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Generazione giovani: riformatori, globali, pragmatici. I Millennials.

Creato il 18 dicembre 2011 da Raffaelebarone

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Indagine in era post-moderna

L’economista Jeffrey Sachs- Direttore dell’Earth Institute della Columbia University- sostiene che quando i figli di internet riusciranno a prendere in mano le redini del loro futuro, saranno gli unici in grado di affrontare i grandi problemi globali e risolverli, con pragmatismo e senza scorciatoie. Questa affermazione deriva dalle analisi fatte su scala globale e ci racconta i valori di fondo di coloro che stanno arrivando al mondo adulto. Vengono definiti “I Millennials” ragazzi nati dalla fine degli anni 80 in poi. I Millenials cambieranno il mondo perché lo conoscono meglio delle altre generazioni. Sono in sintonia con lo spirito del nostro tempo e parte della società in cui vivono. L’essere nati digitali e dunque costantemente connessi li rende aperti, curiosi, aggiornati su ciò che accade, rapidi, abituati a scegliere, continuamente parte di un gruppo. Vivono il qui e l’adesso in modo esponenzialmente amplificato dalle possibilità di connessione. Sono animali sociali per antonomasia: pensano prima alla collettività che all’individuo, anzi pensano in maniera collettiva. Questo fa si che sia naturale per loro rispondere ai problemi globali guardando al bene comune. I Millennials cambieranno il mondo perché sono pragmatici. E’ una generazione che si basa sui fatti, sui numeri, sulla possibilità di dimostrare che ce la farà. E’ lo stesso pragmatismo che li porta ad identificare come modelli i genitori. Sono figli riconoscenti che danno valore a ciò che i genitori hanno loro fornito: sicurezza economica, migliore educazione, attenzione all’alimentazione e alla sostenibilità. Il loro pragmatismo si trasformerà in nuove regole per la società qualunque sia il tema in oggetto, sistemi finanziari, pensioni, sicurezza o inquinamento. Affronteranno queste sfide pensando a quali sono le cose più giuste ed eque partendo da quelle che sono le risorse a disposizione. Cambieranno il mondo perché sono post-idiologici. Sono riformatori e non rivoluzionari. Non vogliono sovvertire il sistema, ma cambiarlo dall’interno. Contestano il sistema economico e finanziario con la richiesta di un futuro più attento alla persona, all’ambiente, alla diversità e ai diritti. Non cercano una’utopia o una società idealizzata, ma una migliore democrazia che offra lo spazio per farcela. Pensano di costruire una vita positiva per sé e per chi li circonda, di avere successo senza scorciatoie e rendere felici i propri genitori. Siamo di fronte alla prima generazione globale, con valori, abitudini,modelli e modi di pensare convergenti in ogni paese del mondo. In un mondo che fatica a trovare equilibri stabili e sostenibili nei propri modelli economici e di utilizzo e distribuzione delle risorse. I Millennials rappresentano la speranza per un futuro migliore. Questo grazie al fatto che, cresciuti in ambiente digitale e quindi fortemente interconnessi, esprimono una qualità nelle espressioni individuali e una’attenzione alle dinamiche collettive superiore alla generazione che li ha precedute. Si dice che una nuova generazione arriva una volta ogni 25 anni, ma assistere a una discontinuità così forte nei principi e nelle priorità dei ragazzi è un fatto epocale per il tipo di valori che porteranno con sé nella società mano a mano che diventeranno adulti. Cambieranno il mondo perché non accettano la falsità. L’autenticità non è elemento negoziabile. All’interno di questo approccio alla realtà, il merito non può essere messo in discussione. Equità e correttezza sono i valori che determinano i comportamenti.

Presentano gli stessi sorrisi, gli stessi eroi . Le stesse ansie, aspirazioni, prospettive. Non c’è differenza tra i ragazzi di 15 Paesi diversi interpellati da Mtv. Tutte le frontiere sono alle spalle, ma non è una questione geografica, nemmeno politica. Hanno capito la forza profonda della socialità orizzontale, senza perdere l’individualismo. Hanno valori forti e condivisi: per 7 su 10 le scorciatoie non sono ammesse.  La sfida sarà mantenere questi valori mano a mano che entreranno nei posti di comando.

