Magazine Politica

“Freeeedom"! (di Axel)

Creato il 16 settembre 2014 da Tafanus

Ai più attenti non sarà sfuggito il peana contro l’indipendenza scozzese predicato, guarda caso, da tutti i peggiori esponenti della nomenklatura politica europea. Il primo a scagliarsi contro l’ipotetica vittoria dei si (che oggi appare alquanto probabile) è il grande statista ed ex premier Enrico Letta (Letta chi?) che ritiene che una vittoria dei "sì" al referendum per la Scozia indipendente giovedì 18 settembre avrebbe conseguenze nefaste sull'Unione europea, molto simili a quelle scatenate dall'attentato di Sarajevo nel 1914.
Sul Corriere della Sera, Letta chiarisce il suo pensiero: se la Scozia deciderà di staccarsi dalla Gran Bretagna, sarà "una scelta disgregatrice figlia di un populismo istituzionale che offre soluzioni semplici con l'illusione di risolvere problemi, che invece risulterebbero inevitabilmente aggravati".
La prima conseguenza negativa del distacco, spiega il predecessore di Matteo Renzi, sarà il referendum per la secessione dall'Unione europea annunciato in Gran Bretagna per il 2017: poiché i scozzesi - molto favorevoli a rimanere nell'Unione - saranno già usciti, molto probabilmente prevarrebbero i contrari causando un terremoto: una solenne scemenza, spiegheremo poi il perché.
Senza Londra, "insostituibile capitale finanziaria europea", "l'Europa sarebbe più piccola e più povera, perdendo l'11% del proprio bilancio". A chiunque mastichi un po’ logica appare evidente che si tratti di una ennesima stupidaggine, atteso il fatto che quel tipo di fatturato interessa solo i grandi gruppi finanziari mentre con una Scozia europea (gia chiaramente indicata come obiettivo dal premier nazionalista scozzese Salmond) il bilancio europeo si garantirebbe un incremento grazie alla trattazione in euro (e non in sterline) del Brent.
L’ineffabile Letta continua con una vaticinio  Ma gli effetti disastrosi, si avrebbero già nei prossimi mesi: "Il leader indipendentista e primo ministro scozzese Salmond non dice infatti che, una volta la Scozia staccatasi da Londra, le possibilità di entrare nell'Unione europea sono nulle" poiché serve l'unanimità degli Stati membri e certamente la Gran Bretagna non voterà per l'entrata di Edimburgo, così come la Spagna "per via dell'evidente legame tra l'indipendenza scozzese e quella della Catalogna", che andrà a referendum nel prossimo novembre.
London-stockAl geniale Letta sfuggono almeno un paio di elementi: il primo, decisamente interessante, è che l’Inghilterra al momento utilizza la comunità europea alla stregua di un limone da spremere: non avendo accettato infatti l’utilizzo dell’euro e disponendo della borsa (a delinquere) più importante d’Europa (e la prima al mondo per la trattazione dei futures relativi al brent del mare del nord) dispone di enormi introiti finanziari senza che la produzione industriale sia aumentata negli ultimi 40 anni (vedi QUI ), e benché il valore complessivo sia migliore di quello italiano, va considerato che la sola parte di PIL relativa all’estrazione di prodotti petroliferi vale per la Gran Bretagna oggi circa 3.478 milioni di barili per un corrispettivo di circa 313 miliardi di dollari, mentre per l’Italia il valore (a 90 dollari al barile) dei 1400 milioni di barili prodotti vale circa 126 miliardi di dollari.
Per mesi gli economisti hanno ignorato il voto del 18 settembre, convinti che l’esito favorevole all’unione fosse scontato: dal silenzio assordante si è però passati ad un coro di critiche (tutte inglesi) all’indomani del sondaggio che ha rivelato un’impennata nel sostegno all’indipendenza.
La percentuale di quanti vogliono l’indipendenza è passato in vantaggio, con un divario ridotto a soli tre punti percentuali, 51,5% contro 48,5%, escludendo i 320 mila indecisi. È la differenza minima mai registrata, e il fatto che votino per la prima volta anche i sedicenni, che di solito non sono inclusi dai sondaggisti, aumenta l’incertezza al punto che nella city serpeggia il panico.
Mercoledì la sterlina ha registrato la seduta peggiore degli ultimi sette mesi, e secondo la maggioranza degli analisti il calo potrebbe peggiorare in caso di indipendenza.
