Garibaldi “Cleombroto” vs “il condottiero degli immomdi”
FERMENTI, XL, n. 236, Roma 2010, pp. 429, € 25,00
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di Antonino Contiliano
Cos’è Fermenti. Fermenti è il periodico a carattere culturale, informativo, d’attualità e costume diretto dallo scrittore, poeta ed editore Velio Carratoni.
Il n. 236 del periodico porta in copertina un’opera di Michele Cossyro, il tricolore italiano. Il messaggio è chiaro. È volto alla ricorrenza dell’Unità dell’Italia in vista dei festeggiamenti 2011. Segno che l’evento storico risorgimentale, che generò l’unificazione dell’Italia, è patrimonio di tutti, e che nessun media, specie se si occupa di arte e letteratura, può ignorare o misconoscere l’importanza del fenomeno.
Gramsci, nonostante avesse letto il Risorgimento italiano con le lenti della “rivoluzione passiva”, non ebbe mai dubbi sul valore liberale e “progressivo” dell’Unità risorgimentale.
Fra gli interventi che costellano il n. 236 di FERMENTI, uno è dedicato a Giuseppe Garibaldi condottiero. Il “rivoluzionario” che combatté per l’unità (sotto la monarchia) di tutti gli italiani, e che “preparò” (idealmente), secondo noi, anche quel futuro che poi portò al “tricolore” della Repubblica italiana antifascista.
E anche se Garibaldi, contro le aspettative dei rivoluzionari repubblicani e dei moti sociali, consegnò il frutto delle sue vittorie alla monarchia della Casa Savoia, non certo per questo merita l’apostrofe sprezzante che lo addita quale “condottiero degli immondi”. Glielo scaglia addosso il “separatismo” leghista, ovvero la politica involutiva e razzista della palude padana. Lo sprezzo, inoltre, si presenta doppio. L’attributo negativo, infatti, si connota come una doppia immorale e ingiusta offesa.
Da una parte è un’indegnità (senza paragoni) rivolta a uno che ha dato la vita per l’ideale nazionale, e dall’altra una sporca offesa al/i popolo/i per la cui liberazione non si è risparmiato. “Eroe dei due mondi”, infatti, è la leggenda che circonda la memoria di Garibaldi (la storia delle sue imprese a favore degli oppressi e de ribelli extraterritoriali è nota).
Sì che aver ricordato, da parte di Serena Butera (che ha scritto l’articolo), che Garibaldi, giovane recluta della marina sarda, scelse per se, quale pseudonimo di combattente, l’identità di “Cleombroto”, è un segno di riscatto e un riconoscimento positivo indelebile. “Cleombroto”, infatti, fu fratello di Leonida e padre di Pausania, l’antico e prestigioso eroe di Sparta. Giuseppe Garibaldi, allora, come “Cleombroto”!
E come questo eroe, Giuseppe Garibaldi non si fermò davanti agli ostacoli; dirigendosi verso il Meridione e la Sicilia, per la lotta di liberazione e unificazione italiana risorgimentale, pensò e agì al grido trascinatore di “Qui si fa l’Italia o si muore”.
La sua missione di vita fu “liberare la gente oppressa ovunque si trovasse; fu un uomo scomodo per governi e governati che spesso… si preoccuparono per le sue mosse incontrollabili” (p. 77).
Il periodico FERMENTI n. 236, naturalmente, ha altri scritti, e di valore, che ci informano sulle tematiche provenienti da altre zone della letteratura e della cultura.
