I superstiziosi e gli appassionati di profezie hanno di che scrivere: un Papa che arriva al soglio dopo l’abdicazione del precedente (prima volta che succede in quasi 600 anni), che per primo arriva dal Nuovo Mondo, che per primo sceglie il nome di Francesco e, sempre per primo, è un gesuita. E i gesuiti, si sa, sono un corpo ecclesiastico il cui generale è considerato il “Papa nero”, o “anti-Papa”. È la prima volta, dunque, che i gesuiti esprimono Papa e anti-Papa.
Chi credeva nella profezia del Papa nero, quale ultimo pontefice della storia della Chiesa, è convinto di aver avuto ragione, anche se sul balcone di San Pietro non è comparso un africano.
Mettiamoci anche il fulmine sulla cupola di San Pietro, immortalato dal fotografo Alessandro Di Meo subito dopo la rinuncia al soglio di Benedetto XVI e un altro evento naturale più unico che raro, quale il meteorite in Russia, e abbiamo uno scenario da romanzi di Dan Brown.
I momenti che precedono la proclamazione Habemus Papam, però, sono stati carichi di tensione in tutto il mondo, anche per i non superstiziosi, i non mistici e per i più razionali. Chi si è affacciato da quel balcone di San Pietro, a Roma, determinerà il nostro futuro. Non solo il miliardo e duecento milioni di cattolici sapranno chi sarà la loro guida. Ma anche tutti i non cattolici sanno che, da questo Pontefice, verrà influenzata la cultura laica e dalla cultura laica verranno influenzati i media, l’opinione pubblica e i governi. L’elezione del cardinale Jorge Mario Bergoglio, argentino, ha colto tutti completamente alla sprovvista.
Ci eravamo preparati a veder comparire il cardinal Scola, un vescovo americano o un porporato africano. Ma Bergoglio, papabile già nel 2005 (e per questo considerato “bruciato”) è e resta un mistero. Giusto per renderci le previsioni più difficili, ha scelto per primo (in 2000 anni di storia del Papato) il nome di Francesco. La sua umiltà e semplicità, il suo carattere timido, la sua richiesta alla piazza di pregare per lui, prima della benedizione urbi et orbi, già lo fanno apparire come l’opposto del “freddo” Papa Ratzinger.
Ma l’atteggiamento, in sé, vuol dir poco. Si cercano tracce, scritti e dichiarazioni del suo passato per capire cosa ci attenderà. Sarà un nuovo Paolo VI o un nuovo Giovanni Paolo II? Paolo VI fu il Papa “sociale” che portò a termine i lavori del Consiglio Vaticano II e caratterizzò il periodo storico più rosso della storia contemporanea: dal 1963 al 1978 fu il quindicennio della Guerra del Vietnam, dei Khmer Rossi in Cambogia, della Rivoluzione Culturale in Cina, della massima espansione del comunismo in Asia, Africa e America Latina. Da noi vi fu il decennio delle Brigate Rosse, nate su iniziativa di studenti cattolici. E in Occidente, in generale, fu il periodo della grande contestazione collettivista contro i sistemi democratici liberali.
Giovanni Paolo II fu il Papa della libertà, essendo lui stesso dissidente di un regime dittatoriale comunista. Il suo periodo (1978-2005) fu il trentennio della libertà, della caduta delle dittature comuniste, della fine della Guerra Fredda, dell’apertura di nuovi mercati in tutto il mondo e di una crescita economica ininterrotta avviata dalle riforme liberiste, prima nel solo mondo anglosassone e poi in tutto il mondo industrializzato. Il breve pontificato di Benedetto XVI e la crisi economica del 2008 paiono proprio, in retrospettiva, gli eventi che hanno posto fine al trentennio precedente.
Il Papa, da un punto di vista laico, rappresenta fedelmente lo spirito del tempo. Da un punto di vista cattolico praticante, rappresenta il volere di Dio sulla Terra e determina il corso degli eventi. Dunque, cosa ci dobbiamo attendere da Papa Francesco?
Vista l’importanza della sua elezione, ciascuno mira a tirarlo dalla propria parte. La scelta del nome, Francesco, “è tutta un programma” a detta dei cronisti.
Quale? I progressisti già stappano le bottiglie di champagne: sarà il Pontefice dei poveri e della natura, gridano all’unisono. I conservatori, tuttavia, sperano che l’opera di Francesco sia ricordata per quella che fu: tutt’altro che progressista, ma rigorosa contro le eresie dei suoi tempi.
Nel suo passato di cardinale, in Argentina, fu un critico feroce della politica liberale del presidente Menem. Durante la crisi del 2002, che portò alla bancarotta, sia il cardinal Bergoglio che il resto della chiesa argentina presero posizione a favore di una ristrutturazione del debito e di un rilancio della spesa sociale. Il sito in lingua spagnola del think tank Cato Institute, rileva precedenti prese di posizione del cardinal Bergoglio contro il “neoliberismo”, sistema accusato di aumentare il divario fra ricchi e poveri.
Queste dichiarazioni sull’economia, assieme all’immagine che il nuovo Papa diffonde di sé (niente servitù, niente auto, né autista, dedizione ai poveri, uso dei mezzi pubblici e piccoli appartamenti in cui vivere) hanno già permesso alla stragrande maggioranza dei giornalisti di etichettarlo come il “Papa dei poveri”. Ma… già pochi minuti dopo la sua proclamazione, comparivano in rete le prime indiscrezioni sul suo presunto legame con la giunta militare argentina, negli anni ’70 e primi anni ’80.
Il sospetto era grave: nel 1976 aveva partecipato al rapimento di due sacerdoti gesuiti da parte dei militari? Si trattava di calunnie: la smentita è arrivata subito dopo. Il caso del 1976 era sbucato dagli archivi del Los Angeles Times nel 2005, quando Bergoglio era già papabile per la prima volta.
Ma ogni leggenda nera ha il suo fondo di verità: attribuivano a Bergoglio la complicità con la giunta militare solo perché il cardinale era contrario alla Teologia della Liberazione, anello di congiunzione fra il cristianesimo e il marxismo. Quindi: non è un papa cattocomunista. I progressisti nostrani si mettano il cuore in pace.
Per il sito di Lignet (diretto dall’ex direttore della Cia, Michael Hayden), il nuovo Papa contribuirà ad arrestare la deriva neomarxista e populista dell’America del Sud. Proprio perché parla con il linguaggio della sinistra, ma è e resta anticomunista. E non è affatto in buoni rapporti con i numerosi epigoni di Chavez, né con la stessa presidentessa peronista Cristina Kirchner in Argentina, né con la socialista Dilma Roussef in Brasile.
Adesso che il pericolo comunista non è più in Europa, ma si è trasferito oltre oceano, potrebbe addirittura essere il Wojtyla del Nuovo Mondo.
Stefano Magni