Frammenti milanesi/25 - Le gallerie d'Italia
Creato il 19 novembre 2011 da Mapo
Una manciata di giorni fa, direi ad occhio un paio di settimane, il nostro caro capoluogo in crisi ha trovato mezzi e la voglia di inaugurare un nuovo museo. Più che alla città in sé, occorre sottolinearlo, buona parte del merito va attribuito a Banca Intesa e alla fondazione Cariplo (che, forse forse, sono un po' la stessa cosa) che hanno deciso di mettere a disposizione dei cittadini (e non solo), i fantastici capolavori della loro collezione privata. Si tratta delle cosidette Gallerie d'Italia. Mirabolante e centralissima la location (lo splendido palazzo Anguissola in via Manzoni), così come le opere esposte. Si passa dai calchi in gesso del Canova lungo un percorso espositivo ben studiato che arriva fino ai quadri del primo Boccioni e lascia il visitatore libero di proseguire idealmente il percorso nell'altrettanto nuovo e graditissimo Museo del Novecento, aperto dall'anno scorso nel palazzo dell'Arengario, in piazza Duomo.
Il tutto, almeno fino alla prossima primavera, completamente gratis. Da buon tirchio quale mi si dipinge, non mi sono certo lasciato sfuggire un'occasione del genere e oggi, all'ora di pranzo, mi sono infilato in quel portone sontuoso a pochi passi dalla Scala, con tanto di audioguida gratuita!I quadri esposti sono, nella maggior parte, opere dell'ottocento lombardo che riportano chiunque si soffermi a guardarle, al clima della Milano dell'epoca.Una delle tele, ad esempio, è una vivida rappresentazione dell'ultima delle 5 giornate di Milano, con la ritirata del maresciallo Radetzky. Sullo sfondo una città messa a ferro e fuoco con le nuvole di fumo che si alzano nel cielo azzurro e uno dei tanti palloni areostatici che, all'epoca, si alzavano per avvisare i contadini nelle campagne; in primo piano le barricate della nostra resistenza, fatte di mobili antichi e sacchi di sabbia con bandiere dell'Italia che sventolano e preti con la tonaca nera che si arrampicano sulle paratie brandendo tra le mani il loro crocefisso di legno (Porta Tosa in Milano, di Carlo Canella, 1848).
Uno dei quadri in assoluto più significativi, però, è questo "Il duomo di Milano visto dalla corsia dei servi" di Pierre Henry Theodor Tetar Van Elven, 1901 (d'accordo, sembra una parolaccia olandese!) che, sfidando il solerte personale di sala, mi sono permesso di fotografare, anche se un po' impacciato, con il telefono nuovo. Corso Vittorio Emanuele (allora chiamato corsia dei servi), qui rappresentato, brulica di gente in quella che ha tutta l'aria di essere una giornata di sole, forse autunnale. C'è la borghesia dell'epoca, a spasso con la tuba e l'abito lungo; c'è il chiosco di un'edicola che vende l'ultima edizione del quotidiano, ci sono i tram, ancora aperti sui lati ma di quel giallo che a Milano restiste ancora, che passano lentamente schivando i passanti. Si intravede sulla destra quel palazzo tanto famoso e così frequentato, che era noto come Palazzo Bocconi e che rappresentava il primo vero e proprio grande magazzino in Italia, inteso come posto dove entrare e trovare, di fatto, un po' di tutto. L'embrione del centro commerciale, sul modello delle gallerie parigine. La voce della guida racconta di quando, in corso di un incendio che colpì il centro della città, quel palazzo andò per buona parte a fuoco.I milanesi, com'è ovvio, non si persero d'animo e lo ricostruirono. Più grande e più bello. Una resurrezione. Tanto che un poeta tra tanti, chiamato d'Annunzio, lo ribattezzò con il nome de "La Rinascente".Tra qualche settimana, schiacciato sul tram da pacchi e pacchettini di mamme e gruppi di tamarri presi dalla foga degli acquisti pre-natalizi, lo odierò. Ma, oggi, questo mi sembra uno spaccato perfetto, manzoniano, di questa città che riposa fredda, sotto la nebbia, all'ombra della Madonnina.
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