Frozen – Il regno di ghiaccio

Creato il 01 febbraio 2014 da Nadia Strawberrie @river_inthesky

Finalmente sono riuscita a vedere Frozen!!! Dopo due mesi di rabbia e psicodrammi interiori dovuti all’asfissiante sovraesposizione di immagini tratte dall’ultimo lungometraggio d’animazione Disney e trasportate di peso in migliaia e migliaia di icon twitteriane, FINALMENTE CE L’HO FATTA ANCH’IO. HO VISTO FROZEN.

Ovviamente, tutto questo carico di hype ed esaltazione generale del web aveva generato in me delle speranze ed aspettative altissime nei confronti della pellicola. E ovviamente, come mi accade praticamente sempre in queste occasioni, le mie aspettative sono state parzialmente deluse.

Wait, un momento. NON STO DICENDO CHE FROZEN NON MI SIA PIACIUTO. Anzi, al contrario, l’ho trovato decisamente piacevole e, sotto alcuni punti di vista, un’ulteriore passo avanti rispetto a Tangled e al tanto decantato (e da me non troppo gradito) Brave. Piuttosto, direi che non ho trovato in Frozen quel capolavoro assoluto d’animazione contemporanea che certi bloggher fanatici disneyani volevano vendermi.

Innanzitutto, se mal sopportate i musical o comunque non apprezzate i momenti musicali piazzati nelle sequenze cruciali della storia, Frozen non fa decisamente per voi. Lo dico per chiarezza, dato che né il trailer, né tutta la caciara virtuale facevano particolarmente presente questo “piccolo” dettaglio. Per la sottoscritta il problema non sussiste (io amo i musical e starei a canticchiare le melodie dei cartoni tutto il dì), ma voi capirete il disagio quando a guardare il film c’è uno come il giovane Padawan, che alla prima canzoncina sdolcinata è già pronto ad alzarsi ed abbandonare la sala…

Il secondo problema, questo sì effettivamente un pizzico fastidioso per la sottoscritta, è dato dai difettucci tecnici. Pur trattandosi di un prodotto di altissimo livello, siamo ancora al di sotto della soglia di definizione degli ultimi lavori Dreamworks e, cosa più importante, manca per l’ennesima volta una vera e propria firma visiva originale e distintiva, quel tratto stilistico in grado di farti riconoscere il film alla prima inquadratura (e no, essere ricoperti di neve non vale, di grazia. Soprattutto se hai a disposizione fiordi e splendidi paesaggi nordici. E Mike Giaimo).

A costo di prendermi una manciata di pomodori dal pubblico virtuale, secondo me questo Frozen non fa altro che ritornare indietro, in un’ottica di design, ripescando nell’immaginario di Tangled con personaggi che sembrano ricalcati con lo stampino (differenziazione nei tratti somatici, questa sconosciuta!) e ambientazioni che, per quanto mi riguarda, potrebbero anche essere identiche ed indistinguibili da quelle di Rapunzel se non fosse per la neve. Belle, bellissime, ma a tutt’oggi poco originali e senza personalità. E aggiungiamoci pure che le somiglianze si trovano a subire il gigantesco limite del portafoglio, con 110 milioni di differenza rispetto alla principessa dai lunghi capelli  che si vedono tutti. E badate bene che non sto neppure lamentandomi a dovere degli inguardabili Troll.

Ma la tecnica non è tutto, of course, e giammai ci permetteremmo di giudicare malamente l’insieme a causa di queste eccessive pignolerie. Passiamo invece a parlare dell’aspetto più complesso ed interessante di questo Regno di Ghiaccio: i personaggi.

Il discorso qui potrebbe farsi lunghetto, per cui mi trovo costretta a schematizzare leggermente l’argomento.

[SPOILER ALERT! Il paragrafo successivo contiene lievi spoiler sulla trama… Se non avete ancora visto Frozen forse sarebbe il caso di girare i tacchi!]

IL CATTIVO: anche volendo far finta di aver assistito ad un plot twist dignitoso (spoiler: NOPE), la verità è che un “villain” così scarso non lo vedevamo da tempo. Voi capite che c’è qualcosa di sbagliato se stiamo dando del cattivo ad un tizio che si prende cura della città e distribuisce coperte mentre le legittime sovrane se ne sbattono e lasciano il paese in piena crisi per risolvere le loro family issues, vero??? Improponibile.

