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Futuro e Libertini

Creato il 09 dicembre 2010 da Danielevecchiotti @danivecchiotti

Due notizie lontanissime tra loro per argomento e sostanza mi battono in testa oggi, premendo perché io mi liberi di loro vomitando sul blog i miei pensieri ad esse correlati.

La prima è quel dato diffuso da Bankitalia e riportato stamattina da tutti i quotidiani (“Metro” compreso, il che è tutto dire) secondo cui numero sempre crescente di italiani non riesce a pagare le rate del mutuo sulla casa, a causa della perdita del lavoro e di redditi familiari sempre più bassi.

La seconda è il trentennale dell’opera prima di PierVittorio Tondelli, “Altri libertini”, commentato qualche giorno fa da Marco Belpoliti con un bell’articolo sulle pagine de “La Stampa”.

Cosa centrano Tondelli e i suoi racconti d’esordio con l’attuale crisi economica e il tasso di disoccupazione crescente? Nulla o quasi, ovviamente. Eppure un qualche legame lo si può trovare se, come giustamente sottolinea Belpoliti, si considera “Altri libertini” la cartina di tornasole di un’Italia che, nel gennaio del 1980, per liberarsi un periodo di conflitti politici e di tensioni sociali del decennio appena conclusosi, si incamminava su un terreno nuovo: “il «riflusso» o, come si diceva allora, il «trionfo del privato»”. Finiva insomma l’impegno di gruppo, l’individuo tornava protagonista, si buttavano le basi di quello che diventerà l’edonismo craxiano già pronto ad esplodere dietro la porta.
La gente abbandonava le piazze preferendo accomodarsi sul divano di casa e godersi il relax davanti alla tivù. E Tondelli, seppur con le sue storie spesso disperate di tossicomani e disperati vari, divenne uno degli scrittori-simbolo di quell’epoca fun-centred, minimalista e tutta incentrata sul sé, sul proprio mondo interiore, e sulle quattro mura del singolo io.

E io, oggi, leggendo della crisi dei mutui, non posso fare a meno di chiedermi se, ora che le quattro mura perdono la loro stabilità, smettono di essere simbolo di sicurezza e protezione, il trentennio del riflusso non debba considerarsi definitivamente chiuso, e se il tempo non sia maturo, in narrativa come nella vita vera, per iniziare una fase di riflusso al riflusso. Ricominciare a preoccuparsi di qualcosa che sia anche leggermente più politico, qualcosa che non sia solo il contenuto delle nostre mutande o i risultati del televoto.

C’è anche la coincidenza (coincidenza?) di quell’aggettivo sostantivato del titolo, che guardacaso richiama la parola più abusata e svuotata di senso negli ultimi vent’anni: libertà. La Casa delle Libertà, il Popolo delle Libertà, Futuro e Libertà, Sinistra e Libertà. Come se, buttando un termine sopra un marchio, fossimo davvero convinti di essere tutti più liberi quando, ben che vada, al massimo siamo diventati solo un po’ più Libertini.


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