Per la SAGGISTICA presenta: “Frequentare la letteratura” (su Giuliano Manacorda, 1919-2010) di Antonella Calzolari; Testimonianza per uno storiografo del Novecento di Francesco De Nicola; I luoghi e gli incontri di Rodolfo Di Biasio; Poesia-valore e Poesia-mercato di Donato Di Stasi su Alda Merini; Soprascritte di Marcello Carlino; Il libro e la lettura – un inedito di Giorgio Manganelli a cura di Gualberto Alvino; Panorama mimetico di Francesca Fiorletta; Giovanni Fontana e gli attriti dei linguaggi di Massimiliano Borelli con testi poetici di Giovanni Fontana; Humour nero di un dandy adolescente di Stefano Lanuzza su Lautréamont; Tradito dall’astro nel silenzio campale: l’ultimo Volponi di Giovanni Terzanelli; A ritroso, con Eurialo De Michelis di Ariodante Marianni; La teoria della conoscenza di Giovanni Vailati: dalla “sensazione” all’“attesa di sensazioni” di Ivan Pozzoni; Il Parlar franco di Gualtiero De Santi su Tolmino Baldassarri, Dina Basso; Stefano Lanuzza e la letteratura come ‘romanzo generale’ di Antonino Contiliano; “Qui si fa l’Italia o si muore”: Garibaldi e la Sicilia di Serena Butera.
In questa sezione, oltre al già citato pezzo su Garibaldi, si può leggere l’intervento di Nassimiliano Borelli che si sofferma sulla “intermedialità” dell’artista e poeta Giovanni Fontana, i cui “flussi plurilinguisti e plurisemiotici circolano…in vista di una complicazione, di un rinforzo polisenso’, come scrive Marcello Carlino…”(p. 40); l’intervento di Donato Di Stasi che, in “Poesia-valore e Poesia-mercato”, lavora criticamente (“gli assi cartesiani della critica”) sul pensiero e la produzione di Alda Merini; l’intervento di Gualtiero De Santi che, in “Il parlar franco”, sottolinea il “neovolgare e anche gergale” nell’opera d’esordio della giovane poetessa siciliana Dina Basso”, nipote del compianto Salvo Basso, “uno dei nostri maggiori lirici di fine secolo” (.p. 67); intervento di Stefano Lanuzza che, in “Humour nero di un dandy adolescente”, ci presenta Isidore Ducasse (Lautréamont) come “l’adolescenziale seppure smagato interprete d’un humour che, similmente a certi grandi e talora insospettati ‘umoristi tragici’ (per esempio, i sempre nostri ‘contemporanei’ Dostoevskij e Kafka), svolge la propria poetica verso una sorta di ascesi ironica e demistificante sino al nichilismo” (p. 47); l’intervento di Francesca Fiorletta, invece, nel suo saggio “Panorama mimetico”, ci dice della genesi delle forme espressive, che vanno dalle scelte “dissacranti” a quelle dissonanti delle sperimentazioni poetiche odierne”. La stessa autrice indica poi sia il profetico W. Benjamin che, in Angelus Novus (“Sulla facoltà mimetica”), “focalizza l’essenza costitutiva della natura umana nell’ininterrotto scambio percettivo fra le determinazioni formali in perpetua dissolvenza nell’universo circostante” (p. 37), sia la posizione di Mario Lunetta che, invece, nella sua raccolta di saggi Invasione di campo. Proposte, rifiuti, utopie, “sintetizza con veemenza il babelico sviscerarsi del panorama sociale ed artistico attuale, che sempre spazio concede alle elucubrazioni semiologiche e culturali in un’odierna affabulazione meccanicistica, merceologicamente indottrinata” (p. 39).
Gualberto Alvino, da par suo, nella sezione BLOC NOTES , per es., dall’altro appunta la sua scrittura affilata (pungente) sul sostegno che Valter Pedullà dà a scrittori come “tal Christian Raimo al punto da riservargli ben dieci paginoni del ‘Caffè illustrato’, o che abbia da condividere con uno scrivente ingenuo e senza sugo come Tommaso Pincio” (p. 84); l’altro, oggetto della mira di Alvino, è certo Enrico Panunzio, “autore altrettanto malnoto che di sicuro avvenire” (p. 85), che “ripropone due racconti di Vincenzo Consolo (Nerò Metallicò e il Teatro del Sole)”.
Per l’arte e la narrativa segniamo le titolazioni.