Ma la vera domanda per noi è se tutto questo accadrà anche nel nostro paese, dove non solo i Millennials sono meno numerosi ma dove si trovano davanti a una società anziana e bloccata, che si è data regole egoiste e miopi, che tendono a considerare la linfa nuova portata da chi si affaccia alla società adulta un peso non una speranza. La crisi economica preoccupa più che altrove, soprattutto chi ha superato i 20 anni, sempre più scettici rispetto alla politica. Sono quelli che più hanno sofferto la perdita del lavoro. Tra il 2007 e il 2009 gli occupati fra i 15 e i 34 anni si sono ridotti di 1.167.000 unità. Sono sfiduciati nelle loro capacità. Gli under 30, dice il Censis, stanno male. La loro formazione scolastica non è in sintonia con le professionalità richieste. L’unico settore a non conoscere crisi è quello del lavoro manuale: 50 mila domande , lamentano gli imprenditori,sono rimaste scoperte. Aumenta il lavoro part-time, ma nel 50% dei casi è involontario. Aumenta anche il lavoro sommerso (12,3 % del totale). Questa fascia d’età è meno disposta a trasferirsi all’estero per studiare e lavorare rispetto ai coetanei europei. In calo anche lo spirito d’impresa. Nella classe 15-35 anni solo il 32% vorrebbe aprire un’attività, la media europea è del 47,5%. In calo l’abbandono scolastico, ma il 18% lascia la scuola dopo la licenza media. Le giovani donne bevono e fumano di più. Vola il web, nella fascia giovanile il 90% usa internet. I ragazzi si connettono per ascoltare musica(52%), ma anche per cercare lavoro(27%). Il 40% dei giovani guarda le web tv. Gli utenti smartphone sono aumentati del 17%.

Sarà anche che questa è una “generazione senza”, che non ha fretta di crescere, non ha un lavoro stabile e prospettive certe, è refrattaria a metter su famiglia. Ma non si può dire che i giovani d’oggi siano svantaggiati, potendo contare su un bagaglio di esperienze assai più ricco di quelle dei padri o dei fratelli maggiori. In alcuni campi agiscono da “protagonisti pallidi”, ritardando o posticipando le scelte; ma in altri sono grandi anticipatori. L’anticipo avviene non solo nell’area dei consumi e nell’uso della tecnologia, ma anche nelle dinamiche sessuali e affettive. Proprio su questo tema le indagini più recenti e approfondite( come emerge dal volume “La sessualità degli italiani”, pubblicato un anno fa dal Mulino), disegnano un profilo di un giovane che non ti aspetti. La maggior parte dei 18-29enni vive una sperimentazione sessuale a tutto campo, ma non priva  di elementi armonici. Se questa è la tendenza di fondo, non mancano le differenze, a cominciare  dall’età del primo rapporto sessuale completo, che in Italia si aggira in media attorno ai 17-18 anni, in ritardo di circa un anno rispetto ai trend ormai stabili del Centro-Nord Europa. Ma dietro al dato medio occorre rivelare che il 20% dei giovani brucia le tappe e perde la verginità prima dei 16 anni; a cui fa da contrappeso un giovane su 10 che vive in questo campo una condizione stand-bay, non avendo ancora esperienze. Persiste il primato dell’amore romantico o convergente, ma molti avvertono il fascino degli incontri liberi e occasionali. In sintesi rispetto ai padri, i giovani d’oggi sembrano vivere il sesso in modo più rilassato, meno come un motivo di ribellione sociale e più come un dato di fatto e di diritto; un tratto distintivo della propria biografia, una qualità malleabile, da scoprire e coltivare nel proprio intimo e nel rapporto con gli altri. Questa indagine presenta  un significativo cambiamento nel modo di vivere delle nuove generazioni ed  un nuovo protagonismo dei giovani in un mondo che cambia.

La nostra scommessa è mettersi a servizio delle nuove generazioni. Comprendere che la più grossa speranza risiede in questa nuova generazione, nei loro valori e nella loro naturale capacità di essere in sintonia con lo spirito del tempo contemporaneo e soprattutto del futuro.

Rapporto Censis 2011 La Repubblica

Dossier Giovani La Stampa- Sono riformatori globali. L’Italia ha bisogno di loro di  A. Campo Dall’Orto


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