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Gambo (Etiopia) / Ieri lebbrosario oggi anche moderno ospedale

Creato il 17 ottobre 2012 da Marianna06

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Nella provincia del West Arsi, a 254 chilometri a sud-est di Addis Abeba, è sorto negli ultimi tempi l’Ospedale generale rurale,la cui sede è Gambo, capace di ospitare  fino 100 mila persone.

Nell’ospedale di Gambo possono essere curate persone affette da Aids, tubercolosi, malaria, bambini  malnutriti e donne, che hanno riportato  infezioni dovute a mutilazioni genitali e altro.

E’ un ospedale nuovo di zecca, dotato di moderne attrezzature, e poco distante da esso, in un territorio limitrofo, c’è ancora il quartiere dei lebbrosi, quello in cui parecchi anni fa  menavano una grama e complessa esistenza intere famiglie di lebbrosi.

L’ospedale generale rurale è diretto dai missionari della Consolata ma il personale medico ormai è quasi esclusivamente locale.

Scrivo quasi perché, ancora oggi, è consuetudine che alcuni medici stranieri, dall’Italia e dall’Europa, spendono le proprie ferie,  prestando, per brevi o lunghi periodi, servizio e assistenza  volontaria a Gambo.

Quando ho sentito parlare per la prima volta di Gambo, alla fine degli anni ‘60, Gambo invece era solo un lebbrosario e una missione cattolica.

 O meglio la missione cattolica affiancava il lebbrosario, prendendosi cura con i pochi mezzi a sua disposizione e la solidarietà di gente generosa, dei poveri malati alla mercè della carità altrui.

 Quando questa c’era.

Ad informarmi dell’esistenza di Gambo era stato un piccolo e modesto notiziario dei Missionari della Consolata: “Jambo Africa”.

 Un periodico voluto da un missionario molto speciale, padre John Bonzanino, anche giornalista e scrittore,  con lo scopo di far conoscere fuori dall’Africa la realtà di estrema povertà del nord-est del continente africano.

In particolare “Jambo Africa” si occupava dell’ Etiopia ma anche, di straforo, alcune volte, di Kenya e  di Somalia.

Paesi in cui missionari, missionarie, medici (Cuamm di Padova ) e personale sanitario erano, di necessità, costretti a spostarsi, per prestare la propria opera quando, all’improvviso, c’erano delle urgenze.

 Solitamente epidemie di malaria o casi gravi di tubercolosi.

“Jambo Africa” mi arrivava puntuale, allora, grazie ad un amico medico di Novara, che lavorava a Wajir,nel nord-est del Kenya, ai confini quasi con la Somalia ed era amico dei missionari.

 E dopo Wajir ci fu per lui  Mandera.E poi altro ancora.

Così descrive p.John il paesaggio etiopico,dopo essere stato per anni missionario in Kenya : “Siamo oltre i duemila metri di altitudine, c’è un’aria corroborante, e il paese è carrozzato di verde. Ma è un mondo molto  diverso dal Kenya per cultura, costumi, lingua, regime”.

L’Etiopia di p. Bonzanino era, infatti, quella di Menghistu e delle delocalizzazioni forzose.

Realtà politica molto differente da quella del suo amato e rimpianto Kenya.

Poi, sempre, dalle pagine di “Jambo Africa”, p.John, un giorno, ci  racconta di una coppia italiana  di volontari laici che, dopo un’esperienza in un campo profughi in Somalia, ha scelto in quegli anni di approdare a Gambo.

E, trattandosi  di un contesto rurale, di pensare di studiare  la realizzazione di una scuola agraria per la gente del posto.

Diciamo pure che quei semi gettati in un terreno difficile, tanti anni fa, hanno dato nei tempi lunghi i loro frutti.

Oggi a Gambo c’è un autentico ospedale ,in cui le professionalità locali possono esercitare per davvero.

E questo è bene. E, rispetto all’ieri, è un buon  passo in  avanti.

Ci sono poi  ragazzi e ragazze, che studiano e si diplomano in agraria. E la scuola è proprio quella nata,  un pezzetto alla volta,mattone dopo mattone, giorno dopo giorno,  con tanto sacrificio e tanto amore disinteressato, per l'impegno iniziale di quella coppia italiana, che ha osato. 

Gli studenti, i ragazzi e le ragazze appunto, che lavorano con competenza la terra e riescono a vendere i loro prodotti al mercato con discreti ricavi, sono arrivati perfino a realizzare quell’autosufficienza personale e familiare , che in passato  era assolutamente utopico immaginare.

I lebbrosi si curano finalmente con i farmaci adatti e l’incidenza della malattia è meno frequente di una volta, perché le condizioni generali di vita sono cambiate in meglio.

Tanto che alcune famiglie collaborano, lavorano e guadagnano. Modestamente. Ma hanno una paga sicura. Che per loro è tantissimo.

Si occupano anche dell’allevamento di animali da cortile tanto per la missione che per l’ospedale accanto al dare una mano, al momento della semina o del raccolto, ai contadini. E questo non li fa più sentire ai margini della società.

Ora capite, cari amici, perché ho chiamato “Jambo Africa” il mio blog.

Quelle opere sociali, che tanti anni fa hanno avuto inizio e proseguono, sono importanti per l’Africa.Come lo sono tante altre sparse in tutto il continente.

 Ed è importante che si sappia che questo avviene.

Ampliando le argomentazioni oltre il nord-est del continente, e anche in chiave laica, come è giusto che sia, ritengo  importante fare informazione su contesti e realtà che di solito i media ufficiali affrontano  superficialmente e solo quando c’è un’emergenza e  con toni allarmistici.

Ma ritengo altrettanto importante raccontare cosa si fa in Italia e nel resto del mondo per l’Africa.

Non occorrono azioni eroiche per fare bene il bene.

E non occorrono etichette o sponsor necessariamente.

A me lo hanno insegnato p.John, tanti altri amici missionari,  i medici volontari (che non sono pochi), il mondo  del volontariato e tanta altre modestissime persone di buona volontà, che operano senza clamori o ricerca di ribalta.

“Jambo Africa”online è il minimo che io possa fare in continuità con un ideale che è proposta e speranza di un mondo migliore per l’Africa e per tutti.

Asante Sana, Africa.

 

   Marianna Micheluzzi  (Ukundimana)

 


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