Questo post è una gemma del precedente, dove l'amico Max, commentando, insiste a battere là dove duole il dente (nel mio caso dove duole la schiena, più piano Max!) e segnala un articolo apparso a dicembre scorso nella rubrica Cultura de Il Messaggero. Lì Tullio De Mauro, accademico della Crusca, tratta del basso tasso di alfabetizzazione (tout court e non solo storica) degli italiani.
Il concetto esposto è questo: Nonostante l'aumento delle persone diplomate e laureate, per queste, una volta uscite da scuola, è plausibile attendersi un progressivo e fisiologico regresso culturale (a meno di non praticare in autonomia aggiornamenti costanti). Ma dal '95 abbiamo a disposizione " due indagini comparative internazionali, osservative, sui livelli di alfabetizzazione degli adulti " e scopriamo che
Un 5% della popolazione adulta in età di lavoro - quindi non vecchietti e vecchiette, ma persone tra i 14 e i 65 anni - non è in grado di accedere neppure alla lettura dei questionari perché gli manca la capacità di verificare il valore delle lettere che ha sotto il naso. Poi c'è un altro 38% che identifica il valore delle lettere ma non legge. E già siamo oltre il 40%. Si aggiunge ancora un altro 33% che invece legge il questionario al primo livello; e al secondo livello, dove le frasi si complicano un pò, si perde e si smarrisce: è la fascia definita pudicamente "a rischio di analfabetismo". Si tratta di persone che non riescono a prendere un giornale o a leggere un avviso al pubblico - anche se è scritto bene, cosa tutta da vedere e verificare. E così siamo ai tre quarti della popolazione [...] Resta un quarto neppure della popolazione su cui la seconda delle due indagini infierisce, introducendo domande più complesse, di problem solving, cioè di capacità di utilizzazione delle capacità alfanumeriche dinanzi a problemi inediti. Così facendo, si arriva alla conclusione che solo il 20% della popolazione adulta italiana è in grado di orientarsi nella società contemporanea: nella vita della società contemporanea, non nei suoi problemi, beninteso.
La notizia compare accanto a quella delle nozze della pornostar (abito bianco come la neve e rose rosse come il sangue, chi ricorda?) Roberta Gemma. Anche questa è cultura ormai e, d'altra parte, è quasi primavera. Le gemme, se non ora, quando?
Roberta GemmaMi sono laureata negli anni 90 con una tesi progettuale su un'ipotesi di collocazione urbana di un Parco scientifico e tecnologico, a quei tempi un concetto maturo e digerito negli ambienti scientifici e culturali internazionali fin dagli anni sessanta. Centri di ricerca e sperimentazione imprenditoriale, aventi parecchi punti in comune con le Città della Scienza, come quella di Parigi, seguita da esperienze in tutto il mondo, tra cui Genova e Napoli, in Italia.
Qui da anni c'è una fioritura di proposte scientifiche divulgative della scienza e, nonostante questo, gli italiani non ne sono proprio attratti.
Costretta a casa, e inquieta per non poter nemmeno passeggiare su e giù, riesco a tollerare davvero poca televisione, meglio i libri. Ma dopo pranzo ho seguito su Rai3 una puntata di Leonardo che grosso modo informava di questo:
Secondo una recente indagine sull'alfabetizzazione scientifica degli italiani, da noi una persona su due dice che il Sole è un pianeta, l'elettrone è più grande dell'atomo, gli antibiotici servono a combattere i virus. E solo il 45% dei laureati ha dato risposte esatte. Nel 2012 il livello di competenza scientifica degli italiani è calato, si informano prevalentemente tramite la tv. Il web non viene utilizzato per aumentare la propria conoscenza che dal 50% dei navigatori, e solo il 30% effettua ricerche scientifiche.
Andiamo proprio male allora, e dunque che interessi poteva avere chi ha bruciato la Città della scienza di Napoli, e perché proprio adesso? Elisabetta Della Torre, sul blog Fisici per il mondo dice giusto:
questo avvenimento [...] è il simbolo di un'Italia che non rispetta la scienza ma anzi le è ostile. E di un'Italia che non rispetta se stessa e quello che di meglio ha da offrire.
E forse c'è dell'altro. È in atto una mobilitazione a scala mondiale e molto viva in Italia. Un'attività spesso gratuita e misconosciuta ai più, svolta da addetti ai lavori che tentano di diffondere l'idea che la Scienza e il finanziamento della ricerca scientifica non soltanto servono per proseguire sul cammino dell'evoluzione, ma, se comprese nella loro importanza dalla popolazione (alfabetizzata), possono essere criticate, indirizzate, sostenute, anche in previsione di legiferazioni mirate e consapevoli su alcuni temi caldissimi del dibattito contemporaneo (per esempio, le TED Conferences, ormai un fenomeno anche italiano, la "versione mignon" sui soli temi scientifici attuata dai canadesi Asap SCIENCE, i blog di scienziati come Amedo Balbi o Anna Meldolesi, e infine, lo richiamo ancora una volta, il lodevole intento di Dibattito Scienza a richiedere impegni precisi ai programmi dei candidati alle elezioni, ma volendo l'elenco si estende a molte altre esperienze, compresa quella di clown scientifico del mio amico Pietro Olla).
Non a caso i talenti italiani più quotati all'estero sono scienziati. A questo punto non è difficile capire cosa li abbia costretti ad espatriare da questo paese: l'ascesa di una "spinta involuzionistica" da cui guardarsi bene e contrastare sul nascere, assolutamente.
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