Fuga dalla cultura: gli effetti perversi del berlusconismo

Creato il 13 febbraio 2013 da Pane & Rose


di Assunta Viteritti.

Negli ultimi 10 anni l’Università italiana ha visto ridurre le sue matricole di più di 50.000. Il dato è registrato dal CUN (Il Consiglio Universitario Nazionale) che ha presentato di recente uno studio nel quale si segnala un -22% delle matricole e di una riduzione ogni anno del 5% dei finanziamenti – le matricole sono scese da 338.482 (anno 2003-2004) a 280.144 (2011-2012) -. Ancora qualche dato. In Italia si laurea solo il 19% dei 30-34enni contro una media europea del 30%. La riduzione così alta di matricole in 10 anni è tutta a scapito delle classi sociali più basse (e del sud). Un dato drammatico è che su 100 diplomati solo 21 si iscrivono all’università e di questi solo 8 completano il percorso e molti di questi fuori corso. Questi dati possono essere interpretati in molti modi, i numeri non sono mai neutri, si caricano delle interpretazioni che sono usate per leggerli. Io qui voglio seguire una di queste interpretazioni.
L’investimento in educazione è troppo rischioso e non da nessuna garanzia, questo il ragionamento che viene fatto dalle famiglie nel migliore dei casi, nel peggiore dei casi la frase è un’altra: “ma a che serve studiare se poi non si trova lavoro” oppure “non serve a niente studiare, posso magari guadagnare di più anche senza studiare”. Quale tragica fragilità di pensieri si annida dietro questo tipo di affermazioni! Come se l’istruzione e la cultura servissero solo per lavorare e far soldi.
In questi ultimi 10 anni (e di più…ahimè) ci sono stati alcuni mantra nella comunicazione politica (berlusconiana) contro la cultura e a favore del “farsi da sé”, contro l’idea del sacrificio e della bellezza dello studio e della ricerca a favore di scorciatoie etiche oltre che intellettuali. Questo vacuo messaggio ha avuto però molti appigli in culture sociali medio basse che hanno finito per disinvestire, anche emotivamente, nella mobilità educativa e culturale dei figli a favore di vie più veloci ritenute prive di rischio. Questo paese è più triste perché 58.000 persone hanno rinunciato allo studio universitario e altrettante famiglie (molte del sud) hanno rinunciato a fare sacrifici per un figlio o una figlia laureato/a. Il disprezzo per la cultura (alimentato in questi anni da chi non può desiderare un paese libero e colto) ha finito per rendere normale non studiare per arrivare a ritenere normale non cercare un lavoro di qualità per ritenere normale smettere di desiderare.
In Italia non abbiamo la migliore Università che si può immaginare (per usare un eufemismo), è un mondo in bilico poiché la mannaia della riduzione della spesa, unica voce concorde nelle scelte di governo degli ultimi 20 anni, non può fare una Scuola e un’Università migliore, semmai il contrario (purtroppo).

In Pachistan una ragazzina di 12 anni, Malala Yousafzai, è stata ferita dai talebani perché era diventata una piccola eroina a favore della scuola in un paese dove le bambine non possono più andare a scuola. Malala per fortuna oggi è fuori pericolo e nella sua giovane vita ha messo al centro il valore del sapere e della conoscenza come uniche fonti di emancipazione e di libertà (certo il padre e la madre le stanno vicino e desiderano ciò che lei desidera). Provate a far leggere il suo diario ai vostri figli di 12 anni. http://27esimaora.corriere.it/articolo/andare-a-scuola-sfidando-i-talebani-diario-di-malala-ragazzina-pachistana/

per saperne di più sul calo delle matricole

http://www.roars.it/online/calo-degli-immatricolati-profumo-minimizza-ma-inciampa-sui-dati/



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