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frammenti Milanesi/6 -Incertezza

Creato il 13 luglio 2010 da Mapo
Per questa "puntata" di Frammenti Milanesi, invece di raccontare qualcosa che mi è successo in giro per i quartieri cittadini, ho scelto di riportare un articolo di fondo del Corriere Milano di lunedì (in fondo si tratta della cosa più milanese del mondo). Non che sia un esercizio di scrittura particolarmente riuscito o che si tratti di chissà quale illuminante punto di vista. Semplicemente il fatto di leggerlo nell'arsura di questi giorni, su e giù da tram e metropolitane, mentre è solo il fatto di non portare i tacchi a salvarmi dall'asfalto dei marciapiedi trasformato in palude; tutto questo, dicevo, non fa che farmi sentire in sintonia con l'autore.

LE DIFFICOLTÀ DI MILANO

Prigionieri dell'incertezza, in una città che avvilisce i giovani e umilia le prospettive

Il rimedio? Mantenere le promesse: dal verde alla quarta linea del metrò. Chiarendo una volta per tutte l'iliade dell'Expo

Milano, nonostante problemi e ritardi di ogni genere, resta ancora la capitale morale ed economica del Belpaese. Non lo è per meriti o virtù particolari, ma per il semplice fatto che nessuna altra città italiana ha avuto i mezzi per superarla. La cosiddetta «milanesità», capace di far dimenticare le pestilenze, le crisi economiche o i disastri delle guerre scarseggia, anzi per taluni pessimisti è addirittura scomparsa. Cosa è successo? Al di là di battute o analisi frettolose, va detto che il male comune di tutte le vicende milanesi si chiama incertezza. Non occorre essere esperti per accorgersi. Basti pensare al mondo del lavoro: per decenni questa città ha rappresentato un sogno, un riscatto, comunque un'opportunità. Si veniva sotto la Madonnina per intraprendere una nuova vita nella quale c'era lavoro, lavoro e ancora lavoro. Oggi le prospettive si sono ristrette sino a sparire. E che dire della cultura? Negli anni Sessanta Milano era un riferimento per tutta Europa, e non soltanto. Lo era per il teatro, l'arte, la musica, l'editoria. Arnoldo Mondadori invitava i «suoi» scrittori americani ed era orgoglioso di far loro conoscere la città che lo aveva adottato. Le avanguardie o le novità dovevano transitare nella nebbia meneghina prima di rivelarsi. La Scala, oggi nota per le comprensibili rivendicazioni contro tagli mal concepiti e peggio realizzati, era allora un mito. Non sono che esempi di una lista molto lunga. Certo, la nostra sembra una geremiade in un momento di crisi.

Ma la Milano di oggi è quasi sempre sottotono perché non ha l'energia per affrontare congiunture economiche sfavorevoli. Si parla da anni di una quarta linea della Metropolitana, ma non si sa quando e se si farà (e pensare che sarebbe necessaria più di ogni altro progetto); si è vinta la gara con Smirne per l'Expo ma i più non capiscono quel che sta succedendo, cosa verrà realizzato, che benefici potrà recare. Incertezza ovunque, anche su questo avvenimento strillato come un'opportunità radiosa. Intanto le forze migliori — ci sono ancora, anche se non si mostrano — amano defilarsi. Assomigliano a quei molti milanesi che fuggono il venerdì per rientrare in città il lunedì mattina, giacché ritengono la loro una città da abitare più che da vivere.

L'incertezza unita al rifugio nel privato dà come somma sentimenti provinciali: per questo, nel momento in cui sarebbero necessari scatti fisici e d'orgoglio, Milano assomiglia ai gottosi delle tele settecentesche, lenti e impacciati nel loro adipe. Ha perso smalto, anche se resta una città ricca. Non sa più accogliere e «milanesizzare», anche se non va confusa con una metropoli egoista. L'incertezza è una brutta bestia. Avvilisce i giovani e umilia le prospettive di chi li ha generati. Un rimedio? Cominciare, almeno a Milano, a mantenere le promesse. Magari iniziando dal verde — senza aspettare un altro concerto di Abbado per piantare alberi — e finire con la quarta linea della metropolitana. E chiarire una volta per tutte l'iliade dell'Expo.

Armando Torno
12 luglio 2010


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