Naturalmente vorrei parlare delle intercettazioni e del fatto che Prepotenton de’Prepotentoni dice che son tutti mascalzoni giornalisti ed editrony (a parte lui e i suoi). Ma visto che a farlo si rischia quasi la galera (non oggi, ma diamogli qualche giorno) parlerò invece del fatto del giorno, che naturalmente risale a 38 anni fa.
Parlo, evidentemente, del tormentone di Exile on the Main Street (traduzione approssimativa: “esilio dorato”) dei Rolling Stones, anno di grazia 1972, attesissimo e finalmente ristampato fresco fresco con video presentato al festival cinematografico di Cannes dando al scusa al ragazzino 68 enne Mick Jagger di andare sulla Croisette a fare il gallo con star e starlette. Unico problema evidente che per ragioni di anagrafe e di passata attività rischiava di inciampare in atteggiamento galante su qualche figlia o nipote. Ma è un po’difficile che questo possa rallentare il sulfureo cantante dei Rolling. A proposito, sarà più gallo lui o Prepotenton de’Prepotentoni? A cantare sappiamo già che è più bravo Mick. Come età siamo lì (beh, Mick in realtà è sei anni meno vecchio), ma il primo è molto più simpatico. Almeno non pretende di governarci.
A parte questo Exile on main street è sempre stato un disco discusso. Per molti fan uno dei migliori di sempre dei Rolling, arrivato dopo il monumentale Sticky Finger con la famosa copertina di Andy Warhol (la seconda più famosa che abbia mai fatto dopo quella dell’album d’esordio dei Velvet Underground) e alcuni bluesoni fondamentali nella storia del rock come Brown Sugar e Wild Horses, You gotta move.
Il primo problema di Exile è sempre stato questo: stilisticamente e idealmente era (ed è) la continuazione di Sticky Finger. Ma senza le hit che hanno fatto dell’album precedente uno dei pilastri della storia del rock. Il problema può sembrare alquanto giurassico al giorno d’oggi, 38 anni e alcune ere geologiche dopo. Ai tempi non avere hit condannava un album a essere “di serie B” perché anche se all’inizio degli anni 70 il mercato degli Lp cominciava a essere più importante di quello dei 45, erano ancora i brani in classifica a trainare le vendite. Per di più “Exile” era un disco doppio, per cui molto caro per le tasche dei teenager che ne avrebbero dovuto costituire il pubblico (se la memoria non mi trasdisce si pagava ai tempi fra le 2.700 e le 3.300 per un Lp normale, un doppio richiedeva sulle 7 mila: se non era considerato indispensabile tipo Electric Ladyland di Jimi Hendrix, Wheels on Fire dei Cream o poco più avanti 4WayStreet di CSN&Y si passava la mano). Io fra gli altri: come tutti i ragazzini foruncolosi del periodo (ero giusto nei miei 14) mi ero comperato obbedientemente Sticky Finger ma Exile lo avevo lasciato nello scaffale. Come molti lo ho recuperato (e ascoltato) anni dopo, quando è diventato evidente che il rock non era solo un’intemperanza giovanile né per chi lo faceva né per chi lo ascoltava, con la prima uscita (scalognata) in Cd. Perché le prime ristampe in Cd dei dischi dei Rolling sono state una catastrofe: suoni cupi, spenti, senz’anima. Peggio che ascoltare le canzoni su una vecchia radio, altro che superiorità del digitale… E da che ci siamo ricorderei che anche ai Jefferson Airplane il Cd prima maniera non ha certo reso un bel servizio. Suonavano meglio le vecchie cassette incise dagli Lp in vinile…
In realtà, però, sono almeno sei-sette anni che i dischi dei Rolling, anche quelli storici e vecchi, si trovano in ristampe rimasterizzate più che dignitose. In altre parole: è la terza volta che mi rivendono Exile on main street in Cd. Stavolta un doppio Cd (suppongo sia quello che mi ha fregato) promettendo dieci brani inediti dieci del periodo (nelle due edizioni precedenti in Cd i due vinili erano stati condensati in un unico Cd). Doppia fregatura carpiata con salto mortale: 19,90 invece dei regolari 9,90. Il secondo Cd non è una raccolta di inediti ma semplicemente Sticky Finger. Sostanzialmente è l’altro album ripreso pari pari e aggiunto. Niente illuminanti note di copertina a chiarire l’equivoco. Volendo c’è una versione con libretto, o meglio un libretto celebrativo realizzato dai critici di Allmusic (il sito), altri 15,90.
Certo, è un’ottima scusa per risentire il tutto: sono perfettamente d’accordo con chi pensa che si tratti del periodo musicalmente migliore dei Rolling, al loro massimo, con un Mick Taylor che fa il contropelo a quel lazzarone di Keith Richards come poi mai più, il piano di Nicky Hopkins reduce da una lunga permanenza in California dove aveva suonato “solo” con Jefferson, Qicksilver e Jerry Garcia Band. In quanto alla misteriosa terza chitarra, non è più a lungo un mistero: era ”solo” Ry Cooder. Ne volete di più? Gli arrangiamenti dei fiati anticipano di qualche anno quelli di Bruce Springsteen. Ed erano i Rolling…
In quanto alla presunta mancanza di hits, a posteriori il problema sembra più che altro la poca volontà (ai tempi) di tirarli fuori: i brani sono 18, Rocks Off, Shake Your Hips, Tumbling Dice (lento), Sweet Virginia, Torn and Frayed (altro lento), Happy, Ventilator Blues e chiedo scusa se me ne manca qualcuno sono capolavori. In quanto all’altro lento Shines a light è stato ripreso due anni fa da Martin Scorsese solo per dare il titolo al più bel film mai fatto sul fenomeno Rolling Stones…
Ultimo cenno: il film. Appunto sul dorato esilio nel sud della Francia, anno 1972, quando Cannes e St Tripe erano fra i posti più fighi del mondo (non che adesso siano proprio dei gabinetti, ma vuoi mettere ai tempi..) e c’era probabilmente la più alta concentrazione di popstar per metro quadrato del pianeta. Non so se lo vedrò. Potrebbe indurre disturbanti fenomeni da nostalgia per tempi e lidi più felici, rendendoci ancora più consci di quanto abbiamo perso e quanto poco guadagnato.