Chi ha sentito il soave morso di veraci credenze e di opinioni, anche per mezzo di un brevissimo detto sente farsi vivo il ricordo di ciò che lo può liberar da dolore e da terrore. Per esempio:
Foglie!
E le une il vento
sparge tutte per terra,
così d’uomini stirpe.
Fragili foglie, anche i bimbi tuoi; fragili foglie, anche questa gente che ulula il suo applauso e la sua approvazione, gente che per opposta via grida la sua maledizione oppure, in segreto, biasimo innalza e canzonatura; fragili foglie per non differente condizione, anche le stirpi destinate a riceverne la fama dei giorni venturi.
Oh! Tutte queste cose che spuntano,
e primavera allora sopraggiunge.
Ma poi vento le getta per terra, e successivamente la selva altre, invece di quelle, ne genera. E fugacità d’un istante a tutti è comune. Ma intanto tutte queste cose tu vai perseguendo oppure fuggendo, proprio convinto che la durata ne sia eterna. Del resto, ancora un poco e chiuderai gli occhi, e colui che t’accompagna al cimitero, ebbene, un altro penserà a fargli il funerale. -Marco Aurelio-
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QUANTO POCO IO CONOSCO DI QUESTO MONDO!
Quanto poco conosco di questo mondo:
atti d’uomini, città, fiumi,
montagne, arido squallore, sconosciute
creature, alberi ignoti.
La grande terra brulica
ed io conosco semplicemente un riparo.
Spogliato, viaggio coi miei occhi
e raccolgo rapide visioni di parole, quadri
che colmano le mie zone di inesperienza
con dovizia.
Io sono un poeta della terra:
il mio flauto ripete le sue melodie.
Sazio i suoi richiami coi miei sogni
e ne ascolto l’armonia nelle
ore silenziose del mio cuore.
Inaccessibili, nevose cime
tornano a chiamarmi insistenti
con musica mai udita.
La stella polare, lontana, solitaria,
ha toccato i miei occhi insonni.
-Rabindranath Tagore-