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G20. I leaders a confronto su Siria e economia

Creato il 06 settembre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
G20, Siria, economia, Italia, Obama, Putin, Usa, Russia

Photo credit: GovernmentZA / Foter / CC BY-ND

Guerra fredda 2.0? Oggi è l’ultimo giorno del G20, la riunione annuale che vede confrontarsi le maggiori potenze economiche del pianeta sul rilancio dell’economia mondiale dopo la crisi. Ma a San Pietroburgo non è l’economia a far notizia, ma la Siria: solo il premier Letta esprime la sua soddisfazione per l’Italia, non più sorvegliata speciale.

La discussione è quindi profondamente segnata dalla questione siriana. Alla presunta lettera di Papa Francesco a Putin per una soluzione pacifica del conflitto, il Cremlino risponde che gli sforzi in questa direzione continueranno. Al momento però una soluzione in qualsiasi senso è ancora lontana: Obama e Putin sono seduti ai due capi del tavolo e si guardano in cagnesco. Il padrone di casa ha invitato tutti i partecipanti per eventuali colloqui privati ai margini dei lavori, ma non è previsto nessun faccia a faccia formale USA-Russia. Colloquio che viene rimandato da ormai un mese, causa Datagate e le già serpeggianti tensioni per l’asilo a Snowden.

L’argomento Siria è stato sollevato ieri sera a cena a palazzo Costantino e ha subito visto l’aprirsi di differenze abissali. Gli USA fanno un pressing diplomatico per l’intervento militare, fortemente osteggiato da Putin, che ha il vantaggio di giocare in casa, che si unisce al pressing politico fatto da Obama in patria, dove la maggioranza del Congresso è ancora scettica o fortemente contraria alle armi. Il leader degli States ha quindi dato il via alle telefonate ai membri del Congresso e, anche sul piano internazionale, più che un consenso fatto di basi e uomini cerca un sostanziale appoggio politico. La posizione di Putin è condivisa in modo più e meno omogeneo dai BRICS. «L’unica via possibile» per porre fine alla crisi siriana è una «soluzione politica», ha ripetuto il presidente cinese Xi Jinping a Letta nell’incontro bilaterale di ieri pomeriggio.

Anche i Paesi membri dell’Unione Europea sono divisi: alla Francia si oppone la Germania, che si schiera per una soluzione diplomatica, forse anche per ragioni elettorali.

L’Italia si è schierata per una soluzione di compromesso: Letta ha infatti ribadito, dopo quanto detto dal ministro degli Esteri Bonino,  che la nostra Costituzione vieta l’intervento militare fuori da una missione Onu, e che i nostri soldati sono già impegnati in diverse missioni (dal Kosovo, al Libano, all’Afghanistan). Se però un intervento militare ci sarà, tra il regime di Assad e Obama, l’Italia non ha dubbi su quale scegliere.

Anche l’UE opta per la diplomazia: Barroso e Van Rompuy, anche se bollano l’attacco con armi chimiche del 21 agosto come “crimine contro l’umanità”, si oppongono a una soluzione militare. È seguita in toto dall’Onu, che intensifica i suo sforzi diplomatici, inviando a San Pietroburgo Lakhdar Brahimi, inviato speciale dell’ONU e della Lega Araba per la Siria con il compito di promuovere la Conferenza “Ginevra 2”, in modo da costringere il regime e i ribelli allo stesso tavolo. Il Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che è intervenuto a San Pietroburgo a un incontro sui temi umanitari promosso dalla Gran Bretagna a margine del summit del G20 ha nuovamente espresso la sua preoccupazione per le conseguenze di un eventuale attacco militare in Siria, con il rischio di scatenare “nuove violenze settarie”.

Sostanzialmente, sia per l’economia che per la Siria, un nulla di fatto.

Articolo di Sara Martinetto


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