Oggi, 8 febbraio, il presidente francese, Nicolas Sarkozy, riceverà all'Eliseo il suo omologo del Congo-Brazzaville, Denis Sassou Nguesso.
Più che di presidente per il congolese bisognerebbe parlare di un dittatore a vita o quasi.
Egli, infatti, è alla guida del suo Paese dal 1979, salvo qualche breve interruzione.
E, ultimamente,in maniera continuativa dal 1997.
In Congo-Brazzaville per altro ,nel prossimo autunno, per chi non lo sapesse, ci saranno le elezioni presidenziali e Nguesso di certo non ha voglia di lasciare il suo posto ad altri.
Anche il francese Sarkozy, a breve, dovrà affrontare il verdetto delle urne. E qualche preoccupazione ce l'ha anche lui, in pectore.
Cosa significa, allora, questo incontro?
Cosa unisce, al di là dell'ufficialità dovuta alla diplomazia, i due capi di Stato?
Senza ombra di dubbio il sostegno reciproco nella circostanza prossima ventura delle rispettive rielezioni per entrambi.
E il filo rosso è l'oro nero ,che viene da Brazzaville. Ossia il petrolio.
Alla Francia, in tempi di crisi mondiale per l'accaparramento di fonti energetiche, serve anche il petrolio congolese.
A Nguesso, invece, serve l'appoggio francese in patria, per il quale non ha mai esitato a sovvenzionare, appunto con i proventi del petrolio,utilizzati come "cosa propria", i diversi partiti e uomini politici in Francia.
Come si dice: una mano lava l'altra.E via di seguito.... siamo tutti puliti, felici e soddisfatti.
I proventi dell'esportazioni di petrolio del Congo-Brazzaville costituiscono l'80% delle entrate statali ma di esse i congolesi, i "sudditi" di Nguesso, vedono ben poco in termini di miglioramento della qualità della vita per loro e le loro famiglie.
Anche in Congo-Brazzaville c'è una disoccupazione giovanile, che allarma,che ammonta al 34%, secondo le stastistiche di regime, ma sicuramente la sua percentuale è molto più elevata.
Il problema è sempre lo stesso : le ruberie dei dittatori africani sono un male endemico, difficile da estirpare proprio perché esistono complicità anche dell'Europa e pochi ,o meglio, pochissimi sono i Paesi del continente africano, dove chi governa opera per il bene della comunità.
Le violazioni dei diritti umani sono all'ordine del giorno tanto in Congo-Brazzavile che altrove, in Africa. E questo, saputo e risaputo, non sconcerta certo Nicolas Sarkozy, che vuole conservare piuttosto la certezza di rimanere all'Eliseo per un ulteriore mandato presidenziale.
E poi per Sarkozy che " l'Afrique c'est à moi " è ormai cosa nota.
Vedi, in ultimo, la grande fretta francese per il caso Libia.
Intanto in Francia e, particolarmente a Parigi, la diaspora congolese,compatta sotto la sigla FDC, ossia Federazione diaspora congolese, non esita a far sentire la propria rabbiosa disapprovazione e lo fa unitamente all'associazione umanitaria francese "Survie".
Servirà?
In merito c'è parecchio scetticismo ma il vento della "storia" talora può cambiare.
A questo si crede.
Basti guardare, con tutti i limiti reali, quello che è accaduto in tempi brevissimi in Egitto,Tunisia, Libia.
E potrebbe accadere nei Paesi vicini.
Anche se poi , nel mentre, a farne le spese di queste dinamiche è sempre e comunque la gente comune.
In Africa. E non solo.
E ricette risolutorie, ahimé, finora non ne esistono.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)