E’ inevitabile quanto banale trovarsi a porre il confronto tra “The Untouchables – Gli intoccabili“, capolavoro di Brian De Palma, e “Gangster Squad” di Ruben Fleischer (non propriamente uno abituato a destreggiarsi nell’America del proibizionismo, avendo diretto l’ottimo “Benvenuti a Zombieland” ed il discreto “30 Minutes or less” che di certo non parlano di gangster), confronto da cui quest’ultimo esce impietosamente ridimensionato. Se il film del ’87 fu un notevole successo lo si deve attribuire non solo ad un cast eccezionale, ma ad un virtuosismo registico che riusciva a conferire profondità ai personaggi. In “Gangster squad” non c’è Al Capone di De Niro ma c’è Mickey Cohen di Sean Penn; non c’è Eliot Ness di Kevin Costner ma c’è John O’Mara di Josh Brolin; non c’è Jimmy Malone di Sean Connery ma c’è Max Kennard di Robert Patrick; non c’è Giuseppe Petri di Andy Garcia ma c’è Jerry Wooters di Ryan Gosling, non c’è il contabile Oscar Wallace di Charles Martin Smith ma c’è l’esperto di elettronica Conway Keeler di Giovanni Ribisi. Perdonate la carrellata di nomi, ma credeteci, potremmo andare avanti con i paragoni all’infinito, anche se, a dirla così, si potrebbe pensare ad un remake. Il punto è che “Gangster Squad” non è un remake e si proponeva, almeno nelle intenzioni, di ripresentare il vecchio gangster movie anni ’50 attraverso il declino del criminale realmente esistito Mickey Cohen. Operazione fallita. E c’è da dire che il film non parte nemmeno male andando a forza sull’acceleratore dell’ ultraviolenza, tanto per dirla alla “Arancia Meccanica“: uno Sean Penn al buio si fa largo sulla scena, apparendo ampiamente ritoccato dal make up, e ordina ai suoi uomini di uccidere un rivale attraverso lo squartamento (forma di esecuzione consistente nella divisione in più parti del corpo ndr). Poi tocca a Josh Brolin presentarsi al pubblico, decidendo di entrare in un covo di scagnozzi, massacrarli di botte e salvare una donzella in procinto d’esser stuprata e trasformata in prostituta. Ora, è evidente sin dai primi 5 minuti quello che sarà il motivo conduttore che marchierà per sempre questa pellicola: bello da vedere e ricco di stereotipi. Per quanto spettacolare sia infatti, entrambi i personaggi di questa eterna lotta sono strettamente legati a stereotipi troppo forti e pesanti: il gangster spietato ed il poliziotto buono e incorruttibile. E via via che il film va avanti ci si rende conto che ogni personaggio è frutto di una stereotipizzazione ai limiti del sopportabile. E verrà da pensare: povero Ryan Gosling, molto sottotono rispetto ai suoi standard, nei panni di un bravo ragazzo, un po’ playboy un po’ incosciente; e povera Emma Stone nei panni della dark lady all’apparenza, ma in fondo dolce e vulnerabile. E così via. La cosa che lascia però davvero perplessi non è tanto la fiera dello stereotipo che Fleischer esibisce con inspiegabile orgoglio, tentando tuttavia di mascherarlo con situazioni simpatiche e grottesche quasi stesse girando una parodia, quanto la poca profondità dei personaggi. Non c’è tempo per piangere quando uno della squadra degli intoccabili, o, se preferite, della gangster squad, inevitabilmente morirà sotto i colpi violenti del malavitoso di turno, nè per preoccuparsi quando le famiglie e gli innocenti saranno messi in pericolo dalla tenacia di questi bravi poliziotti. Nulla di nulla, solo e soltanto guerra. “Gangster squad” non aggiunge nulla di nuovo al genere gangsteristico, come invece “American gangster” di Ridley Scott e “Nemico Pubblico” di Michael Mann avevano fatto dimostrando che si può sempre mediare tra creatività e spettacolo quando c’è qualcosa da dire, ed è destinato a rimanere un guscio d’oro che non contiene nulla. Qualche buon momento d’azione, qualche sparatoria in slow motion, qualche eccesso di sangue, le ottime interpretazioni di Josh Brolin e Sean Penn su tutti, e poi il vuoto. Perdonate se anche qui troverete i paragoni con “Gli intoccabili“, ma diventa inevitabile se persino una sequenza sulle scale di un albergo riporterà alla memoria il film di De Palma, o se guardando il povero Giovanni Ribisi in procinto di essere assalito tornerà alla mente la casa di Jimmy Malone, o se guardando Josh Brolin correre assetato di vendetta a casa di Mickey Cohen echeggerà nella mente “Sei solo chiacchiere e distintivo“. Tutto questo non è un esercizio di memoria o di stile, ma si rende necessario per sottolineare come “Gangster squad” sia il classico film già visto, e l’unica vera novità è la storia d’amore tra Gosling ed Emma Stone, che lo spettatore ha già visto innamorarsi in “Crazy Stupid Love“, ed è spontaneo quindi pensare che come novità non è poi una “genialata” e che forse sarebbe stato meglio girare semplicemente un remake.
Voto 5/10