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Fundamentals: cronache di un architetto ignorante

Creato il 05 novembre 2014 da Luisellazeri @ARCHIzonzo
Oggi vi proponiamo una riflessione sulla Biennale di Architettura di Venezia propostaci dall'arch. Michela Rizzo. Non possiamo che condividerla.
Scena: Due coniugi un po’ in la con gli anni si aggirano sospettosi per uno dei padiglioni dell’esposizione di arte contemporanea della Biennale di Venezia. Il figlio aveva organizzato loro la visita immaginando che fosse una delle cose assolutamente da vedere in un viaggio a Venezia. La moglie, un po’ stanca, trova una sedia vuota lungo il percorso, sotto ad una palma, e decide di sedervisi mentre il marito le va a prendere una bibita. Mentre la signora si rilassa, un gruppo di persone si avvicina, e comincia a d osservarla, a fotografarla. Una signora dice al suo vicino: 
Vedi quel corpo, sembra una sfera che prima si sprofonda verso il basso, e poi si innalza pian piano, come sospinta dal vento che muove la palma”. 
Il marito torna con una bibita e quando capisce quello che sta succedendo scaccia le persone esclamando 
Questa è la mia signora!”. 
La scena è tratta dal film “Dove vai in vacanza” del 1978 con Alberto Sordi. La situazione è surreale e nasce da un duplice fraintendimento: la coppia di coniugi non aveva capito che la sedia con palma era un’installazione e non un punto relax, e gli avventori della mostra non avevano capito che la signora sulla sedia non era affatto parte dell’opera.
Fundamentals: cronache di un architetto ignoranteFundamentals: cronache di un architetto ignorante
A questo ho pensato visitando la Biennale di Architettura di Venezia di quest’anno. Alla scena del film con Alberto Sordi, e delle due l’una: o io non capivo il messaggio, o il messaggio non era destinato a me. La Biennale di Architettura di Venezia di quest’anno si intitola Fundamentals, e vorrebbe rappresentare un’indagine sullo stato attuale dell’architettura con un occhio volto al futuro. Ma è proprio quella che emerge dalla Mostra l’immagine dello stato dell’Architettura? Perché se così fosse toccherebbe dare ragione a Frank Gehry che in una recente conferenza stampa, mostrando il dito medio, ha asserito che la maggior parte dell’architettura di oggi è, riporto testuale, “pura merda!” (da che pulpito poi…ma questa è un’altra storia). Da uno come Rem Koolhass, pluridecorato architetto di fama internazionale, mi aspettavo qualcosa di più incisivo. O magari solamente qualcosa di più. Quella della Biennale di quest’anno è una rappresentazione dello stato dei lavori che definirei “senza sforzo”.  Nessuno sforzo fatto per far emergere le peculiarità dei paesi partecipanti, o anche solo per avvicinare chi magari non bazzica nell’ambiente ed è semplicemente curioso. La maggior  parte delle esposizioni si compongono di foto appese. Video. Pochi disegni. Plastici meno ancora (Per dire…se volevo le foto delle opere di Niemeyer in Brasile me le scaricavo da internet o compravo un libro). Non si è veramente riusciti ad organizzare qualcosa di meglio? Alla vista di innumerevoli “colleghi” (forse loro non vorranno essere accomunati a me, ma tant’è che la laurea ce l’ho pure io) che con sguardo critico, afferravano la loro reflex e si mettevano a fotografare le foto appese, mi sono sentita come la signora che si siede sulla sedia sotto la palma. Io, che sono un architetto ignorante, non ho capito che quella era architettura. Non ho capito che fare una fotografia dello stato dell’Architettura oggi, volesse dire letteralmente fare una foto dell’architettura. Magari con filtro seppia, che fa figo.
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In pratica, la mia impressione è che il tutto viene sminuito, o meglio, semplificato fino allo stremo, tranne che per chi è un architetto colto e finge di intendersene fotografando foto. Credo che l’organizzazione di quest’anno sia stata sbagliata. Non è un problema da strapparsi i capelli. Anche i migliori sbagliano. Ma l’immagine che si da dell’architettura è quella di qualcosa di lontano, di rarefatto, di difficile da capire, di argomento per pochi. E invece l’Architettura è vita quotidiana. Di tutti. E’ la più vicina a tutti delle arti, perché è la vita stessa. Forse è proprio questo il Fundamental che si sono dimenticati di raccontare. Perché si fa architettura con teorie, con pensieri, con travi e pilastri, ma anche con le persone. Tutte. Anche quelle senza Reflex.
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P.S. Una mia amica che non lavora nell’ambiente, ha liquidato la mostra così:
“Sembra che a due settimane dall’inaugurazione qualcuno si sia ricordato della Biennale e abbia raccolto in fretta due robe, tanto per fare vedere che avevano fatto qualcosa!!”. 
Per dire.  

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