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Free Britney

Creato il 06 novembre 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

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A inizio anno sono stato zitto, volevo parlare di questa storia, ma poi avevo deciso di aspettare, di valutare, di non sembrare ridicolo. Alla fine tale questione può essere però presa in considerazione seriamente: dal lato professionale ciò che vi sto per raccontare non è accettabile, visto la quantità di talenti che scalpitano là fuori per avere il posto che ha la bionda di Kentwood; dal lato umano tale vicenda suona davvero anormale e molto vicina allo schiavismo. Quindi mi son deciso di parlarne, perché da un punto di vista o da un altro si tratta di una tragedia. La tragedia di Britney Spears.

La storia comincia da molto lontano, negli anni duemila, una giovane ragazza di Kentwood svuota i negozi dei suoi dischi grazie a un sound teen pop e a movenze hip hop e un po’ di malizia. Nel giro di 5 anni ci si ritrova una biondina sexy che si muove come una forsennata, che finge di cantare coperta da un imbarazzante playback, del tutto simile alla tracce da CD. Ai tempi si credette che la pausa dopo il 4° album “In The Zone” fosse necessaria per ritrovare l’ispirazione, la personalità, l’Arte, se posso forzare un po’ il termine. 

Invece è stata la discesa verso il baratro: marito sbagliato, figli sbagliati, uscite sbagliate, esplosione pubblica di malattie mentali, tra cui una tanto credibile depressione bipolare, spesso vociferata da gossip ed esperti. Ma in mezzo a tutto questo, in mezzo a paparazzi, questioni legali, Britney diventata Britster, da pop star a pop tart, a fine 2007 esce Blackout. Sebbene con meno canzoni scritte dalla pazza della Louisiana, l’album è l’icona pop del nuovo decennio: Lady GaGa sarebbe ancora una povera piano-strip girl (per la gioia di molti) senza questo disco, non avremmo sentito l’elettronica imperversare persino in rock band dure e pure. Da allora ogni album mainstream deve qualcosa a Blackout; è vero, la maggior parte di questi ha testi più intelligenti e profondi, produttori e musicisti più coinvolti, eccetera.

Ma in quel momento, l’unico album di Britney Spears prodotto da Britney Jean Spears è la resurrezione, non un fenomeno commerciale in numeri come Baby One More Time, tuttavia data l’assenza di promozione riesce a piazzare 4 milioni di copie in un mercato musicale oramai martoriato. E sti cazzi dirà qualche ascoltatore di musica serio. Da qui comincia, al contrario di quello che sembra, il buio.

È vero, fu salvata dal padre e dalla famiglia quando non riusciva più a dormire a inizio 2008, dopo 2 ricoveri all’ospedale, però il prezzo da pagare è alto. È ironico, come agli estremi ci si trovi nelle stesse condizioni. Il precario, che deve obbedire come uno schiavo per sopravvivere ed anche male, la popstar, una delle donne più ricche del mondo, che ha meno diritti di una bambina di 7 anni. È quello che ha dovuto accettare la Spears, per rivedere i suoi figli. Conservatorship, la chiamano gli americani, il giudice di solito la applica a persone molto anziane che ormai non intendono più, o a malati mentali per periodi molto brevi. Sicuramente molto meno di 4 anni.

È quello che si chiedeva anche la giornalista di Rolling Stone, quando l’ha intervistata nel periodo di promozione di Circus, se la ragazza può andare in tour, promuovere album, farsi intervistare, seppur con dei cani da guardia accanto, perché non può chiamare, perché non può uscire, gestire i suoi soldi e condurre la sua vita senza autorizzazione del padre? Peggio di una bambina di 7 anni. In “For the Record”, documentario girato per volontà dalla Spears per chiarire la sua situazione, si nota un passaggio in cui fa emergere il suo profondo malessere, allora (2008) ancora irrisolto. E lì vi era ancora una possibilità ancora di parlare liberamente. Poi appunto, l’oscurità.

Performance scialbe, poco dinamismo, playback ingiustificabile: queste sono le parole oggettive che descrivono l’operato di Britney nei mesi a seguire. I fan più sani di mente ci arrivano presto: se vuole ritirarsi, per il suo bene, noi comprendiamo. Avviene tutt’altro. Viene lanciato improvvisamente un nuovo disco, Femme Fatale (??) alla fine dello scorso inverno, in cui vengono promesse cose straordinarie, il ritorno alle performance mozzafiato. In realtà si tratta di un proseguio del tour precedente: ballo scarso, assenza di live, video, facce e dichiarazioni poco convinte. Viene spinta a tutto spiano l’adorazione dell’icona: Godney, Fierceney, Danceney ecc. Cose che mancano totalmente però, il risultato è un sonoro flop.

Quando la speranza è ormai persa, avviene un mezzo miracolo: parte il tour omonimo e la bionda di Kentwood si presenta sul palco, cantando, per quel che può, e accennando una coreografia di ballo quasi accettabile. Apriti cielo, è tornata! Viene registrato lo spettacolo di Toronto e che ci si trova davanti? Un audio devastato come potete vedere dal video. A che serve cantare live allora? Puro mistero. Tutti questi soldi a disposizione, tutto questo potere potenzialmente in mano e poi il tuo team ti sputtana così.

Siete liberi di giudicare sia me, sia Britney come volete, io le voglio bene perché è grazie a lei che ho imparato a cercare la verità, a non credere ai TG, a informarmi, sì, è stata lei, per quanto come figura sia lontana da tutto ciò. Ed è per questo che le devo qualcosa, non i miei soldi, qualcosa di più concreto: aiutarla a riavere la sua libertà, voglia essere quello  che vuole, a me va bene.

You know, when you go to jail, there’s always a time you know you’re gonna get out

There’s no excitement, there in no passion…

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