-Di Monica Grigolo
Galeno, chi era costui? Magari ci si ricorda del suo nome quando si sente di preparazioni galeniche, quei medicamenti fatti fare al laboratorio farmaceutico su ricetta medica, qualcuno lo può ricordare come studioso di medicina e punto di riferimento in tale ambito fino al XVI secolo, ma qui lo si riporta alla memoria perché fu il primo a creare una vera e propria crema, quella che venne inclusa nella Farmacopea Londinese nel 1618 con il nome di cold cream.
Una breve premessa su cosa sia una crema, o meglio ciò che si chiama comunemente crema ma che in realtà dovrebbe essere definita emulsione, cioè un insieme di parte acquosa e di parte oleosa, tenute insieme da un emulsionante. Il classico esempio è la maionese, uovo (costituito anche da acqua) e olio che si uniscono amalgamandosi grazie alla lecitina contenuta nel tuorlo che funge appunto da emulsionante.
Si possono preparare anche i cosiddetti “bifasici”, prodotti senza componente emulsionante e con le due parti di liquido a base acquosa e di grasso separati ma che si uniscono se si agita il contenitore prima dell’uso per pochissimo tempo e per poi separarsi nuovamente.
Che cosa c’era nella crema di Galeno? Pochissimi ingredienti: acqua, cera d’api e olio, dove il ruolo dell’emulsionante lo recita la cera d’api.
Che altro ha bisogno una crema per poter essere usata? Naturalmente ci sono attivi con vari funzioni che si possono aggiungere, i bombardamenti pubblicitari parlano di acido ialuronico o filtri solari o coenzima Q10, ma per chi vuole iniziare a far da sé non deve complicarsi troppo la vita e partire proprio dall’emulsione più semplice, con qualche accorgimento per non buttare via oltre le materie prime anche l’entusiasmo del principiante, sapendo che anche i più esperti ogni tanto sperimentano qualcosa che finisce nella spazzatura.
Ecco quindi le dosi per una prima cold cream:
-cera d’api 20 grammi (si può trovare da chi vende miele oltre che su qualche sito di materie prime);
-olio d’oliva 60 grammi ;
-acqua distillata 20 grammi
Come si può notare la quantità totale dà 100 e questo dev’essere per ogni ricetta che si vorrà riprodurre.
Adesso si parte, mettendo l’olio e la cera in un barattolino resistente al calore a fondere a bagnomaria e contemporaneamente riscaldando dolcemente l’acqua affinché le due parti abbiano la stessa temperatura. Quando la cera sarà del tutto sciolta si verserà a filo l’acqua nella soluzione che si chiamerà “lipo” per la presenza di olio (anche la cera è comunque considerata un grasso), mescolando con pazienza con un cucchiaino per emulsionare, si lascerà raffreddare con pazienza a temperatura ambiente dando una girata ogni tanto. Non si deve avere fretta e guardare la prima “creazione” che a poco a poco prende la consistenza di una crema densa e corposa al delicato profumo di cera d’api. Perché una crema si conservi, ça va san dir, c’è bisogno di un conservante per evitare che si creino muffe e si sviluppino batteri anche se si utilizza l’acqua distillata, quella del ferro da stiro per intendersi (mai del rubinetto che potrebbe contenere tracce di cloro e altri Sali non graditi dalle preparazioni); ora, la ricetta originaria di Galeno prevedeva che nella parte oleosa venissero messi in infusione petali di rosa, per non complicarsi la vita con i primi tentativi si consiglia l’acqua di rose più famosa che si trova in commercio, nella cui composizione i conservanti ci sono e per questa volta si chiuda un occhio sul fatto che tanto eco-bio non lo è.
Una curiosità su questa crema: basta spalmarsene un poco per accorgersene che è a base molto grassa ma ha una notevole azione rinfrescante dovuta all’evaporazione dell’acqua, per questo motivo le venne dato il nome di cold cream.
La prima emulsione è stata fatta, magari si può aggiungere qualche goccia di olio essenziale, magari di limone che va bene per mani e unghie, ma nelle prossime puntate si vedrà come perfezionarsi e cercare di auto prodursi qualcosa di più complicato e adatto alle esigenze di ciascuno. Dunque Arrivederci !