IL COMIC RELIEF: anzi no, I comic reliefS. Perché qui ne abbiamo ben due: Olaf e SVEN. Di quest’ultimo ad essere sinceri ci frega pochissimo: in sostanza si tratta della spalla della spalla (Olaf), utile solo ad inserire gli sketch con la carota. Altro discorso vale per il pupazzo di neve che ama i caldi abbracci. Oltre a rappresentare la gioia di ogni bambino in sala, OLAF è, sorprendentemente, un personaggio dotato di caratterizzazione! Il suo sogno ad occhi aperti di una vita d’estate, di sole e di caldo afoso sarebbe persino una dimensione lirica vagamente interessante, se solo la sua canzone non fosse la peggiore del film…

Saltiamo a piè pari KRISTOFF, l’inutilità fatta ghiacciaiolo(?) e, in particolare, i TROLL, sui quali ci sarebbe da stendere un gigantesco velo pietoso, e passiamo direttamente a…

LE PROTAGONISTE: ed eccoci qui, al punto cruciale di tutta la conversazione.

Cominciamo parlando di ANNA (vi avviso, preparate altri pomodori virtuali da lanciare). La redhead principessa di Arendelle non è altro che una ragazzina petulante e fastidiosissima, e stereotipo ambulante di tutte quelle frivolezze capaci di irritarmi l’anima. In poche parole? Una bimbaminkia. Per 3/4 del film non fa altro che sparare idiozie a raffica e agire senza alcuna cognizione di causa. Da bimba petulante che stalkera la sorella ogni santissima mattina andando a cantare davanti la sua porta ad adolescente frivola alla quale interessa solo “incontrare quello giusto ed avere uno splendido abito” il passo è brevissimo. Non ci stupiamo per niente che la simpaticissima principessa impieghi solo circa 45 secondi ad innamorarsi e fidanzarsi con il primo tizio che le capita davanti e ci stupiamo ancora meno quando, dopo la fuga della sorella, Anna decide di lasciare un’Arendelle gelata e semi-distrutta dall’inaspettato inverno in mano al suddetto neofidanzato (che adesso conosce da un minuto e mezzo). E così via dicendo, per tutto il resto del film…

Fortuna che, a salvare capra e cavoli e film, intervengono due elementi notevolissimi.

Il primo (e probabilmente il più importante) è il netto miglioramento in termini di contestualizzazione e modernizzazione dei soggetti e delle tematiche affrontate. E’ su questo punto che Frozen riesce ad elevarsi rispetto ai due predecessori, riprendendo il discorso sui legami familiari ed utilizzandolo come spinta, innovativa e realmente gradevole, verso un approccio tutto improntato all’affermazione della persona.

L’inversione dei motivi disneyani canonici continua dunque la sua scalata, rilegando i baci del vero amore in un angolo, ironizzando sull’idea di innamoramento repentino “da favola” e sul matrimonio come unica realizzazione personale della protagonista, e riponendo il focus della narrazione sul self empowerment delle protagoniste.

Neanche a dirlo, è il personaggio di ELSA ad incarnare il motivo dell’affermazione di sé stessi, e lo fa in una maniera così appagante da sovrastare la quasi totalità del film con una sola scena/sequenza/canzone.

A dirla tutta, quando parliamo di Elsa, ci rendiamo conto come la sua non sia altro che una caratterizzazione appena appena accennata, che tuttavia permette al personaggio di assumere tutta la valenza metaforica necessaria, in grado di stravolgere e coinvolgere enormemente lo spettatore. La scena della trasformazione (o l’Extreme MakeOver – Ghiaccio Edition, che dir si voglia) è indubbiamente il momento più esteticamente e metaforicamente convincente dell’intero lungometraggio, forte anche della potenza di un brano, Let It Go (All’alba sorgerò, nella versione italiana), orecchiabile, emozionalmente perfetto e sorprendentemente efficace nel trasmettere l’iconicità della scena.

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COMMENTINO DA FANGIRL AL VOLO…

Eh, ma adesso capisco anche perfettamente “what the fuss was all about” con Elsa e Jack Frost!!!

Eheheheh, approvo e sottoscrivo… I TOTALLY SEE WHAT YOU DID THERE! ;D


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