Per l’ARTE: Alba Savoi (arte come scrittura) di Mirella Bentivoglio, Carlo Fabrizio Carli, Lorenzo Mango; Pandolfelli colorista sprezzante, artista riflessivo di Sandro Barbagallo; De Palos/Fuga oltre il pozzo dell’irrazionale di Vincenzo Guarracino; Elsie Wunderlich (inventare la natura) di Roberto Díaz Castillo, Efraín Recinos; L’arco teso di Silvia Venuti di Rossana Bossaglia, Gio Ferri, Fausto Lorenzi, Piero Viotto; Aerte in progress: Giovanni Giulianelli di Enrico Maria Guidi.
Per la NARRATIVA: Primo capitolo di un romanzo ancora in elaborazione di Mario Lunetta; Racconti di Gemma Forti; Racconti di Piero Sanavio; Racconti di Velio Carratoni; Buone e cattive letture seduto in un tram di Gabriele Sabatini; Formicidae di Laura Azzali.
E poi, ancora, FERMENTI n. 236 completa le sue pagine con: fotografia, poesia, traduzioni, musica, teatro, interviste, recensioni, costume, inserto fondazione Piazzolla, interviste, premi, notizie, note biografiche.
Ogni intervento meriterebbe un’attenzione a sé, ma lo spazio della nostra una recensione, vista la corposità del volume, è per ovvi motivi (dipendenti dai limiti di chi scrive), non può certo competere con l’estensione e la gamma tematica di Fermenti n.236. Per cui si invita il lettore, ove interessato, a munirsi del volume ordinandolo direttamente al direttore Velio Carratoni (e-mail: [email protected]; www.fermenti-editrice.it).
Per ultimo, ci piace ricordare (ancora) che l’opera pittorica “Fratelli d’Italia, 2010” – il tricolore della bandiera italiana –, che fronteggia la copertina di FERMENTI n. 236, è dell’artista, originario trapanese, Michele Cossyro (Cossyro vive a Roma, ma è nato a Pantelleria – TP ); e che oltre alla poetessa Salvo (sopra citata), altra siciliana, il volume ospita anche un saggio dello scrivente sullo scrittore e critico Stefano Lanuzza (Lanuzza vive a Firenze, ma è messinese di origine). Il nostro saggio (p. 69) è titolato: “Stefano Lanuzza e la letteratura come ‘romanzo generale’”. Una breve estrapolazione (pp. 69-70):
«Oggi, XXI secolo, il critico e saggista Stefano Lanuzza, sottraendosi egualmente a certe convenzioni dei discorsi postmoderni e consumistici della letterarietà, propone un’ipotesi della letteratura come ‘romanzo generale’. Una scelta piuttosto insolita e non convenzionale, quella del nostro critico di riferirsi alla letteratura come se fosse un romanzo. Si potrebbe dire, capovolgendo il rapporto tra genere e specie (come in una metonimia o in una sineddoche), che la specie con la sua differenza particolare – il romanzo – prende il posto del genere: la letteratura. Il sottoinsieme prende il posto dell’insieme generale, il quale, così, lascia la sua funzione inclusiva di contenitore delle parti.
Due dei titoli delle opere più recenti dell’autore sono, in tal senso, più che indicativi: 1) “Romanzo della letteratura italiana” il primo (Dante e gli altri); 2) “Romanzo della letteratura siciliana” il secondo (Insulari). Entrambi i libri, eleganti e penetranti per essenzialità quanto per snellezza discorsiva, sono stati pubblicati da Stampa Alternativa rispettivamente nel 2001 e nel 2009.
È la letteratura come un oggetto dall’identità fissa – la letteratura “di un giorno che è sempre lo stesso” (parafrasando un pensiero di Gaston Bachelard) – che Lanuzza mette in discussione. L’identità della letteratura come quella della filosofia deve, cioè, proporsi invece con/da altri punti di vista, se la storia dei saperi e della conoscenza dipende anche dalla temporalizzazione oltre che da un’ipotesi-funzione contestualizzante, esposta e aperta agli scambi energetici con un ambiente dagli equilibri instabili.»
