Magazine Italiani nel Mondo

Fuori Posto. E fuori luogo.

Creato il 30 marzo 2011 da Fugadeitalenti

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Il 25% dei lavoratori italiani (uno su quattro) si sente fuori posto. Ritiene cioé che la sua attuale occupazione non rifletta la propria formazione e competenze. Lo afferma un’indagine Eurobarometro, che stila anche una classifica dei più insoddisfatti: primi i francesi, poi britannici e i cechi. C’è poco da consolarsi, comunque: siamo due punti sopra la media europea, per la precisione al settimo posto di questa singolare classifica. E’ anche sintomatico che a sentirsi fuori posto in Europa siano soprattutto i giovani: il 29% degli “under 24″ e il 26% degli “under 29% si dichiarano in questa condizione, poi per fortuna la situazione si riequilibra. Ma a preoccupare è soprattutto la seguente domanda: “Al lavoro ricevi il rispetto e il riconoscimento che meriti per il tuo impegno e i tuoi risultati?” L’Italia è ancora al settimo posto, per il 19% di “no”, quale risposta alla domanda. A parte la Francia, ci sopravanzano solo i Paesi dell’Est Europa. Non siamo messi bene, in generale…

Intanto -dati Isfol alla mano- quasi un trentenne su due in Italia vive ancora a casa coi genitori (per le donne al percentuale scende poco sopra il 30%). Come rileva Enrico Marro su “Il Corriere della Sera”, occorre risolvere il problema di “un sistema educativo, scolastico e produttivo che non favorisce l’indipendenza economica dei giovani“.

Sfaccettature diverse di uno stesso problema: lavoro che manca per i giovani. E che quand’anche c’è, li vede spesso sottoinquadrati, o male inquadrati. Al settimo posto in ben due classifiche europee, per qualità negativa del lavoro… beh, non è proprio il massimo.

A volte basterebbe poco… Registriamo con favore, ad esempio, l’appello del Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, che pochi giorni fa ha chiesto ai rettori delle università italiane di inserire online i curricula dei laureati. Lo prevede il Collegato lavoro, entrato in vigore a novembre. I CV dovrebbero essere resi noti e consultabili alle aziende, da parte delle università. Al contempo, dovrebbero essere inviati al portale ministeriale “Clic Lavoro”. Perché li si tiene nascosti? Presto detto: molti atenei curano delle privatissime banche dati, che vendono poi alle aziende. Un business nel business: soldi dalle matricole e dagli studenti per laurearsi, soldi dalle aziende che pagano per avere i CV dei laureati. Senza parole…: non solo si paga per studiare, ma bisogna pure aspettare che il potenziale futuro datore di lavoro paghi per avere il nostro curriculum. E contattarci, se va bene. Per fortuna non tutte le università seguono questa politica, ma occorrerebbe che qualcuno cominci a fare “name & shame” di chi segue queste pratiche medioevali.

Dicevamo: basta poco… Recentemente mi è saltato all’occhio il caso russo-tedesco, per l’attrazione dei talenti. La Germania, locomotiva d’Europa, ha presentato la scorsa settimana un disegno di legge che permetterà di facilitare il riconoscimento dei diplomi conseguiti all’estero. Sono circa 300mila gli immigrati, in particolare extracomunitari, che dovrebbero beneficiarne: in tal modo si eviterà l’assurda situazione di ottimi medici o ingegneri, obbligati a fare i tassisti a Berlino, a causa dell’impossibilità di far valere il proprio titolo di studio. C’è chi la chiama “attrazione dei talenti”. Aggiungiamo un: “regolarizzazione dei talenti”. Ci vuole davvero poco. Persino la Russia ha scoperto che i talenti servono. Per questo il presidente Dmitri Medvedev ha firmato la legge federale di modifica alle norme sull’immigrazione, per favorire l’ingresso di esperti e specialisti qualificati stranieri. I quali non avranno più troppi problemi con i visti. Semplice, no?

E l’Italia, oltre a far scappare i migliori, comincerà quantomeno ad attrarli? Prima o poi? Mah…

Infine vorrei segnalarvi questo splendido “post”, comparso qualche giorno fa sul blog “Italianiaberlino“. Lo ha scritto Ruth, italiana che vive nella capitale tedesca da molti anni. Ha deciso di raccogliere in un unico scritto le lettere dei tanti, troppi italiani in fuga dal Paese. E ne ha fatto una lettera aperta ai nostri governanti. I quali, ciechi, sordi e rinchiusi nella loro torre d’avorio, probabilmente non leggeranno mai questa missiva. Fatti loro. Dopotutto questo è un invito a cambiare l’Italia per davvero.

A questo indirizzo potete leggere il “post” per intero. Qui sotto ne riporto alcuni, significativi, estratti:

CLAUDIO: “[In Italia] ho visto manager imbecilli e impreparati, gente assunta perché raccomandata, megadirettori galattici dal passo pesante. Si lavorava tanto ma si sprecava anche tanto tempo. Di molte persone, là dentro, non ho mai capito i compiti effettivi e forse non lo sapevano neanche loro. Eravamo in 4 a tirare la carretta, gli altri zavorra. Per ultima ho provato la libera professione nel campo dell’edilizia romana. PEGGIO CHE MAI!”

FEDERICO: “E’ un’Italia che non condivido più in gran parte, in cui si è persa l’attrattività culturale, il senso di responsabilità civile, la capacità di guardare oltre il proprio interesse particolare. In cui il degrado sociale e valoriale è sotto gli occhi di tutti. Un Paese che non è stato in grado negli ultimi vent’anni di prendere il treno per entrare nella contemporaneità del XXI secolo ed oggi rimane indietro in tutti i settori strategici”.

BEATRICE: “Tre anni fa in Italia, a Milano, si respirava un’aria malsana. Costi altissimi per tutto: ristoranti, cibo, case,ecc. Io la casa, fortunatamente l’ ho comprata anni fa, ma cominciava ad essere piccola e il lavoro a scarseggiare. Parlando con mio marito, anche lui libero professionista, abbiamo deciso di lasciare l’Italia e venire a vivere a Berlino. é stata una scelta d’istinto, così, senza ragionare troppo su “faremo bene, faremo male, cosa succederà, lavoro famiglia, amici, ecc”.

SERENA: “Sono partita dall’ Italia, Puglia esattamente per mancanza di lavoro e inoltre perche essere governati da gente cosi disgustosa non é affatto possibile, ho lasciato la mia Italia, perché non posso educare mio figlio in un contesto simile”.

ALESSANDRO: “Il rettore di una grande università mi disse: “lei ha un curriculum superiore anche a quello dei nostri ordinari, quanto a concorsi vinti, premi, pubblicazioni e collaborazioni internazionali. Peró in Italia, come saprà, il curriculum non serve a niente. Conta solo la “fila”. Ed é praticamente impossibile inserire in questa fila, persone solo sulla base del merito…”.

CRISTINA: “Dopo la laurea con 110 e lode ho “lavorato” gratis per due anni presso il reparto dove avevo fatto la tesi. Due anni di responsabilità, orari massacranti e nessuna assicurazione. Per due volte ho tentato il concorso per entrare in specializzazione e per due volte sono stata superata da colleghi meno titolati e più raccomandati. A maggio 2010, esasperata, ho deciso di andarmene”.

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