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Gabriel Maindron, prete genocidario

Creato il 12 agosto 2012 da Dragor

_ Maindron pretre__________________________________________________________________________________

   I preti ‘zungu si dividono in 2 categorie. Quelli appartenenti alla prima vengono da noi senza essere invitati, cercano d’imporre la loro religione, predicano l’odio, partecipano a un genocidio e scappano per sfuggire alla punizione. Quando rientrano in patria, adottano quello che si dice un basso profilo. Se qualcuno li interroga, piagnucolano: “Ma io ero là per aiutare i bambini e quei brutti mi hanno cacciato via...” A questa categoria appartengono i tipi come Carlo Isaia Bellomi.

   Quelli appartenenti alla seconda fanno esattamente le stesse cose fin quando sono costretti a scappare. E’ a questo punto che il loro comportamento diverge. Perché, invece di adottare un basso profilo, si ammalano di logorrea. Poveretti, non riescono a frenarsi. Rilasciano interviste, scrivono libri, fanno blog, pubblicano video su Youtube, appaiono alla TV, c’è da scommettere che parlano da soli quando vanno a spasso. A questa categoria appartengono i tipi come Gabriel Maindron.

   Se leggete o ascoltate il suo bla-bla, vedrete che è tutto un “travolto dagli eventi”, “la situazione mi era sfuggita di mano”, “non sapevo”, “non capivo”, “mi sentivo confuso”, “ho solamente eseguito gli ordini di Roma”. Sapendo che il Rwanda ha chiesto la sua estradizione per offrirgli una bella tunica rosa, ha chiaramente deciso che la miglior difesa è l’attacco. Infatti il buon Gabriel ha scritto un libro, Un prêtre dans la Tourmente (Un Prete nella Tormenta), che raccomando a tutti perché nel suo genere è un classico: descrivendo il genocidio visto dalla parrocchia di Crête-Zaïre-Nil a Kibuye, illustra molto meglio di come potrei fare io la mentalità contorta, ipocrita e amorale dei missionari. Dopo un’introduzione con i soliti luoghi comuni sul Rwanda e alcune imprecisioni (per esempio, prefetture e un’armata rwandese all’epoca della colonizzazione!), il libro cerca di spiegare la crescita della violenza mettendo sullo stesso piano il partito fascista MNRD (Mouvement National Rwandais pour le Développement) e il democratico FPR (Front Patriotique Rwandais), il giornale razzista Kangura e quello democratico Kanguka (che Gabriel definisce “comunista” ed “estremista pro-Tutsi” mentre esprime semplicemente la tendenza unitaria, antirazzista e anticoloniale). In pratica Maindron riproduce in modo perfetto l’ideologia del dittatore clerico-fascista Habyarimana, rivelando come all’epoca di Hitler e Mussolini l’innata propensione della chiesa cattolica a schierarsi con i dittatori, i razzisti e i genocidari.

   In ogni caso non mancano i passaggi interessanti che mostrano il genocidio visto da una parrocchia di campagna: la diffusione degli appelli all’odio da parte della Radio Mille Collines grazie a una nuova antenna installata nel marzo 1994 con un altoparlante nel bar del paese, il controllo totale sulla popolazione operato dalle cellule dell’antico partito unico, la presenza di barriere di Interahamwe nella vicina Gisenyi a partire dal mattino del 7 aprile (a questo proposito la gente del posto mi ha mostrato i luoghi precisi dove i miliziani filtravano la gente ammazzando i Tutsi), il loro abbigliamento rituale (parure di foglie di banane), le loro origini, le modalità dei massacri. Gabriel è certamente “travolto dagli eventi” ma questo non gli impedisce il 10 aprile di celebrare una messa per le donne Hutu mentre i loro mariti stanno dando la caccia ai Tutsi nei dintorni della chiesa. Non gli impedisce di esortare i Tutsi moribondi a “perdonare i loro assassini” (non per niente in altre parti del libro il buon Gabriel dichiara di avere idealizzato la causa razzista). Non gli impedisce di consegnare 200 Tutsi che si erano rifugiati nella sua chiesa ai gendarmi che li stermineranno nello stadio il 19 aprile seguente. Non gli impedisce di fare questa osservazione quando un Tutsi si suicida nella chiesa per sfuggire ai machete: “Bisogna fare pulizia. I Tutsi se ne sono andati lasciando tutto in disordine.” Non gli impedisce di attribuire quanto sta accadendo a “Satana” e non alla gelida organizzazione dei massacri da parte del prefetto Kayieshema, suo grande amico.

   Racconta un testimone: “Sono l’unico superstite dei massacri nella chiesa di Kibuye. Abbiamo cercato di resistere ma quattromila persone sono state massacrate. Prima di venire uccise, molte donne sono state stuprate. Sono riuscito a rifugiarmi nel campanile della chiesa dove sono rimasto molti giorni senza mangiare, solamente con un po’ d’acqua. La chiesa è stata saccheggiata e le bande hanno preso i vestiti dei morti. Dopo due giorni, dall’alto del campanile, ho visto Gabriel Maindron dirigersi verso la chiesa con un gruppo di persone. C’erano una macchina di Radio Rwanda e una macchina delle autorità. C’erano il borgomastro, il prefetto Kayishema e altre persone. Gabriel Maindron era tra loro e parlava con tutti. Sembrava tranquillo e rilassato. L’ho sentito dire al prefetto che bisognava «cancellare le tracce dei massacri perché i visitatori esterni non sapessero quello che era accaduto.”

   Mentre le sue vittime giacciono sottoterra, Gabriel Maindron se la spassa in Francia con la bendedizione del papa. Rilascia interviste, scrive libri, continua a parlarsi addosso. La sua testimonianza illustra mirabilmente la fondamentale amoralità della chiesa cattolica e il suo disprezzo della vita umana.

   Se qualcuno volesse arrestarlo per spedircelo in Rwanda, queste dovrebbero essere le sue coordinate: Gabriel Maindron, 53 rue de Verdun, 85300 Sallertaine (F) tel. 02 51 49 31 97. Vieni Gabriel, ti aspettiamo a braccia aperte! 

Dragor


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