La sezione delle RECENSIONI porta i seguenti interventi: Chi è Costante Porfirio? di Maria Pia Argentieri su Renato Gabriele; Ipotesi aforisma in Lume degli occhi di Domenico Cara di Marzia Alunni; Brina Maurer, Maria Grazia Lenisa e la dialettica degli opposti di Marco Baiotto; La littérateuse en abîme di Donato Di Stasi su Gemma Forti; Maria Lenti su Ode ai corpi fisici di Andrea Ambrogetti su Eterno adolescente (1981-1989) di Carmelo Vera Saura; Domenico Cara su Tempo spaginato di Antonino Contiliano; Giorgio Patrizi su Il mondo percepito (incubi e dediche) di Marco Palladini; Germana Duca Ruggeri su Salmi metropolitane di Michele Brancale, su La muta di Chahdortt Djavann, su A dieci minuti da Urano di Carla De Angelis; Marco De Santissu El padre bandido di Gianna Sallustio; Raffaele Piazza su Dismisure di Matteo Bonsante su Giovanni (1885-1974) di Giorgio Prestinomi.
Su “Tempo spaginato- Chia-smo” (di A. Contiliano) , Domenico Cara scrive:
«Il verso è avviluppato nelle sue novità libere e neo-gotiche, istanza dopo istanza; il confessarsi molteplice diventa riflessione testimoniale e insieme caustico esempio di sensi e volti del nuovo mondo, tra sospetto insidioso e una varietà (ispirativa?) che si addestrano categoricamente per capire l’irrisione e i grafi del proprio dettato e in tutto convinto del totale rien va del nostro tempo in ballo: solo arcobaleno e – intimamente – inferno sociale, politico, altro disfacimento aperto e completo. “La poesia: questo parlare all’infinito soltanto di mortalità e effimero!” (secondo Paul Celan) riaffronta l’immagine di più dissipazioni esistenziali, traumi (e chi-asmi) che impediscono la fedeltà a un diritto (e dovere) alla vita, altre interruzioni e deviate forme di possibile sogno qui arroventato in plurima voce. Antonino Contiliano, con i suoi poemetti, più che trasgressivi, a emergenza implicita, allea ai contenuti allusivi un’insoave ironia, contingenze lessicali anomale, striate di dissenso, frangenti oppositivi, collegamenti appassionati a una specificità ideologica disposta più all’invettiva che al dissidio sperimentale irresponsabile e al caos» (p. 363).
Su “Il mondo percepito (incubi e dediche), l’ultimo libro di poesie di Marco Palladini, Giorgio Patrizi scrive:
«L’ultimo libro di Marco Palladini, è un segnale evidente e importante di una situazione peculiare della ricerca poetica di questi anni, che trova nello scrittore romano un protagonista sempre attento ai connotati più complessi e ai risvolti più densi della sperimentazione testuale. Il mondo percepito (incubi e dediche) […] è un bel titolo che rievoca problemi di teoria della letteratura e della conoscenza. Ed esempio: ma c’è un mondo che non sia percepito? E la percezione comporta maggiore autenticità oppure il rischio dell’arbitrio? Il “mondo percepito” è più autentico o diventa un’entità fantasmatica? E ancora: è un’affermazione solipsistica di un’esperienza individuale del mondo, oppure rimanda ad una “percezione” non solo individuale ma collettiva, storicamente determinata?
Al di là di questa che chiamerei non ambiguità, ma densità problematica del titolo, c’è uno specimen di scritture “militanti”, le più tipiche del mondo letterario di Palladini, come condensate in un sintetico repertorio di forme e modi di una comunicazione “antagonista”, termine oggi sicuramente desueto che mi piace però richiamare perché sicuramente adatto all’impeto polemico che anima le neoplasie linguistiche, gli stravolgimenti, le ironie che fanno del Mondo percepito, universo linguistico di grande e affascinante movimento, dove si affastellano umori, emozioni, riflessioni, ricordi, racconti». (p. 364).