da qui
Don Mario avrebbe pianto, e ho pianto anch’io. Cos’è un Roland Garros, di fronte all’infinito, mentre qualcuno muore in qualche parte del mondo, qualcuno uccide e qualcun altro dà la vita? Eppure le lacrime cadono, e non per la vittoria, per qualcos’altro che non riesco a dire né a capire. Forse perché c’è ancora qualcosa che si chiama Italia, nonostante tutto, o qualcuno che si chiama Francesca. Forse perché su quel campo c’è la nostra vita, sporca di terra rossa, con i dentoni in fuori, e le braccia magre per i lunghi giorni di sudore e sacrificio, una vita con le scarpe da tennis, bianche come la luce incerta dei nostri sogni indecifrabili.