Fuggi fuggi leghista durante l’Inno di Mameli

Creato il 15 marzo 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

Meno due giorni al 17 marzo, così magari la finiremo con gli opposti estremismi: da una parte l’incessante, e pedante, retorica nazionalista, dall’altra le esagerazioni della Lega nel boicottaggio delle celebrazioni. Ci sarà da ridere giovedì.

Intanto, scenata verde anche oggi. Una legge per i 150 anni dell’Unità, ovviamente non votata dal Carroccio, prevede che le sedute del Consiglio regionale lombardo si apra con l’Inno di Mameli (anzi, di Novaro, così Caparezza è contento). Durante l’esecuzione, dei consiglieri leghisti era in aula solo il presidente Davide Boni, ma solo per il ruolo istituzionale. Tutti gli altri, Renzo Bossi compreso, a finire la colazione al bar. 

Gli altri consiglieri, piuttosto pacchianamente, hanno messo in mostra spille, coccarde o addirittura bandiere tricolore nel taschino. Per l’occasione era in aula anche il governatore Roberto Formigoni.

Leoluca Orlando, portavoce dell’Italia dei Valori, stigmatizza l’episodio:

È gravissimo, un vero e proprio schiaffo al Paese. Se non si sentono italiani, si dimettano e rifiutino il lauto stipendio che gli arriva puntuale a fine mese.

Poi puntuale, ed evitabilissima, polemica su Renzo Bossi:

Almeno per una volta il pluribocciato Trota, in arte Renzo Bossi (e chi glielo spiega che è il contrario? ndr), studi e impari le parole dell’inno, visto che ha affermato di non conoscerle, o vada in fabbrica o in altri luoghi a lui più adatti a guadagnarsi da vivere, come fanno tutti i suoi coetanei che non sono figli del Senatùr.

Ma malumori si sono registrati anche in seno al centro destra, in particolare da parte dell’assessore alla Sicurezza e coordinatore milanese del PDL Romano La Russa, uno dei più entusiasti per la festività:

Chi non rende onore alla propria bandiera, al proprio inno e alla patria non può che essere definito vigliacco e la sua esistenza meschina. Migliaia di lombardi si sono sacrificati, dalle guerre risorgimentali fino alle battaglie sul Carso e sul Piave. Chi disonora il sangue dei propri avi e patrioti che si sono immolati per sconfiggere il nemico asburgico, è un traditore e un vigliacco.

A rispondergli è Boni:

Oggi abbiamo raggiunto un livello di demagogia fuori da ogni portata, anche perché il sentimento di appartenenza all’Italia non avviene per imposizione. Ho dovuto dare ordine di non sventolare tricolori: qualcuno pensava, forse, di entrare allo stadio. Credo che si sia superato il limite, siamo in un consiglio regionale e non allo stadio quando gioca la Nazionale.

Alla fine le parole più sagge le sfodera Formigoni:

Settanta secondi di Inno di Mameli non fanno male a nessuno, sono un simbolo importante di quello che siamo.

Un paio di appunti: ma i ministri leghisti non hanno giurato sulla Costituzione dove si afferma che l’Italia è una e indivisibile? Come fanno a dormire la notte?

E secondo, perché non far andare di continuo in tutte le strade e tutte le piazze l’inno di Mameli, così almeno i leghisti se ne stanno rintanati nei loro cantucci?


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