Magazine Cultura
"Operai"
Feltrinelli, 8 €
Questo libro, a parte l'autore, aveva tutte le carte in regola per piacermi moltissimo.
E' un reportage giornalistico fatto tra gli operai nel 1988 (e appena ripubblicato da Feltrinelli), otto anni dopo la sconfitta definitiva dei sindacati all'interno della FIAT (che era come dire: all'interno dell'industria italiana). Un reportage che si muove tra storie di gente che si è reinventata, gente che è rimasta fedele al partito e al sindacato (andandoci di mezzo), gente che (non) arriva a fine mese e comunque difende l'azienda, gente che lavora quattordici ore al giorno tra fabbrica e campi per accumulare la "roba" e comprarsi la ricchezza che ormai vede ovunque, ma partendo dalle case, la sua manifestazione più essenziale per chi è sempre stato povero.
Dicevo: aveva tutto per piacermi moltissimo: è un libro fatto di storie personali che restituiscono un quadro su un periodo, un problema, un modo di lottare che è stato rimosso quasi completamente dal modo in cui noi (intendo: la gente più o meno della mia età) siamo cresciuti.
Mi è piaciuto molto meno di quanto sperassi, però: Lerner non entra mai davvero nelle storie di chi racconta, le sorvola a volo d'uccello, raramente lascia loro la parola per un numero di battute sufficienti a comprenderli a fondo, e raramente analizza davvero i cambiamenti di cui sta parlando: l'automazione, il cambiamento di atteggiamento della dirigenza FIAT, il cambiamento di paradigma degli stessi operai, sempre più disillusi e sempre più attenti alla propria sfera personale (ma anche: la sostanziale inefficacia del partito e del sindacato prima della sconfitta, la sua conclamata inabilità a fare le cose).
Manca, in questo reportage, una chiara scelta: non racconta abbastanza le vite dei suoi protagonisti e non analizza mai sul serio (e non prende mai posizione ... ma forse è ingiusto chiederlo ad un giornalista, e ad un giornalista abbastanza giovane come era Lerner all'epoca) la situazione in cui si muovono.
C'è un solo punto memorabile, ed è la descrizione della "sfilata" a cui sono costretti ogni giorno i "confinati" nel reparto speciale (quello dedicato ad operai con handicap, gravemente infortunati o gravissimamente e irrecuperabilmente comunisti): 70 metri di sofferenza dalla fermata dell'autobus alle porte del reparto, fatte su stampelle, bastoni o coglioni giratissimi.
Un'altra cosa redime - a mio parere - un libro che non riesce mai ad essere poco più che interessante: lo sprezzo con cui Lerner distrugge le teorie di un giovane ricercatore di allora, dicendo piuttosto chiaramente che non ha capito niente di niente e che fa solo il cagnolino dei padroni. E il nome del giovane ricercatore è RENATO BRUNETTA.
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