Facciamo un leggero passo indietro nel nostro infinito viaggio musicale, stavolta vi segnalo un album dal vivo di Frank Marino e i suoi Mahogany Rush. Si tratta di Live, primo disco dal vivo pubblicato dalla band canadese che raccoglie registrazioni del tour negli Usa lungo tutto il 1977 e uscito l’anno successivo in lp. Una pubblicazione che ha diviso i fans e la critica, perché dell’immenso materiale dal vivo poteva anche nascere un doppio live. Sembra che a monte di tale scelta editoriale, ci furono problemi legati alle loyalties. A parziale risarcimento, esattamente dieci anni dopo, nel 1988, usciva Double Live, ma a dispetto del titolo, anche quella volta il disco fu unico. In Live è contenuta la testimonianza del fervore che era alla base dei concerti blues in quegli anni, un disco che ogni amante del genere (ma Marino è stato osservato con interesse anche dagli appassionati di Metal) non può ignorare.Introduction – Il concerto parte con l’annuncio dello speaker, circa 20 secondi dopo la band al completo inizia a dar vita al suo musical con Frank Marino che si presenta al pubblico con la prima traccia suonata, The Answer.
The Answer – Un jingle alla James Brown. Dietro la spinta di un basso continuo e ripetitivo, si incastra un tipico pezzo di hard rock anni ’70, in cui la chitarra di Marino incastona a ripetizione riff e assoli di puro electric blues. Qualche influenza anche di derivazione Allmann Brothers Band.
Dragonfly – Sia The Answer che la successiva Dragonfly fanno parte del quarto album in studio della band canadese, Mahogany Rush IV, del 1976. In quest’ultimo caso emerge tutta la vena hendrixiana di Marino. Che dimostra anche le sue immense doti di vocalist, dai toni bassi agli alti in falsetto.
I’m A King Bee – Brano originale che risale al 1957, uno swamp blues di Slim Harpo che fu riproposto da innumerevoli band postume. Tra cui, appunto, i Mahogany Rush, la prima di cinque cover che caratterizzano questo Live. Un blues che Marino sente fortissimo ed esprime anche attraverso assoli giocati sull’orlo degli armonici.
(Excerpt From “Back Door Man”) – Il passaggio da I’M A King Bee a Back Door Man neanche si sente, sono praticamene contigue per questo si potrebbe parlare anche di un medley. Anche questo è un pezzo da novanta del blues, scritto da Willie Dixon e inciso per la prima volta da Howlin Wolf nel 1960. Bellissimo l’assolo che conclude la seconda metà del breve pezzo.
A New Rock & Roll – Si torna ai brani originali e a questo A New Rock & Roll tratto da Child of the Novelty del 1974. Il tenore torna a rialzarsi, un manifesto per che sogna un blues in continua evoluzione. In questo caso, molta dell’ispirazione arriva da un altro decano del blues elettrico, Johnny Winter, con un riff di base che ricorda molto Bony Moronie. Nell’assolo finale, si raggiungono velocità altissime e una ripetitività tipica del blues tecnico.
Johnny B. Goode – Si apre con Frank Marino che duetta con la sua chitarra, un’introduzione alle note forse più famose del rock coniate dal gradissimo Chuck Berry. Un vero “Ritorno al Futuro” (tanto per citare la celebre esibizione “fake” di Michael J. Fox nell’omonimo film), che scalda la platea e la prepara per il gran finale. Un brano che apre alla fantasia di qualsiasi chitarrista, e qui Marino ci mette tanto del suo, in un lungo assolo finale fatto di bending, leva, tapping, scale e tanto altro.
Talkin’ ‘Bout A Feelin’ – Anche questo brano è tratto da Child of the Novelty, uno dei più hendrixiani di Marino. Una riproposizione di Band of Gipsy quattro anni dopo l’unico album di quell’esperienza e dalla stessa morte di Jimi Hendrix.
(Excerpt From “Who Do Ya Love”) – Altro pezzo famosissimo di Bo Diddley del 1956, che si fonde con la traccia precedente. Dell’originale resta solo il ritornello, per il resto una cover futuristica di immensa psichedelia e che risulta perfetta per introdurre il successivo brano.
Electric Reflections Of War – In pratica, la summa del pensiero di Frank Marino. Un brano in tapping e distorsore che connota la sua passione per le nuove sonorità. La caduta degli angeli ribelli di Frank, un incendio di rumori che culmina con l’assolo di batteria di Jimmy Ayoub.
The World Anthem – Un inno al mondo, su cui non spendo troppe parole avendolo già fatto in questo post, che consiglio di leggere.
Purple Haze – Per un hendrixiano (ma poi non troppo) il primo disco live non poteva concludersi con una citazione di uno dei pezzi più profondi di Hendrix. Una Purple Haze molto fedele all’originale, come a voler evitare pregiudizi e allo stesso tempo dissacrare quanto ormai consegnato per sempre alla storia.