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Genoa Cricket and Football Club (by Joan Leo)

Creato il 23 febbraio 2013 da Simo785

Genoa Cricket and Football Club (by Joan Leo)

Come ben saprai, all’inizio il football si giocava in posti un po’ strani per le convenzioni dei nostri giorni. Si giocava nelle grandi piazze d’armi, nei velodromi e motovelodromi, nei parchi cittadini.

Prima che iniziasse l’epoca del campionato e dei vari tornei, si giocava per strada, in piazza e – in città come Genova, Palermo, Cagliari, anche sui moli. Poi si andava in trattoria, in osteria o nei caffè a discutere e divertirsi. A socializzare attraverso il calcio. Che forza questo sport, eh?

Proprio a Genova un gruppo di cittadini britannici di stanza nella città ligure diede vita ad una società sportiva pensata per permettere ai connazionali di praticare il cricket e gli altri giochi così cari agli inglesi. Tanto per non sentire la “saudade” in salsa anglosassone. Teatro di quella nascita furono i locali del Consolato britannico, dove questo gruppo di inglesi trovò l’entusiasmo del console di Sua Maestà, tale Alfred Payton, che venne eletto presidente onorario del nuovo club.

La data, caro Frankie, è quella conosciuta da tutti del 7 settembre 1893. il Genoa c’ha costruito il suo personale mito su quella data. E a ragione: quella data sta a certificare che la squadra genovese è la più antica d’Italia, l’unica sopravvissuta tra quelle che animavano il gioco del football tra la fine degli anni’80 e i primi anni’90 del XIX secolo.

Nei primi anni di attività del club, per essere doverosamente onesti, al calcio si giocava molto poco e occorre attendere la seconda metà degli anni’90 per vedere rotolare una palla e un gruppo di ragazzi in mutandoni correrle dietro; occorre attendere, che Richard Spensley diventi socio e trasmetta al resto del club la passione di correre dietro ad una palla. In altre parole, la passione per il football. James Richardson Spensley: te ne avevo già accennato, vero? Medico addetto ai marinai, arrivò a Genova nel 1896 e il 20 marzo di quello stesso anno si iscrisse al Genoa Club. Anche lui, con tutta probabilità, per non sentirsi troppo straniero in una città cosmopolita come era Genova all’epoca. Grande appassionato di football, abbiamo detto, Spensley si prodigò da subito nell’organizzare partite e dimostrazioni di gioco per contagiare gli altri soci della sua stessa passione. Si deve a lui il cambio di denominazione sociale del 1899, quando il termine football sostituì il termine athletic. Non solo. Fu grazie ad una sua iniziativa se nel club tutto britannico del Genoa venne permesso l’ingresso di soci italiani: nell’assemblea del 10 aprile 1897 venne infatti approvata una sua mozione che prevedeva la possibilità di accogliere come soci anche cittadini italiani, in numero non superiore a cinquanta.

Il primo campionato di calcio, nel 1898, come abbiamo già avuto agio di raccontare, lo vinse il Genoa, in divisa completamente bianca. L’anno successivo cambiò la divisa e sfoggiò una bella maglia a strisce bianche e blu: vinse ancora il campionato, come anche nell’anno successivo.

Tre campionati, tre vittorie del Genoa. E vittoria definitiva della coppa d’argento messa in palio dal Duca degli Abruzzi e destinata a chi fosse risultato vincitore di tre titoli italiani. Il Genoa, per l’appunto.

Vittorie tutte ottenute sul campo di Ponte Carrega, la “casa” del Genoa dal 1897 al 1907; prima, invece, le partite si giocavano nella Piazza d’Armi del Campasso, a Sampierdarena, poi quel campo venne lasciato al Liguria e alla Sampierdarenese.

Ad essere pignoli, non tutte queste vittorie il Genoa le colse sul campo di Ponte Carrega: nel 1900 il F.C. Torinese si rifiutò di giocare la finale a Genova e pretese che si giocasse a Torino, dopo le polemiche sorte nella finale dell’anno prima – quella sì giocata a Ponte Carrega – con le accuse mosse dall’Internazionale Torino ai giudici di porta.

Detto ciò, ti lascio con una bella testimonianza di uno dei primi campioni d’Italia del 1898, tratta da L’età dei pionieri, il catalogo del Museo della Fondazione Genoa 1893. Edoardo Pasteur racconta di come era organizzata la giornata della gara a quei tempi:

“Nelle nostre gare casalinghe ci si trovava sul campo di buon’ora alle otto e i…dirigenti con un innaffiatoio tracciavano le righe bianche, poi tiravano le corde per delimitare il settore del pubblico; alle dieci arrivava il carro con le sedie, una cinquantina, e si disponevano al centro per le Autorità ed i signori. Alle dodici si faceva colazione in una osteria dietro al campo e alle quindici aveva inizio la partita”

Che dire, eh Frankie? Pressapoco come oggi!


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