I mercati, si sa, odiano l’incertezza e una vittoria del sì porterebbe molte incognite. Il colosso bancario Lloyds potrebbe spostare la sede legale da Edimburgo a Londra, e la banca d’affari Goldman Sachs parla di «conseguenze seriamente negative» per entrambe le economie.
Cosa cambierebbe dunque per la Scozia e il resto del Paese? La Gran Bretagna perderebbe l’8% della popolazione e il 32% del territorio. La Scozia, con un’economia di 150 miliardi di sterline, contribuisce per il 10% all’intera economia britannica e, senza considerare l’industria petrolifera, l’8,2% di tasse. La moneta sarebbe più debole e le mancate entrate fiscali del petrolio inciderebbero in maniera negativa sul deficit dello Stato.  
Per i nazionalisti, una Scozia sovrana potrebbe finalmente utilizzare i proventi derivanti dal petrolio per investire nello stato sociale. Il petrolio garantirà entrate fiscali pari a 57 miliardi di sterline annuali e sarà estraibile per altri 30-40 anni.
Considerate che circa il 91% del petrolio inglese si estrae da giacimenti off shore ed avrete una chiara indicazione di quanto sia importante per la city il mantenimento delle proprie zampe su questi giacimenti: dalla gestione di circa 300 miliardi di dollari (che in periodi precedenti fruttavano ai broker valori vicini a 150 miliardi di dollari l’anno di commissioni con i derivati) un eventuale spostamento ad una nazione scozzese causerebbe di fatto una divisione per dieci degli utili, mentre in termini di capitalizzazione verosimilmente si verrebbe a creare un “buco” di circa 700 miliardi, considerato il fatto che sicuramente le compagnie nazionali scozzesi sposteranno il loro baricentro su una borsa nazionale.
La classifica che vedete  QUI  vedrebbe Londra con un differenziale di circa 800 miliardi di capitalizzazione in meno, e quindi dai 2.280 miliardi (escludendo Milano) si passerebbe a circa 1400, dimezzando di fatto il peso inglese sulle trattative finanziarie.
Cosa causerebbe questa contrazione ? Verosimilmente uno spostamento dell’asse finanziario da Londra a Berlino dove con ogni probabilità si accentrerebbe l’interesse finanziario anche a seguito della probabile convergenza della Scozia nel mercato comune europeo: fra gli analisti infatti gli allarmi politici relativi alla resistenza antiscozzese di altri paesi europei viene data come molto improbabile, atteso il probabile coinvolgimento della compagnie petrolifere Spagnole ed inglesi nelle operazioni di estrazione.
Considerate che le royalties che giungono oggi in termini di tassazione diretta ed indiretta sull’estrazione ammontano a circa 57 miliardi di sterline (circa 80 miliardi di dollari) di cui solo il 6% viene reinvestito in welfare in Scozia: quindi a monte di 800 miliardi di sterline di fatturato solo tre miliardi e mezzo tornano in Scozia, il resto se lo pappano la City, le compagnie petrolifere e la politica inglese.
Capite bene che questa situazione, fra l’altro frutto di una politica di dominazione che ha considerato Scozia e Scozzesi da sempre alla stregua di provincialotti un po’ stupidi da trattare con sufficienza, oggi è sfuggita dalle mani della politica inglese e ci dobbiamo aspettare una micidiale serie di attacchi all’indipendenza con tutte le scuse possibili ed immaginabili.
Chi ha da perdere moltissimo quindi è la politica inglese, la finanza, ed in generale tutto l’understatement di sottobosco che su questi centri di potere campa da sempre.
In effetti l’unico modo oggi per questi poteri di evitare ripercussioni sul loro affarucci è quello di evocare il crollo del mondo: fato vero se si considera come “mondo” il loro, mentre una Scozia libera ed un’Inghilterra meno pretenziosa (e vorace) favorirebbero un ulteriore passo verso una unione politica europea.
Vedremo: e soprattutto speriamo che questi poteri non procedano a giocare sporco, come da sempre fanno quando si tratta di mantenere lo status quo.
Come al solito, a pensar male si fa peccato, ma di solito si indovina…
Axel

0609/0630/0800


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :