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Per lui sembra fatta, dopo ufficiose consultazioni tra le segreterie di partito e quelle delle diverse correnti della magistratura. Niente di formale naturalmente, perché in teoria le cose dovrebbero andare in ben altro modo: il Parlamento elegge i membri laici del Csm e uno di loro viene votato a scrutinio segreto dal plenum del Consiglio a maggioranza. Quindi anche dai 16 togati, che hanno in mano il pallino.
Tra i laici dovrebbero essere scelti giuristi di alto livello, indipendenti, ma la realtà è un’altra. I candidati sono di partito e il papabile vice presidente non si presenta a Palazzo dei Marescialli se non ha la certezza di essere votato. Ecco spiegate le trattative “segrete”, per nulla diverse dal passato. Tra un insigne giurista come il professor Vittorio Grevi e un avvocato-politico come Michele Vietti, le correnti maggioritarie dei magistrati, Unicost ed Mi, scelgono Vietti perché è una candidatura “unificante” tra togati e laici. Perché favorisce un dibattito costruttivo fra politica e magistratura. Anche se il segretario generale di Unicost, Marcello Matera dice a Il Fatto che “Il Parlamento indica gli 8 laici e solo dopo i consiglieri eletti di Unicost al Csm faranno le loro concrete valutazioni”. Magistratura democratica e Movimento per la Giustizia invece hanno rimarcato la differenza tra una candidatura politica come quella di Vietti, dettata da una “logica di bilanciamenti” e una come quella di Grevi di “altissimo profilo professionale”, che risponde meglio alla questione morale sollevata da tanti magistrati. Anche se Mancino ieri ha dichiarato: “Gli ultimi avvenimenti relativi all'inchiesta P3 gettano un cono d'ombra, ma non credo che possano incidere sulla sostanza dell'attività che abbiamo svolto al Csm”. Il via libera a Vietti arriva anche dal Pd dopo una riunione di Bersani con i capigruppo Anna Finocchiaro e Dario Franceschini. Inascoltato l’appello di 40 senatori, primi firmatari Ignazio Marino e Felice Casson, per scegliere i candidati dopo “una discussione interna, aperta e trasparente”. Nei corridoi del transatlantico Casini intanto parlava fitto fitto con D’Alema e con gli ex Margherita, favorevoli alla candidatura di Sergio Mattarella. Alla fine ha prevalso l’intesa con l’Udc anche perché "sono i magistrati che eleggono il vicepresidente e Vietti è il nome che incontra i maggiori consensi". Non solo: "Il sì a Vietti – aggiunge un dirigente del Pd – è anche un modo per Bersani di siglare una convergenza con l'Udc". Se Vietti sarà eletto vicepresidente del Csm, Silvio Berlusconi potrà stare tranquillo. È uno dei padri della legge che nel 2001 ha di fatto depenalizzato il falso in bilancio, salvando il premier da una condanna al processo di Milano “All Iberian 2”, dove i giudici per la prima volta hanno pronunciato una sentenza di assoluzione perché “Il fatto non costituisce più reato”. E nel 2004 Vietti dichiara: “Sono contrario a cambiare di nuovo il falso in bilancio: una nuova riforma farebbe sospettare che la precedente sia stata fatta per salvare dal processo qualche imputato particolare”. Quest’anno si schiera contro il “processo breve” ma corre in soccorso di Berlusconi presentando un suo testo alla Camera sul legittimo impedimento che prevedeva, rispetto a quello approvato a marzo (con l’astensione dell’Udc), la sospensione dei processi solo per il presidente del Consiglio e non anche per i ministri. Un male necessario questa legge, secondo Vietti, perché "il premier si considera, a torto o a ragione, vittima di una sistematica e annosa persecuzione giudiziaria" e deve poter governare. Un ragionamento da ex democristiano. Perfetto per rispettare la tradizione dei vicepresidenti del Csm.
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