A differenza dello stunt-man, la cui prestazione è calcolata per enfatizzare ogni rischio che fa drizzare i capelli, un buon funambolo ce la mette tutta per fargli dimenticare i pericoli, per distoglierlo dai pensieri di morte con la bellezza di cio’ che esegue sul cavo. Lavorando in preda alla massima tensione, il funambolo sul cavo a grande altezza esegue esercizi che hanno lo scopo di creare una sensazione di libertà illimitata.
Diversamente dalle altre arti, l’esperienza del cavo a grande altezza è diretta, semplice, immediata, non richiede la minima spiegazione. L’arte è la cosa stessa, una vita nella sua più nuda evidenza. Se c’è bellezza, è la bellezza che sentiamo in noi.
Dalla prefazione di Paul Auster nel libro “Trattato di funambolismo” di Philippe Petit
Questa prefazione si trova sul sito di Vasco Rossi, funambolo della musica italiana e, a mio modesto parere, della vita. Ma non sono qui per tesserne elogi. Voglio anzi concentrarmi sulla bellezza di questa prefazione, cercando di coglierne uno spunto per sviluppare il thema del post.
Dovrebbe esistere un naturale diritto non tanto ad affermare la propria “felicità”, questa è secondaria, accessoria, ma, essenzialmente, ad affermare il proprio “equilibrio”, il che non significa “stabilità”, ma appunto “funambolismo“.
La vita ci ripropone costantemente situazioni quotidiane per le quali si richiede una scelta (che vanno dallo scegliere se mangiare un piatto di pasta al sugo o un piatto di pasta in bianco, quando siamo fortunati, allo scegliere tra la vita e la morte, in situazioni estreme).
La scelta è talvolta facile, talvolta difficile. Ma non focalizzando la nostra attenzione su di essa, ma sull’ambiente, sull’universo, ci accorgeremmo che quella scelta, del tutto contingente, appartiene a una serie illimitata e potenzialmente infinita di “libere scelte”: molteplici strade che si dipartono a ogni scoccare della lancetta dell’orologio, responsabilità comportamentali che si incrociano determinando atomo dopo atomo la caduta dei pezzi di domino, la loro direzione.
Ma la Scelta Suprema, a mio modo di vedere, consiste, se così vogliamo dire, se stare sopra o se stare sotto. Ehm, no, sporcaccioni, non parlo di posizioni sessuali! Oddio, anche lì è questione di equilibrio, eh! Anzi lì è tutta questione di equilibrio, specialmente se vi piacciono le posizioni funamboliche.
- Ho capito, dai! Facciamo un esame della vista!
Il sesso è funamoblismo, l’amore è caduta libera nella rete.
Stare sotto, per continuare a usare questa metafora, significa, in questo caso, “non consapevolezza”, stare sopra è associabile a “consapevolezza”. Essere consapevoli non tanto del filo sul quale camminiamo, non tanto se la rete c’è o manca, ma dello spazio che “rubiamo” al mondo, degli atomi che ci appartengono, una consapevolezza assoluta dell’essere.
Occorre essere consapevoli delle scelte che facciamo, consapevoli del sistema di responsabilità reciproche nel quale queste scelte vanno ad innescarsi. Solo così potremo aspirare a un miglior governo (delle emozioni umane e delle cose umane), a un mondo migliore, a migliorare sè stessi.
Sii consapevole, cammina sul filo, perché il filo è in te. La libertà è in te.
- Siate consapevoli di ciò che scegliete…specialmente se avete un cane!
Anche Rocco è in te (e non vorrei essere nei panni dei maschietti!)