nei pezzi in piano o falsopiano (come gli ultimi chilometri) che esaltano le sue caratteristiche. Il russo da anni risiede in Toscana, più precisamente a Prato, quindi si può dire che ha vinto in casa. Secondo è arrivato il colombiano Betancur protagonista di una disperata rincorsa negli ultimi 10 chilometri. Non era stato avvisato che davanti a lui c’era un altro corridore in fuga così sul traguardo ha festeggiato inconsapevolmente una “non vittoria”. Fra gli uomini di classifica confermano le brutte impressioni dei giorni precedenti il favorito Wiggins, sempre in difficoltà in discesa forse per un fatto psicologico e il canadese Hesjedal vincitore l’anno scorso che si è staccato sulla collina di Fiesole ed è arrivato al traguardo con oltre un minuto di distacco dagli altri uomini di classifica.
Lunedì è stato il primo giorno di riposo del giro, utile a tirare un po il fiato prima delle montagne previste nelle prossime tappe. In questo giorno la carovana ha lasciato il centro sud d’Italia per trasferirsi definitivamente al nord.
La decima tappa Cordenons Altopiano del Montasio è stato il primo arrivo in salita del giro 2013. Doppietta colombiana con Uran, che almeno fino a questa tappa sembra più in forma del suo capitano Wiggins e forse la Sky farebbe bene a puntare su di lui come capitano, e Betancur. Gruppo maglia rosa, regolato da Nibali che così si aggiudica anche l’abbuono previsto per il terzo posto è arrivato a 31 secondi dal vincitore. In questo gruppo faceva parte Evans, l’unico che fino a questa tappa sembra impensierire lo squalo dello stretto per la vittoria finale. Male Wiggins che anche oggi prende 38 secondi dall’italiano, e tutti in salita, e male Scarponi che arriva praticamente con Wiggins e malissimo Hesjedal che esce dalla classifica essendo arrivato con oltre 20 minuti di svantaggio. La differenza in questa tappa più che da uno scatto secco o da una azione da campione l’hanno fatta le pendenze che in alcuni punti sono arrivate anche al 20%. Ottimo Santambrogio che arriva con la maglia rosa e al momento si trova settimo in classifica generale a poco meno di 3 minuti da Nibali.
L’undicesima tappa, la Tarvisio Vajont è la classica tappa da media montagna e da metà giro, adatta all’arrivo della fuga da lontano e ai cosidetti cacciatori di tappe. Due salite caratterizzano il percorso, abbastanza lunghe ma dalle pendenze non troppo cattive, quindi gli uomini di classifica hanno preferito starsene in gruppo e aspettare le prossime tappe più adatte a fare la differenza e a “far saltare il banco”, per citare Gibo Simoni. Infatti arriva la fuga, più o meno a metà percorso si avvantaggiano in 20, fra i quali spiccano Pirazzi in eterna ricerca di punti per la maglia blu di miglior scalatore, fino a qualche anno fa era verde ma per motivi di sponsor hanno deciso di cambiare colore, e Di Luca alla ricerca forse dell’ultimo acuto di una bellissima carriera. Ma alla fine la spunta il lituano Navardauskas che riesce a sfruttare le sue doti da passistone e si impone sul traguardo del Vajont. La tappa è stata intitolata al ricordo delle vittime del disastro 1963, quando la diga di un bacino artificiale idroelettrico ha ceduto a causa delle frane e ha provocato morte e distruzione in tutta la vallata.
La dodicesima talla, la Longarone Treviso, è la classica tappa di spostamento, un po ondulata in partenza ma sprint doveva essere e sprint è stato con la solita vittoria di Mark Cavendish che con questa fa 100 da professionista. Doveva essere una tappa tranquilla per gli uomini di classifica ma Wiggins proprio non digerisce l’acqua e il clima autunnale di questo Maggio che gli hanno procurato un’infezione polmonare e un forte raffreddore. Anche oggi si stacca e prende 3 minuti e 35 secondi dal gruppo dei migliori arrivato compatto. La tappa è stata caratterizzata da una fuga a cinque ripresi a poche centinaia di metri dal traguardo. Forse senza la crisi di Wiggins anche oggi sarebbe arrivata la fuga ma le squadre degli uomini di classifica, soprattutto la BMC di Evans, saputo della crisi dell’inglese hanno tirato a tutta per guadagnare il più possibile. Curiosità: il km 0, cioè il momento in cui viene dato il via ufficialmente alla tappa è stato posticipato di qualche chilometro a causa della pioggia e 4 su 5 uomini della fuga sono caduti nella stessa curva per l’asfalto scivoloso. Questa tappa è la dimostrazione che al Giro non si può dare nulla per scontato e anche la tappa più insignificante nasconde mille insidie.
La tredicesima tappa, corsa di Venerdì 17, la Busseto Cherasco ha vissuto forse le sue emozioni più forti prima della partenza. Se si è superstiziosi, dati i numeri della tappa, non ci si può stupire se prima del via si sono ritirati due dei grandi favoriti della vigilia, Wiggins e Hesjedal. Il primo fermato dai malanni dei giorni scorsi, il secondo probabilmente non ci ha capito molto del giro di quest’anno, dopo aver vinto quello dell’anno scorso. Ora il giro sembra una corsa a due fra Nibali e Evans con Scarponi, Uran e Gesink pronti ad approfittare di un passo falso dei due, ma probabilmente consapevoli che si possono giocare solo il terzo gradino del podio. Anche questa tappa è arrivata in volata e manco a dirlo ha vinto…. Cavendish. Ormai non fa più notizia. Le squadre degli altri velocisti hanno cercato di tenere alta l’andatura nelle poche salite che hanno caratterizzato il percorso per cercare di sfinire il corridore Mannese, che notoriamente soffre anche i cavalcavia, ma senza riuscirci. Busseto è la città natale di un certo Giuseppe Verdi, e il giro ha voluto omaggiare il grande compositore italiano nell’anno del duecentenario della sua nascita.
Con la quattordicesima tappa, la Cervere Bardonecchia si inizia a fare sul serio. Iniziano le grandi montagne alpine. Infatti questa tappa prevedeva per i ciclisti la scalata del Sestriere sopra i 2000 metri e l’arrivo in salita a Bardonecchia a quota 1900 metri. Ho detto prevedeva perchè il Sestriere è stato annullato a causa del maltempo. La carovana lo “aggira” passando per la Val di Susa. Niente immagini televisive e radiocronaca d’altri tempi per la rai affidata alle solite voci di Davide Cassani e Francesco Pancani. La tappa oltre che dal mal tempo è stata caratterizzata da una fuga a quattro, Paolini, Trentin, Pietropoli e Colbrelli ripresi ai meno due chilometri dall’arrivo. Una brutta caduta per Battaglin e Vanotti che sono costretti al ritiro. Gli uomini di classifica si muovono negli ultimi chilometri dell’ultima salita con Nibali che vuole fare selezione. Solo Santambrogio, sempre più sorpresa di questo giro, riesce a resistere e ad aiutare il corridore siciliano. Arrivano questi due. Nibali non fa la volata per ringraziare il collega dell’aiuto a tenere alta l’andatura nelle ultime centinaia di metri e Santambrogio può vincere a braccia alzate. Evans prende una quarantina di secondi e Nibali fa il vuoto in classifica. Crollo di Gesink che arriva al traguardo con ben 4 minuti e 16 secondi di ritardo ed esce definitivamente di classifica. Santambrogio può ora realmente ambire al podio essendo a solo un secondo dal terzo in classifica Uran.